Il deficit della bilancia commerciale degli Stati Uniti ha raggiunto in luglio la quota record di $31,9 miliardi, con esportazioni a quota $89,7 miliardi (-1,5%) e importazioni a quota $121,6 mliardi (+0,6%). Ha raggiunto valri record anche l’interscambio con Canada, Cina, Giappone ed Europa Occidentale.
Il rimbalzo del prezzo del greggio, che a luglio ha raggiunto quota $27,76 al barile rispetto ai $26,65 di giugno, e le importazioni di petrolio a quota $151 milioni a luglio rispetto ai $16,11 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, hanno favorito l’impennata.
La flessione nelle esportazioni, registrata soprattutto nel settore automobilistico (-$0,4 miliardi) e beni di investimento (-$0,4 miliardi), sottolinea il generale calo del comparto manufatturiero ma non rappresenta un problema dal punto di vista finanziario, grazie al massicio flusso di capitali provenienti dall’estero.
Le operazioni di fusione e acquisizione hanno infatti portato nel Paese $300 miliardi nell’ultimo anno: gli investimenti stranieri in titoli americani $130 miliardi e quelli in titoli di stato altri $260 miliardi.
Un articolo del Financial Times sottolinea come le entrate di queste operazioni costituiscano un fattore decisivo per la potenziale crescita delle esportazioni nel quarto trimestre: sono previsti $51 miliardi in entrata negli stati Uniti e $58 miliardi in uscita dall’Europa.
Il deficit della bilancia comerciale iniziera’ a rappresentare un problema non appena la crescita del gap tra Stati Uniti e il resto del mondo diminuira’ costringendo il governo interventi simili a quelli intrapresi negli anni ’80 dall’amministrazione Reagan (meno tasse e piu’ controllo).
* Tony Crescenzi e’ capo analista della sezione Capital Markets alla boutique finanziaria Miller Tabak & Co.