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(WSI) – Un dicembre di fuoco per le grandi società che si spartiscono il ricchissimo mercato italiano dei giochi. Chiusa la gara lo scorso 3 ottobre, entro fine mese dovrebbe — il condizionale è d’obbligo visti i precedenti — venire scelto dall’Aams (l’amministrazione dei monopoli) il vincitore della gara per la concessione del Superenalotto, il più ricco tra i giochi italiani.
In corsa per gestire il gioco a partire dal 1° ottobre 2008 sono in tre: l’attuale gestore Sisal — che per inciso è la società che ha inventato il gioco — e gli altri due grandi player del mercato, le quotate Lottomatica e Snai. In ballo un fiume di soldi. Sebbene il Superenalotto non sia il primo per raccolta in Italia, e negli ultimi tre anni sia cresciuto per valore del giocato solo dello 0,9 per cento, rimane sempre un punto fisso degli scommettitori italiani, che portano nelle sue casse circa 2 miliardi di euro ogni anno. Soprattutto, il Superenalotto ha due particolarità: fa ricchi chi vince e fa ricco lo Stato.
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Era il 4 maggio del 2005 quando a Milano venne centrato un «6» da 71,7 milioni di euro. La più alta vincita di sempre. E, come detto, nessun gioco contribuisce come il Superenalotto alla floridezza delle casse erariali: ogni euro giocato porta 53,17 centesimi allo Stato. Che i giochi siano importanti, ancorché eticamente discutibili, lo dimostra una cifra. Dice l’agenzia Agicos che l’«azienda dei giochi» è la quinta in Italia per fatturato. Nel 2006 in Italia solo Ifi-Fiat, Telecom, Eni ed Enel hanno fatto meglio dei 35,2 miliardi di euro raccolti dall’aggregato dell’«azienda giochi». Una cifra notevole, destinata a salire a 42 miliardi al termine di quest’anno. Per lo Stato, è grasso che cola: da quei 35,2 miliardi dello scorso anno le entrate nette dell’erario sono ammontate a 6,7 miliardi. Quest’anno supereranno i 7 miliardi di euro.
La gara
Il Superenalotto — nato 10 anni fa dalle ceneri dell’Enalotto — non è solo un gioco basato sulle estrazioni dei 90 numeri del Lotto che cambia la vita ai vincitori delle categorie più importanti. È anche una fitta e complessa rete di migliaia di terminali informatici che richiedono investimenti sostanziosi. Come del resto tutto il pianeta giochi è oggi strettamente legato all’information technology. Per questo due delle tre società concorrenti sono quotate in Borsa e la terza, Sisal, non è estranea ai mercati della finanza avendo tre fondi nel proprio capitale (Apax, Permira e Clessidra). Finanza e normative sono il pane per chi sta nel back-office dei giochi. Lo si capisce ripercorrendo la strada di questa gara per la concessione del Superenalotto.
Nel novembre del 2006 il Consiglio di Stato, su azione dell’operatore inglese Stanley, contestò la proroga della concessione e l’affidamento diretto alla Sisal, senza alcuna possibilità di accedere al rapporto per le società straniere. Una estromissione ritenuta incompatibile con il diritto comunitario. La legge Finanziaria di pochi mesi dopo dedicava quindi un emendamento al Superenalotto stabilendo che venisse bandita la gara, con concessione a partire dal 1 luglio successivo. Per mesi non accadde nulla. A maggio i legali di Stanley diffidarono l’Aams «affinché bandisca la gara» e rendesse note «senza indugio» le modalità di affidamento della concessione. A giugno la concessione viene prorogata a Sisal fino al 31 dicembre prossimo. A luglio, dopo un parere dell’Antitrust, arriva il bando, che prevede l’aggiudicazione «in base all’offerta economicamente più conveniente. Il soggetto è da individuare a seguito di una selezione aperta ai più qualificati operatori italiani ed esteri, evitando il determinarsi di posizioni dominanti sul mercato nazionale del gioco». La durata della concessione «sarà di 9 anni».
Per partecipare è chiesta una fideiussione per 5 milioni di euro. Il 28 settembre si presentano in tre: Sisal, Lottomatica e Snai. Mancano a sorpresa gli inglesi di Stanley, che preferiscono ricorrere al Tar lamentando di non aver «ottenuto i chiarimenti richiesti ad Aams necessari per partecipare alla gara». Chiarimenti arrivati, secondo il gruppo inglese, solo il giorno precedente la scadenza dei termini della gara e che inoltre rimandavano al disciplinare della gara stessa. Una posizione dura, quella inglese, che potrebbe arrivare a scardinare la base stessa del sistema dei giochi in Italia. Tanto che il 21 novembre scorso Stanley ha dichiarato che sono presenti nel bando di gara «condizioni discriminatorie», essendo fatto richiamo alla incompatibilità tra l’attività di trasmissione all’estero di scommesse e la gestione della concessione Aams.
La gestione del gioco, nel frattempo, viene prorogata a Sisal fino al 30 settembre 2008, per garantire «continuità erariale». Si arriva così — tralasciando i ricorsi al Tar sul bando di gara presentati da Tipp 24, Index e Stanley e tutti respinti, ma anche quello di Stanley volto a ottenere la co-gestione provvisoria del gioco — a queste ore di vigilia. In verità una decisione è attesa in questi giorni solo secondo buon senso. Se non dovesse venire confermata Sisal, nove mesi sono il minimo necessario per creare una rete così diffusa da non pregiudicare le entrate dell’erario.
Il gioco
Il Superenalotto raccoglie 2 miliardi di euro di giocate all’anno. Vale il 5,6 per cento del mercato. Poco rispetto ai 6,5 miliardi del Lotto (18,7 per cento) e pochissimo rispetto al boom fatto registrare dalle macchinette piazzate nei bar e nelle tabaccherie. Quelle, da sole, valgono 15,4 miliardi annui di giocate, il 43,8 per cento del totale, con entrate per l’Erario pari a 2 miliardi e un incremento dal 2003 al 2006 pari al 6.178,8 per cento. Ma è il Superenalotto quello che, fino a qui, ha garantito il maggiore introito percentuale per lo Stato.
«Soprattutto — dice Paolo Franci, direttore dell’agenzia Agipronews — è quello che a fronte di vincite potenzialmente molto alte, genera i minori rischi di dipendenza. È quasi una lotteria, la cui puntata minima è davvero minima, un euro, e le cui estrazioni avvengono tre volte la settimana…». In effetti Sisal, che inventò il gioco fatto esordire il 3 dicembre 2007, ha letteralmente trasformato il mondo dei giochi in Italia, che fino a dieci anni fa era praticamente legato al solo Totocalcio (altro prodotto targato Sisal). In quel caso si arrivò al punto che chi aveva venduto per 46 anni il Totocalcio dovette smettere di venderlo per legge. Ed oggi il rischio, in sedicesimo, si ripete. Difficile fare previsioni. Sisal è il gestore uscente (il fatto che sia inventore del gioco non dà alcun diritto in termini economici); Lottomatica il concorrente più agguerrito. Nonostante il flop della ruota nazionale del Lotto, ha saputo gestire la modernizzazione del gioco più vecchio, offrendo attraverso la propria rete di terminali una serie di servizi di pagamento molto apprezzati.
Solo leggermente più indietro appare Snai, non fosse altro per la vocazione tipicamente ippica della propria rete di vendita. Snai nasce negli ippodromi e sebbene si sia affrancata dalle sole scommesse sui cavalli, allargando l’attività a tutte le scommesse sportive, appare quella che avrebbe più cose da fare, in caso di vincita, da qui al prossimo primo ottobre. Su tutti, però, vince lo Stato: 6,7 miliardi di euro di entrate nel 2007 che aumenteranno nel 2008.
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