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IL PETROLIO HA LA FEBBRE CINESE

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(WSI)- L’appello del G7 ai paesi dell’Opec perché accrescano l’offerta di petrolio, per ridurre il rincaro che rischia di strangolare l’economia mondiale, si è sommato alla dichiarazione dell’Arabia Saudita, decisa ad accrescere di 2,5 milioni di barili al giorno la produzione, pur di allentare la tensione del prezzo. Spesso le prese di posizione del G7 sono dichiarazioni platoniche. Ma questa volta non è così.

Dopo questo appello, il barile, negli Stati Uniti, è sceso lunedì a 39,5 dollari, 40 cents in meno rispetto a sabato, quando era stata resa nota la linea saudita. Non è durato molto. Ma nel frattempo si erano avute le dichiarazioni contrarie del Venezuela, che non è in grado di aumentare la sua offerta e perciò non vede di buon occhio la linea distensiva. Così vi era il rischio che il barile tornasse sopra i 40 dollari, anche perché la Cina ha annunciato che, date le incertezze, intende costituirsi una propria riserva strategica di greggio, con la conseguenza di un aumento temporaneo di domanda, che s’assomma a quella causata dal boom dei paesi asiatici.

A tamponare la quotazione poco sotto i 40 dollari è servita anche la dichiarazione del ministro francese dell’economia Nicolas Sarkozy, secondo cui ciascun paese del G7 farà pressioni sugli Stati produttori a esso più vicini, per una politica di moderazione del prezzo del greggio.

Sulle questioni mediorientali ha pesato sino qui la spaccatura fra la linea franco-tedesca e quella di Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia. Ma di fronte al rischio che il rincaro energetico freni la già debole ripresa europea, queste divisioni politiche di principio sembrano superate. Le diplomazie dei paesi del G7 ora sono all’opera per smussare il dissenso di metodo di alcuni paesi Opec – come Libia, Algeria, Indonesia – sulla linea unilaterale saudita, e ridurre la distanza fra le varie posizioni di sostanza.

Sullo sfondo rimane la questione del prezzo di equilibrio, su cui v’è ancora molta confusione. Alcuni sembrano puntare su una quotazione che si mantenga intorno a 25-28 dollari. Ma è un miraggio, date le previsioni a medio termine sulla crescita dei paesi asiatici. La realtà è che, a tavola, adesso c’è un ospite in più. Ed è molto vorace.

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