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IL PREMIER AI TERMIDORIANI COSI’ MI GHIGLIOTTINATE

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(WSI) – Le cose sulle tasse che ieri si sono detti Berlusconi e Follini al telefono, Berlusconi e Fini a pranzo, e Berlusconi e Casini alla Camera ve le raccontiamo dopo. Prima serve spiegare qual è il problema generale della Casa delle libertà: ognuno va disperatamente per conto proprio. Per intenderci, è chiaro che spesso è già andata così a livello di partiti. Ma adesso è compiuto anche il passo ulteriore: a partire dai leader, giù a cascata fino a taluni peones, il «si salvi chi può» è già iniziato.

Detto che dei peones che vogliono salvare il seggio o fare addirittura i sottosegretari importa poco, Fini fa il duro perché Alemanno fa il più duro di lui per scaldare i cuori aennini in vista di un possibile assalto alla leadership di An; Casini vuole Follini vicepremier per riprendere pienamente possesso del partito attraverso Baccini, e anche per questo Follini non vuole andare a Palazzo Chigi; Calderoli vuol piazzare Maroni alla Regione Lombardia per fare il leader della Lega (e se il ministro per il Welfare perdesse sarebbe anche meglio); Formigoni non ci sta e teorizza la corsa solitaria, mentre molti governatori di centrodestra preparano le liste personali; Forza Italia è un partito dilaniato e disorientato, soprattutto i nostalgici della rivoluzione berlusconiana in rivolta contro Gianni Letta, che secondo gli accusatori avrebbe termidorianamente plagiato Berlusconi.

La premessa serve a spiegare perché il Cavaliere s’è nuovamente impuntato sulle tasse. Perché se dev’essere un «si salvi chi può», anche il premier vuole parteciparvi. Infatti, l’ennesima giornata sull’orlo di una crisi di nervi (vera) e di governo (presunta) sta tutta nella richiesta berlusconiana agli alleati di fare marcia indietro sulle tasse, di ripristinare l’antico progetto sull’Irpef, unico modo per risalire nei sondaggi. Peraltro la richiesta arriva, non a caso, dopo il consulto di Berlusconi con Bossi. «Fini e Follini ti stanno consumando – aveva avvertito il Senatur – e i giornali ti stanno maciullando.

Eppoi, ti rendi conto che alle regionali il centrosinistra farà l’intera campagna elettorale dandoti del bugiardo sulle tasse? A rimetterci sarai tu, mica loro. Perché sottrarranno voti a te. Perciò ti conviene dare la Farnesina a Fini e fare Follini vicepremier, così li vincoli a te a patto di rilanciare l’Irpef».

È noto che sul rimpasto così è stato. Martedì Berlusconi è uscito dall’incontro annunciando le nomine Fini e Follini. Ieri mattina, invece, il Cavaliere ha svelato al leader centrista la seconda parte del ragionamento, telefonandogli: «Caro Marco, ho deciso: cambiamo strategia. L’Irap è inutile, tanto Montezemolo ci spara addosso ogni giorno. Facciamo l’Irpef già dal 2005». Follini ha quindi posto due problemi, «trovare la copertura» e la «bocciatura dell’Europa». Comunque, «discutiamone». Ma il Cavaliere ha rilanciato: «Sai quanto m’importa dell’Europa. E comunque, i soldi ci sono, Siniscalco me li ha garantiti».

Insomma, segnalano da Palazzo Chigi, da «economicamente realista» il superministro s’è subito fatto «politicamente realista»: non accontentando Berlusconi, il suo personalissimo «si salvi chi può» non avrebbe avuto esito, fino alla possibile destituzione. In cambio, Siniscalco ha ottenuto dal premier un comunicato stampa conciliante («Esprimo piena fiducia al ministro dell’Economia e ai tecnici del ministero») dopo le polemiche degli ultimi giorni. E così si è arrivati al pranzo Fini-Berlusconi. Seguono stralci, molto fedeli, della loro conversazione.

Fini: «Mi pare che l’accordo l’avessimo raggiunto. Non capisco cosa chiedi». Berlusconi: «Lo sai già. Voglio anticipare al 2005 il taglio dell’Irpef al posto dell’Irap. Ho parlato con Siniscalco. Dice che per la copertura non ci sono problemi, conta di farcela abbastanza agevolmente». Fini: «Certo, magari a danno del contratto per gli statali, vero?». Berlusconi: «Questo è un problema secondario. Li hai visti i sondaggi? Il giorno in cui mi avete costretto a rinunciare alla riduzione delle tasse, abbiamo perso in colpo otto punti percentuali». Fini: «Silvio, così perdiamo il Lazio. E comunque la riduzione delle tasse non è realistica». Berlusconi: «Con voi niente è realistico. Gianfranco, sinceramente non capisco.

Scusa, parlate tanto di questo benedetto termidoro, ti offro la Farnesina, però poi quello tranquillo e accomodante lo devo fare solo io. Anzi, mi pare che tu e Follini siate bravissimi a usare la ghigliottina, e solo per tagliare la testa a me. Mica per tagliare le tasse». Fini: «Senti, io adesso me ne vado, perché parlare sempre delle stesse cose è inutile. Facciamo così: di tasse parliamo nel Consiglio dei ministri di domani. Sempre che questo governo ne faccia ancora qualcuno di Consiglio dei ministri».

A quel punto il vicepremier ha convocato un supervertice di partito, con tutti i colonnelli, per decidere il da farsi. C’è chi ha proposto l’appoggio esterno, chi la crisi di governo, chi di smetterla con le polemiche. Alla fine s’è decisa una mediazione, che è anche un’operazione mediatica: non sfasciare tutto sulle tasse, cercando un’intesa a svendere per Berlusconi, però facendo chiaramente intendere al paese che non c’è collegamento tra l’Irpef e il ministero degli Esteri per Fini (una nomina che teoricamente dovrebbe trovare compimento nel presunto Cdm di oggi). Insomma, è passata la linea di Ignazio La Russa, che in serata faceva pretattica sulle discussioni previste per la notte: «Non c’è rottura, ma siamo in alto mare».

Nel frattempo, capito che l’aria era pesante, Casini ha convocato Berlusconi (mentre Follini gongolava, ché quasi ce la fa a non andare a Palazzo Chigi). Forte delle sue capacità persuasive, il presidente della Camera si è proposto per la mediazione, che discussa nella notte, potrebbe trovare sbocco oggi. Si parla di una prima tranche per l’Irpef già nel 2005, ma molto meno imponente di quella pensata dal presidente del Consiglio. E toccando il meno possibile gli statali. Berlusconi, però, non s’è mostrato troppo contento. Chissà come finirà.

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