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IL NUOVO FINI CIAMPIZZATO & SDOGANATO DAL PREMIER

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Chi la racconta fa innanzitutto notare tre cose. Prima il titolo di apertura del Corriere della Sera di giovedì scorso: «Fini va avanti: oltre questa destra». Poi il sondaggio di Renato Mannheimer, sempre questa settimana e sempre sul Corsera, sui leader politici più popolari del momento: primo Casini, secondo Fini. Infine, l’intervista di Stefano Folli a Charta, la rivista di Adolfo Urso, viceministro liberal di An, che comincia così: «Fini rappresenta il futuro del centrodestra in Italia. Con lui, anche per ragioni anagrafiche, nella stessa prospettiva vedo forse solo Casini».

A questo punto la nostra fonte, molto informata, la butta giù così: «La svolta di Fini sugli immigrati è più importante di Fiuggi, quando il Msi divenne An. E’ più importante perché questa volta c’è stata la ciampizzazione di Fini, grazie all’impulso decisivo di Gaetano Gifuni e a due sponde preziose: una a via Solferino, molto sensibile agli umori del Quirinale, come si è visto sulla legge Gasparri con gli editoriali di Sabino Cassese, l’altra a Palazzo Chigi, e cioè Gianni Letta, che ormai da tempo ha una strategia diversa dal premier Berlusconi».

In pratica, con l’uscita sul voto agli immigrati, il postfascista Fini, figlio di un dio minore come l’ex postcomunista Massimo D’Alema, sarebbe stato sdoganato definitivamente dal Quirinale.

L’ipotesi trova conferme in un autorevole esponente del centrodestra vicino a Forza Italia: «Sinora l’unico vero sdoganatore di Fini era ritenuto il premier. Quest’operazione lo sottrae alla sua tutela esclusiva e riapre i giochi sul dopo Berlusconi, aggiungendo un’altra variabile». Fino a questo momento, infatti, nel Palazzo era opinione comune che la variabile sul postberlusconismo fosse unica e sola: il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini.

Adesso, anche grazie al Quirinale, ci sarebbe la variabile Fini, che rispetto a Casini ha un vantaggio evidente: il vicepremier è leader di un partito che ha una forza elettorale quattro volte maggiore dell’Udc. Tuttavia i risultati delle prossime elezioni possono rappresentare un limite per Fini, come spiega sempre la fonte forzista: «A differenza degli altri alleati, la partita di Fini è la più personale e rischia di entrare in conflitto con il suo stesso partito. La sua mossa sugli immigrati se da un lato lo rilancia sul versante della destra liberale, dall’altro rischia di disorientare la destra nazionalista e conservatrice, come ai tempi dell’Elefantino. In questo senso, se An alle europee regala voti alla Lega e a Berlusconi, la strada per Casini sarebbe spianata, anche perché il percorso dei centristi è stato più lungo e coerente».

Un ulteriore riscontro al nuovo rapporto Ciampi-Fini arriva dalla stessa An, con un significativo riferimento anche alla situazione politica attuale. Le parole di Berlusconi di ieri all’interno del partito di Fini vengono infatti interpretate come un annacquamento della svolta sugli immigrati (come si temeva) e come uno schiaffo in vista del rimpasto: «Ora che Fini è stato sdoganato a tutto campo si fa molto sul serio. La proposta di legge sul voto agli immigrati sarà presentata giovedì prossimo e Berlusconi deve capire che nell’angolo adesso c’è lui. E se il rimpasto salta o comunque non registrerà un cambio di pelle del governo il minimo che An possa fare è garantire l’appoggio esterno. Il che non significa un cambio di maggioranza».

In An, infine, qualcuno ha captato anche un’altra possibile conseguenza del Fini sdoganato dal Quirinale: «I leader dei berluscones, La Russa e Gasparri, hanno due posizioni differenti sul voto agli immigrati. Il primo, La Russa, inizialmente era contrario, adesso media e si dice favorevole. Il secondo resta contrario. A parte gli umori della base, il sospetto è che il prezzo di questa operazione possa essere la legge che porta il suo nome».

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