* Beth Gaston Moon per Schaefferresearch.com. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) –
Dopo il rimbalzo dell’ultima settimana di gennaio, l’inizio di questo mese è stato meno incoraggiante. I timori legati alla “parola che inizia per «R»” (recessione) si sono esasperati quando l’Institute for Supply Management ha reso noto il rallentamento nel settore dei servizi nel mese di gennaio, quando è stata registrata la prima contrazione dopo quasi dieci anni.
Se osserviamo l’azione di mercato nelle ultime quattro settimane, scorgiamo una serie di sedute piuttosto notevoli, in positivo come in negativo (e questa lista non comprende le brutali oscillazioni infragiornaliere che pure ci sono state di recente):
– 11/01: Dow in calo di 247 punti;
– 17/01: Dow in calo di 307 punti;
– 28/01: Dow in rialzo di 176 punti;
– 31/01: Dow in rialzo di 208 punti;
– 05/02: Dow in calo di 370 punti;
In questo mese, nonostante una serie di variazioni a tripla cifra, il Dow Jones ha corretto di meno del 4%. Certo non è stata una performance positiva, ma neanche il disastro che ci si sarebbe aspettati alla luce della volatilità sperimentata su base giornaliera.
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Dal punto di vista tecnico, un livello significativo da monitorare è rappresentato dalla media mobile a 160 settimane. L’indice non è riuscito a chiudere la settimana sopra questa soglia, il che non è proprio confortante, e si aggiunge alla violazione della media mobile a 20 mesi, già alle spalle, e che molti considerano uno spartiacque fra bull market e bear market. Sul fronte bullish, da rilevare la tenuta del supporto a 1300 punti, che coincide con la media a 195 settimane e con una Bollinger band. In definitiva non è stata una settimana brillante dal punto di vista dell’analisi tecnica, ma si era capito che non sarebbe stato facile sfidare i minimi di agosto e le incombenti resistenze.
Si notano alcuni segni di pessimismo e di capitolazione, ma come è già stato fatto notare in questo sede, è quello che ci si dovrebbe aspettare duranti i ribassi e la volatilità pronunciata. Il pessimismo deve raggiungere livelli estremi, indicativi di disperazione, prima che un solido minimo possa esser dichiarato. Alcuni indicatori sono prossimi a questi estremi, ma altri sono ancora distanti.
L’ultimo sondaggio di American Association of Individual Investors per esempio ha mostrato soltanto il 34% di rialzisti, mentre due settimane fa, la differenza fra rialzisti e ribassisti secondo la Investors Intelligence si è ristretta ad otto punti percentuali. E giovedì scorso la pressione ribassista ha contagiato gli operatori in opzioni, con il Call/Put ratio che a fine seduta si è collocato secondo l’ISE a 74, con le put che hanno surclassato le call come scambi.
Il CBOE Market Volatility Index (VIX) si dirige verso la media a 32 settimane. Sebbene questa misura appaia di recente sotto il controllo delle mani forti, ci piacerebbe idealmente assistere ad un movimento verso e oltre i 40 punti, il che comporterebbe il superamento del picco di agosto.
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