Società

IL GOVERNATORE

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(WSI) – Con la riunione di domani del Comitato interministeriale Credito e Risparmio riparte l’agenda della politica e dell’economia. All’ordine del giorno ci sono le Opa bancarie e le bassure del «caso Fazio» ma, con tutto il rispetto, maiora premunt: come ridurre il deficit e contrastare il declassamento del rating della Repubblica italiana, come rimediare alla perdita di competitività del Paese e ritrovare il sentiero della crescita?

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Sopra la coltre di nubi ci guarda minaccioso il ghiacciaio sospeso del debito pubblico, deposito delle nostre imprevidenze. Il caso Fazio è un inutile aggravio. Il governo cerca di svicolare, contando sulla gratitudine futura di Fazio, ma sbaglia. Non si tratta di «intervenire a gamba tesa» (Alemanno), ma le castagne sono sul fuoco, e a chi altro spetterebbe di toglierle?

Come ha documentato Marco Onado su la voce.info , il governatore ha commesso errori gravi nella sorveglianza sulla sana e prudente gestione, autorizzando operazioni della Popolare di Lodi che non potevano tecnicamente essere autorizzate. Le intercettazioni sono folklore, il punto chiave sta nell’incapacità a svolgere l’unico grande compito primario rimasto alla Banca dopo la nascita della Banca centrale europea (Bce), la sorveglianza sulla sana e prudente gestione delle banche: l’errore è aggravato dalla risonanza del caso e dall’aver agito scavalcando il contrario parere tecnico degli uffici, per di più in un contesto di familismo che le intercettazioni mettono a nudo.

Come uscirne? Se il governatore è convinto di aver ben agito, la palla torna al governo. Questo dovrebbe però guardare lontano, sopra le bassure.
Non di autoriforma della banca si deve parlare, bensì di leggi dello Stato; non per la storia dei tacchini che non votano per il Natale, ma perché il tanto conclamato primato della politica va esercitato con le leggi. Esse possono, e debbono, regolare tutte le istituzioni, Bankitalia compresa, certo in modi rispettosi dello statuto della Bce. Lo scandaloso ritardo del Parlamento nella legge sulla tutela del risparmio va perciò colto al volo, ridisegnando competenze e governance di Bankitalia e delle altre authority.

La montante nostalgia centrista andrebbe volta in positivo, sfruttando l’occasione data dal consenso bipartisan su una chiara ripartizione dei compiti delle autorità: non per soggetti ma per finalità . A Bankitalia la tutela della stabilità di banche e assicurazioni, a Consob quella di trasparenza e correttezza (anche su banche e assicurazioni), e all’Antitrust quella della concorrenza. In tale quadro, mandato a termine, collegialità di decisioni e una vigilanza al passo dei tempi sarebbero ovvii corollari; resterebbe la questione del capitale della banca, ma la soluzione del caso Fazio sarebbe indolore.

Questa è la parte facile, che pure si fugge sperando nell’araba fenice dell’autoriforma; sarà più dura per i passi seguenti, la quadratura della Finanziaria e il rilancio della nostra competitività, in calo sui maggiori concorrenti dell’area euro, Germania in testa. È arduo credere che, con gli aerei pronti a portare a casa i deputati a Natale, il rigore agostano sopravvivrà; è probabile che tutto sia scaricato sui vincitori delle elezioni, e il ghiaccio si faccia più spesso.

Quanto alla competitività, vanno rimosse le cause profonde, come l’immobilità sociale del Paese, la scarsa flessibilità del capitale azionario, il mancato riconoscimento del merito come motore del sistema, la riluttanza ad affrontare il mare aperto e la concorrenza vera: di qui il peso dei settori oligopolistici, che ingoiano una fetta enorme dei profitti totali delle imprese, gravando sempre più sulle aziende esposte alla concorrenza internazionale. Solo un governo fresco di mandato elettorale potrà, forse, avere la forza di affrontare questi temi: ben che vada, perderemo nove mesi.

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