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(WSI) – BBB! Bye bye Berlusconi! Un´espressione che riecheggerà in molte parti d´Europa. Berlusconi è una personalità magnetica, un uomo che si è fatto da sé e che ha una certa verve. Eppure, il periodo del suo governo non è stato molto utile né per l´Italia né per l´Europa. Berlusconi è arrivato al potere da uomo d´affari per usare le sue capacità per imprimere all´Italia un rinnovato dinamismo economico. In questo senso, il suo impatto è stato decisamente limitato. La crescita economica dell´Italia è attualmente pari a zero.
Il Paese regge sulle spalle il fardello di un livello di indebitamento rovinoso pari al 100 per cento del suo Pil. Il tasso generale di occupazione è uno dei più bassi d´Europa, un primato negativo che condivide con la Polonia.
Inoltre, semplicemente non può essere giusto che in una democrazia, colui che controlla una tale percentuale dei media sia anche il suo principale leader politico. È stato detto giustamente che se l´Italia si fosse candidata a diventare membro della Ue sotto il governo Berlusconi, non sarebbe stata ammessa. Una democrazia efficace e competitiva è uno dei criteri per diventare membro della Ue. Una ragionevole distribuzione della proprietà dei media è essenziale per il funzionamento della democrazia.
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La coalizione di centrosinistra è andata al potere nonostante abbia ottenuto un margine molto ristretto. Ma quali dovrebbero essere le sue politiche? E quale possibilità ha di realizzarle? Persino per rimanere al potere occorrerà al centrosinistra disciplina. La frammentazione e la divisione sono la rovina della sinistra. Una coalizione di molti partiti con un margine di maggioranza complessivo limitato non è la migliore delle ricette per politiche decise, e se c´è un Paese in Europa cui queste politiche occorrono, questo è l´Italia. Tra i partiti della coalizione sussistono delle differenze ideologiche notevoli. È facile che alcune delle politiche di cui l´Italia necessita – come la riforma dei mercati del lavoro e ulteriori riforme del sistema pensionistico – incontrino resistenze tra i settori più tradizionali della sinistra.
La disciplina e l´unità possono essere sviluppate, anche quando il contesto non appare propizio. Il partito del Labour in Gran Bretagna è rimasto escluso dal potere per diciotto anni a causa delle sue continue lotte interne. Eppure, con Tony Blair, la coesione è stata ritrovata, tanto che il leader laburista è stato definito per un certo periodo di tempo un patito del controllo. Una buona leadership da parte di Romano Prodi potrebbe portare in Italia a un risultato analogo. Blair aveva una vasta maggioranza in Parlamento dopo le elezioni del 1997, ma le grandi maggioranze possono, in effetti, creare più divisioni interne di quelle più modeste. Una maggioranza esigua può essere una leva per la disciplina se il leader gioca bene le sue carte e se tutti riconoscono il disastro che potrebbe rappresentare un mancato consenso sulle grandi linee della politica.
Sono per una maggiore integrazione tra i partiti del centrosinistra in Italia. Trovo interessante il progetto di aggregazione che porterebbe alla creazione di un singolo Partito Democratico, anche se spererei che fosse più socialdemocratico nel suo orientamento dei Democratici americani. La chiave sta, tuttavia, nell´ottenere il consenso politico. Non credo che i partiti rinunceranno alle loro diverse identità se non ci sarà un accordo sull´orientamento politico generale che inglobi tutti.
Quale politiche dovrebbe perseguire il nuovo governo? Potrebbe cominciare andando a vedere nel concreto l´esperienza dei Paesi Scandinavi. A un primo approccio, questa potrebbe sembrare una raccomandazione eccentrica. Dopotutto, i Paesi Scandinavi sono piccoli e l´Italia è grande, hanno un livello di tassazione alto rispetto a quello molto inferiore dell´Italia. E in Italia dilaga l´evasione fiscale.
Gli italiani non possono diventare degli scandinavi, ma possono imparare molto (come altri paesi in Europa) dalle politiche di cui essi sono stati pionieri. I Paesi Scandinavi hanno i livelli più alti di giustizia sociale, non soltanto in Europa, ma in tutto il mondo. Ma hanno anche alti tassi di crescita, una crescita che marcia di pari passo con un livello di occupazione alto e stabile. Hanno dimostrato che crescita economica e giustizia sociale non sono solo compatibili, ma interdipendenti. Un sogno assurdo per l´Italia? Per niente. Il punto è individuare le politiche e poi adattarle al contesto italiano.
Innanzitutto, deve essere realizzata la riforma del mercato del lavoro. Tutti i Paesi Scandinavi hanno ristrutturato i loro mercati del lavoro sulla base del principio “proteggi il lavoratore, non il posto di lavoro”. Mercati del lavoro flessibili non devono avere necessariamente lo stile americano dell´assumi-e-licenzia. Aiutare i lavoratori a cambiare lavoro è la cosa più saggia che si possa fare in un mondo caratterizzato da un alto livello d´innovazione tecnologica. In Italia, questa riforma è chiave sia per una ripresa della crescita sia per una maggiore giustizia sociale.
L´Italia ha un mercato del lavoro diviso tra interni ed esterni, tra chi ha un posto di lavoro garantito e gli esterni, le persone che sono disoccupate o che hanno un alto livello di precarietà sul lavoro. Di conseguenza, ha la parte peggiore di entrambe le situazioni: una performance economica bassa associata a un alto livello di ingiustizia.
Secondo, le donne devono avere più opportunità nel mercato del lavoro. La percentuale di donne che in Italia lavora è inferiore di molto rispetto a quella dei Paesi Nordici.
E tale è anche la dimensione media delle famiglie. Il nesso non è casuale. La maggior parte delle persone che decidono di avere più di un figlio, sanno di aver bisogno di due redditi per poter dare loro un adeguato livello di opportunità nella vita.
Terzo, il governo deve afferrare l´ortica della riforma dell´istruzione. L´istruzione – a tutti i livelli – e un investimento nell´information technology sono fondamentali per una maggiore competitività nella nuova economia fondata sulla conoscenza. Si tratta di strumenti cruciali per la crescita, che sono inoltre essenziali anche per ridurre le disuguaglianze, come ha, ancora una volta, dimostrato l´esperienza scandinava. Non è soltanto una questione economica. Ciò che conta è che siano riformate le strutture obsolete, innalzati gli standard dell´insegnamento e create opportunità affinché chi proviene da background più poveri possa trarre beneficio dal sistema educativo.
Quarto, devono essere fatti passi avanti per quanto riguarda la questione del sistema pensionistico. In Scandinavia, la riforma delle pensioni è stata abbinata ad un incentivo rivolto ai lavoratori di età più avanzata per continuare a lavorare. Dovremmo smettere di parlare della “società che invecchia” e di vederla esclusivamente come un problema. Al contrario, viviamo in quella che chiamerei una “società che ringiovanisce”. Le persone di una certa età sono sempre più giovani – si mantengono sane molto più a lungo che nel passato e possono vivere vite attive e varie come le loro controparti più giovani. Molte non desiderano rinunciare al lavoro così presto com´è previsto ora. La riforma del sistema pensionistico dovrebbe essere legata al diritto al lavoro indipendentemente dall´età.
Non ritengo che le varie riforme cui ho accennato sopra siano fantasie per la realtà italiana. Un ritorno alla crescita deve essere una priorità per il nuovo governo. Ma quest´obiettivo non deve sacrificare necessariamente gli obiettivi di una maggiore uguaglianza e inclusione sociale. E sì, le leggi sulla proprietà dei media devono essere riformate. BBB … non solo per lui, ma per chiunque altro aspiri a controllare le vette dei media allo stesso modo.
(traduzione di Guiomar Parada)
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