Economia

Il mito dei soldi parcheggiati presso la Bce

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Spesso si è sentito dire dai mezzi d’informazione che il grande ammontare di riserve “parcheggiate” presso la Bce è un’enorme quantità di denaro che andrebbe spinta verso l’economia reale, attraverso le attività di credito e i prestiti concessi a famiglie e imprese. Secondo un gergo diffuso, dunque, tali riserve sarebbero denaro “addormentato” e per tale ragione, con l’arrivo della crisi, le banche centrali hanno provveduto a tagliare l’interesse versato per depositare denaro presso i suoi forzieri da parte delle società del credito. In Eurozona ciò ha spinto il tasso sui depositi anche in negativo, fino al -0,4%. Nel 2016 le banche hanno pagato alla Bce 3,6 miliardi di euro in interessi per accumulare riserve, ha scritto l’agenzia di stampa Bloomberg.

In realtà, però, il volume delle riserve depositate presso la banca centrale non ci dice molto sull’attività di prestito, non è il dato corretto da osservare. Questo perché, a livello complessivo, una volta che una somma viene prestata torna nella forma di deposito all’interno di un’altra banca del sistema. Certo, singolarmente una banca può decidere di erogare maggiore credito e mantenere meno riserve, ma il totale complessivo resterà invariato nel bilancio della banca centrale. A spiegare diffusamente questo concetto è un articolo da due economisti della Fed di New York, Gaetano Antinolfi e Todd Keister.

“A livello aggregato” i depositi delle banche presso la Fed (o la Bce) “non rappresentano i fondi pigri che il sistema bancario non vuole prestare. Infatti, la quantità di riserve tenute dalle banche non trasmette nessun informazione sulle attività di prestito – riflette semplicemente le decisioni della Federal Reserve su quanti asset acquistare”. Sono infatti gli acquisti di titoli da parte della banca centrale a determinare la base monetaria di cui tali depositi bancari sono riflesso.

In passato anche il Financial Times si era dedicato a chiarire questa confusione in merito ai presunti soldi addormentati presso la banca centrale. In particolare, veniva chiarito che le banche “non prestano le riserve” presso gli istituti centrali: “Le riserve delle banche commerciali sono cresciute perché le banche centrali hanno iniettato presso di loro in un sistema chiuso dal quale non possono uscire. Che le banche commerciali lascino le riserve che hanno acquisito con il QE pigramente, o che le prestino nel mercato interbancario 10mila volte al giorno, le riserve aggregate presso la banca centrale saranno le stesse”.

Altro discorso è definire quanto sia efficace l’incentivo dei tassi negativi sul credito, ma di certo non sarà osservando i depositi presso la Bce che se ne avrà un’idea. Piuttosto conviene guardare al reale andamento delle attività creditizie quando i tassi sono stati portati sotto zero. Nel 2015 i prestiti presso istituzioni non finanziarie in Europa è cresciuto dello 0,5%, mentre dell’1,4% l’anno scorso.

L’inefficacia parziale del tasso negativo sui depositi, con le banche che in teoria dovrebbero essere incentivate a prestare ma che poi ne dispongono a piacere, è dimostrata da questi numeri. Spesso capita che le banche preferiscano conservare il denaro per mostrare ad azionisti e mercato la propria solidità patrimoniale, piuttosto che accelerare le attività creditizie (vedi andamento deludente dei prestiti a famiglie e imprese in area euro negli ultimi anni).