Il maggiore calo subito dal mercato delle opzioni dal 1998 ad oggi, nasconde in realta’ una crescente ansieta’ nei confronti della tanto attesa ripresa economica, con l’umore degli operatori che e’ piuttosto pessimista. E’ infatti dal fallimento di Lehman Brohters che i trader non pagano cosi’ tanto per aggiudicarsi contratti ribassisti, con un numero sempre maggiore di persone che scommette su un calo dell’azionario dopo il rally iniziato i primi a marzo.
Gli operatori stanno infatti investendo ingenti somme di denaro, le maggiori da agosto 2008, nel tentativo di proteggersi contro le previsioni di un calo del 10% dell’indice allargato Standard & Poor’s 500 rispetto invece alle scommesse di un rialzo dei prezzi.
Agosto 2008 corrisponde ad un solo mese di distanza dal crollo della banca newyorchese. Il premio sui cosiddetti contratti “put” e’ aumentato anche dopo che l’indice di volatilita’ Chicago Board Options Exchange Volatility Index, meglio noto con l’acronimo VIX, ha registrato un tonfo del 40% solo nell’ultimo trimestre.
Afflitti dalle preoccupazioni secondo cui gli Stati Uniti non riusciranno ad emergere presto dalla peggiore recessione vista in mezzo secolo, negli ultimi tempi i trader preferiscono intascare i profitti accumulati sulle azioni componenti l’S&P 500, che ha guadagnato il 40% da inizio marzo.
Ma all’allargamento del gap tra le opzioni rialziste e quelle ribassiste fa da contraltare un ritracciamento marcato del’indice VIX, sceso sotto i livelli toccati quando Lehman e’ fallita. Non e’ un caso che l’andamento anomalo si verifichi proprio nella settimana in cui le societa’ americane si preparano a pubblicare i conti relativi al secondo trimestre.
“E’ troppo alto il numero di persone che pensa che il peggio sia alle spalle e che ci aspetta un futuro migliore”, ha detto a Bloomberg Peter Sorrentino, di Huntington Asset. “Quindi e’ come se molti di noi si stessero dicendo ‘Qui qualcosa non va’. Probabilmente e’ meglio proteggersi da eventuali rischi”.
Sorrentino, che prevede che l’S&P 500 arrivera’ a perdere oltre il 10% rispetto al prezzo di chiusura della settimana scorsa di 896.42 punti, ha acquistato opzioni che potra’ riscattare se l’indice dovesse scivolare sino a quota 775 a dicembre. Il livello al quale Sorrentino potra’ esercitare il contratto sottointende un calo del 14%.
Dopo aver bruciato quasi $11 mila miliardi in una fase ribassista durata 17 mesi, il mercato azionario statunitense ha recuperato il 24% dal 9 marzo a oggi, sulle speculazioni che gli utili aziendali miglioreranno entro la fine dell’anno e che per quella data l’economia avra’ ripreso a crescere.
L’indice S&P 500 ha guadagnato il 15% nel secondo trimestre del 2009, il maggiore rialzo degli ultimi dieci anni, dopo che la Federal Reserve e il governo hanno sborsato $12800 miliardi per rispondere ai quasi $1500 miliardi di perdite subite dalle maggiori societa’ finanziarie del mando.
Il rimbalzo ha fatto si’ che i trader pagassero sempre meno per le opzioni e ha spinto il VIX, indicatore della cosiddetta “volatilita’ implicita” dell’S&P 500, in netto ribasso. Il 29 giugno scorso il paniere e’ infatti scivolato sui minimi in area 25.35 dai 44.14 punti raggiunti il 31 marzo. Il dato si confronta con il massimo di 80.86 toccato dal VIX in novembre, quando gli investitori scommettevvano su una variazione dei prezzi del paniere allargato del 23%.
La cifra suggerisce una possibilita’ del 68% che l’S&P scambiera’ in ribasso o in rialzo di sino al 7.3% nei prossimi 30 giorni, stando agli schermi di Bloomberg. Se da un lato i prezzi delle opzioni Usa sono nettamente calati nell’ultimo periodo, restano pur sempre il 38% sopra la media di 20.19 registrata dall’indice nei suoi 19 anni di storia, un segnale chiaro, secondo Carl Mason, head of U.S. equity derivatives strategy di BNP Paribas SA, che i mercati finanziari devono ancora tornare alla “normalita’”.