
*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell’allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
(WSI) – Per qualche giorno i mercati hanno vissuto nell’illusione che, superata la crisi finanziaria grazie al pronto intervento della Fed, restasse solo una banale superficiale recessione vecchio stile, da attraversare armandosi di pazienza e cominciando anzi a pensare alla ripresa prossima ventura. Gli strategist di alcune case hanno dato indicazioni d’acquisto e in alcuni casi sono state raccomandazioni non da trading ma di medio periodo.
Naturalmente è vero che l’avere sventato una crisi acuta di possibili proporzioni molto serie è molto positivo, ma la situazione di fondo resta comunque estremamente complessa e difficile. La notte è ancora lunga e piena di insidie e quando a un certo punto del 2009 vedremo l’alba difficilmente si tratterà di qualcosa di spettacolare.
Il fatto che il rally di sollievo sia già esaurito mostra ancora una volta come sui mercati azionari (per i crediti il discorso è diverso) ci sia poco combustibile per overshooting estremi, tanto verso l’alto quanto verso il basso. La scarsità di combustibile è conseguenza della generalizzata riduzione della leva, ma anche della compresenza di molti fattori positivi e negativi, reali o potenziali, che in sostanza si bilanciano tra loro e scoraggiamo fughe in avanti.
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Se si pensa che nel 1998, in presenza di una crisi internazionale che negli Stati Uniti e in Europa si manifestò poco, i principali indici americani persero in tre mesi un quarto del loro valore, le oscillazioni di quest’anno, in un range compreso tra meno 10 e meno 5, appaiono tutto sommato modeste.
Ci sono molti motivi che ci fanno pensare a un proseguimento di questo modello di comportamento. Proviamo a vederli, cominciando dai fattori che per quest’anno dovrebbero impedire alle borse di scendere molto.
1) Il targeting della Fed. I tradizionali pudori che inducono i banchieri centrali a negare con foga di avere obiettivi per il valore degli asset sono svaniti completamente, almeno nel caso della Fed. Sui prezzi delle case la Fed dichiara ufficialmante di avere come obiettivo la loro stabilizzazione quanto prima possibile. Sui crediti è evidente l’azione di sostegno attraverso le operazioni di rifinanziamento dei dealer.
Sull’azionario basta vedere il timing delle mosse più spettacolari, puntualmente collocate o a poche ore dalla risposta premi (quando preannunciate) in modo da limitare l’accumulo di posizioni speculative oppure (quando a sorpresa) a pochi minuti da dati macro (o di credito) particolarmente negativi (che la Fed, nel caso dei dati macro, conosce di regola la sera precedente la loro pubblicazione). E’ del resto comprensibile che la Fed voglia evitare che l’effetto ricchezza negativo derivante dalla discesa dei prezzi delle case si cumuli con una discesa ingiustificata dell’azionario.
2) I tassi. Si dice spesso, non a torto, che l’efficacia dei tagli dei tassi, oltre che percepibile solo a distanza di almeno un paio di trimestri, è limitata in questa fase dalla persistenza di spread di credito altissimi. In realtà questo è un motivo in più per abbassarli ulteriormente, imponendo alla Taylor Rule un fattore di correzione. La Taylor Rule ignora gli spread di credito, supponendoli implicitamete costanti, ma tali non sono. La Fed cercherà di evitare tassi giapponesi (anche per evitare che il dollaro si avviti fuori controllo) ma non esiterà a tagliare ancora (50 punti il 30 aprile) e a non rialzare, se non simbolicamente nella seconda metà del 2009, per molto tempo.
3) Le valutazioni. I multipli delle borse non ci sembrano particolarmente sacrificati, tenendo conto dell’incertezza sugli utili, ma non veniamo in nessun modo da una bolla. La leva da ridurre è in altre aree (crediti in primo luogo).
4) Il dollaro. In teoria il dollaro che scende è a somma zero per un portafoglio azionario globale. Favorisce le società americane e danneggia tutte le altre. In pratica sappiamo che l’egemonia americana (data da molti in crisi irreversibile, esattamente come negli anni Settanta Lady Justice. Old Bailey. Londra per il dollaro in caduta libera e il Vietnam e negli anni Ottanta per il Giappone e l’espansionismo sovietico) rimane saldissima sulle borse. Sul dollaro, per inciso, continuiamo a pensare a una debolezza persistente per i prossimi 6-12 mesi.
5) Questioni di timing. Questo è un fattore di breve. E’ possibile che i dati macro sul primo trimestre (e i dati sugli utili) escano nelle prossime settimane leggermente meglio delle attese. Questo perché il primo trimestre ha avuto un gennaio ancora positivo, un febbraio mediocre e solo un marzo certamente negativo. Il flusso delle notizie non sarà quindi uniformemente negativo, e questo sarà prezioso in una fase in cui l’economia, in questo momento, è davvero in recessione.
6) Il pacchetto fiscale. Nelle settimane in cui arriveranno i dati negativi di aprile, da metà maggio in poi, inizieranno i rimborsi fiscali. Questo scoraggerà dall’impostare ampie operazioni al ribasso.
7) Il pacchetto casa. Il pacchetto fiscale sarà seguito a breve distanza dal varo di un pacchetto casa (entro fine agosto, perché poi il Congresso chiude fino a gennaio). Al momento le resistenze repubblicane fanno pensare a misure limitate, ma la storia del pacchetto fiscale mostra che strada facendo molte cose possono cambiare. Più che essere piccolo, quindi, questo pacchetto sarà un collage poco coerente e poco mirato di misure, frutto di un compromesso politico, ma sarà comunque qualcosa.
8) Altre misure di policy. Non c’è agenzia americana, a partire dalla Fed, che non abbia allo studio altre misure di emergenza da prendere, nel caso, anche in collaborazione con l’Europa. La fantasia e, a volte, l’eleganza di queste misure sono sorprendenti. Le due aree d’intervento privilegiate sono la politica monetaria e le misure, più o meno di mercato, per abbattere il valore dei mutui ed evitare un’esplosione di pignoramenti.
9) Il sostegno alle istituzioni finanziarie. L’operazione Bear Stearns è uno spartiacque. La caccia alle streghe, per cui il semplice sospetto è sufficiente a condannare a morte una banca e, dopo questa, molte altre a catena, è sospesa. Non è certo impossibile che si verifichino altri episodi, ma ora i mercati sanno che il loro eventuale verificarsi non metterà in ginocchio il sistema.
10) Il resto del mondo. Al momento è difficile ipotizzare che di qui a fine anno Europa e Asia possano entrare in recessione. C’è ancora inerzia sufficiente per sostenerle. Non è poi da escludere che la Bce, a un certo punto, tagli i tassi. E’ stato osservato giustamnente che nel 2001 la Bce iniziò a tagliare in presenza di un livello d’inflazione identico all’attuale, il 3.1 per cento.
Accanto a questi fattori, che dovrebbero limitare un marcato indebolimento delle borse, ve ne sono però altri, di segno opposto, che tarperanno le ali a qualsiasi rialzo duraturo.
1) Sulle case il peggio deve ancora arrivare. Sarà nel terzo trimestre che si toccherà il livello più alto di pignoramenti. A meno di miracoli non si farà in tempo a evitarli. Greenspan, che fu il primo a parlare di recessione un anno fa, dice ora che verso fine anno i prezzi delle case inizieranno a stabilizzarsi e questo renderà possibile una stabilizzazione generale del ciclo economico. Il problema è che i prezzi delle case, prima di fermarsi, accelereranno forse la loro discesa in corrispondenza con l’ondata di pignoramenti. Quanto a Greenspan, continuiamo a prenderlo molto sul serio come facemmo un anno fa, ma in questo caso è possibile che ci sia un desiderio di accelerare la risoluzione di una crisi che gli viene imputata (in parte a torto e in parte a ragione).
2) Breve durata del pacchetto fiscale. I rimborsi ai privati di maggio e giugno verranno in gran parte spesi entro ottobre. Gli incentivi per le aziende dispiegheranno i loro effetti più lentamente, ma tutti sanno che gli effetti svaniranno entro fine anno, provocando un peggioramento dei dati macro, a parità di altre condizioni, quasi simmetrico al miglioramento estivo. Si è parlato di un secondo pacchetto, ma le sue probabilità sono quasi nulle, dal momento che lo stesso Bernanke ha dichiarato in Congresso di non vederne la necessità.
3) Il resto del mondo. Il ritardo nella trasmissione degli impulsi recessivi dall’America verso l’esterno è di sostegno adesso, ma sarà un fattore negativo più avanti. L’Europa ha fattori negativi propri (la stagnazione italiana, la crisi immobiliare in Spagna, Inghilterra e Irlanda, l’affanno dell’export) che risulteranno più evidenti nel secondo semestre e l’anno prossimo.
4) La riduzione della leva. I cicli di espansione e di riduzione della leva sono lunghi. Possono essere brevi per un hedge fund che aggiusta il tiro velocemente, ma sono lenti per le banche tradizionali, il cui peso è però enormemente maggiore. E’ questa, a ben vedere, la grande preoccupazione dei policy maker, dalla Fed al Fondo Monetario, forse più ancora delle sofferenze dell’immobiliare. Solo i policy maker conoscono veramente il livello di erosione del capitale delle banche, probabilmente molto superiore a quello che viene comunicato all’esterno. Qui la sfida è duplice. Da una parte bisogna ricostituire il capitale (in caso estremo con fondi pubblici più o meno mascherati). Dall’altra bisogna tenere conto del fatto che, anche a capitale faticosamente ricostituito, il grado di leva del sistema non risalirà più di tanto. Il credito a disposizione delle aziende sarà scarso e questo frenerà la ripresa.
5) Le valutazioni. Abbiamo detto che non sono alte, ma non sono nemmeno basse. Lo erano molto di più all’inizio degli anni Ottanta, per esempio, anche tenendo conto dell’inflazione oggi di gran lunga più bassa.
6) Eventi di credito. In una situazione fragile gli eventi di credito, i default, sono sempre in agguato. La Fed, con Bear Stearns, ha guadagnato tempo e questo tempo viene usato bene (i monoliner, di cui non si parla più, stanno tutti ricapitalizzando), ma qualcuno che si farà male ci sarà di certo.
7) Il petrolio. Nemmeno T. Boone Pickens (che quando appare in televisione fa calare il silenzio assoluto sul Nymex) pensa più che la recessione farà correggere il prezzo almeno per qualche settimana.
8) Dove chiudere l’anno? Questa è una questione meno seria e strutturale delle precedenti, ma ha un suo peso. L’anno della più grave crisi finanziaria dell’ultimo mezzo secolo e di una crescita americana vicina a zero può chiudersi, rally di fine anno incluso, in rialzo rispetto al primo gennaio? Solo due giorni fa mancava meno del 5 per cento al livello felice d’inizio 2008. Poco più su ci sono i massimi storici. Qui non è questione di analisi tecnica, è questione di pudore. Per chiudere l’anno in rialzo (non parliamo di nuovi massimi) il mercato deve sentire di avere delle ragioni solidissime. A meno di miracoli questo non sarà. Da qui l’upside limitato.
Per il 2009 è già possibile fare qualche ipotesi sulla stessa linea di pensiero (spazi limitati di movimento nelle due direzioni). Eventuali pulsioni al ribasso saranno limitate da:
1) Un possibile secondo pacchetto fiscale. Bernanke ha detto di no per quest’anno, per il 2009 si vedrà. Il disavanzo pubblico sta riallargandosi, ma la Fed non si oppone a condizione che non si tratti di misure permanenti.
2) Un probabile grande pacchetto per la casa. Nell’ipotesi di Casa Bianca e Congresso entrambi democratici è molto probabile un secondo pacchetto (forse un mega-pacchetto). Potrebbe trattarsi della costituzione di un’agenzia (sul modello del Resolution Trust degli anni Novanta) che rilevi a sconto un’enorme quantità di mutui.
3) Stabilizzazione dei prezzi delle case. E’ l’ipotesi di Greenspan.
4) Dispiegamento degli effetti della politica monetaria. Nel 2009 tutti i tagli di quest’anno saranno finalmente a pieno regime.
Le pulsioni rialziste dovranno invece confrontarsi con:
1) Perdurare del credit crunch. Il calvario di molte banche (svalutazioni e ricapitalizzazioni ogni trimestre) continuerà anche nel 2009. La leva rimarrà ridotta.
2) La ripresa sarà lenta e debole, come conseguenza del credit crunch perdurante e del rallentamento europeo. Il Fondo Monetario prevede per il 2009 una crescita americana praticamente uguale a quella di quest’anno. Le previsioni le ha fatte lo staff, i politici del fondo si sono presi un’appendice dell’Outlook uscito oggi per dissociarsi e dire che si poteva anche essere più generosi nelle stime. Si possono riconciliare le due versioni dicendo che lo staff ha elaborato lo scenario base, mentre i politici presumono ragionevolmente che ci saranno altri interventi di sostegno.
3) L’inflazione. Scenderà pochissimo durante la recessione, sarà ancora tollerabile nel 2009, ma nel 2010, quando il ciclo ripartirà sul serio, sarà un problema. La Fed sa che dovrà pensarci in anticipo.
4) Nuove politiche. Un’eventuale svolta politica americana avrà conseguenze positive sulla questione della casa, ma sarà seguita di lì a poco da una serie di misure che potrebbero non fare piacere ai mercati (aumento della pressione fiscale, politiche anti-oil, anti-pharma, anti business in generale, protezionismo).
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