Società

IL DILEMMA DEL PRIGIONIERO

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Leon Zingales e’ collaboratore di WSI. PhD in Fisica, Dipartimento di Matematica, Università di Messina, gestisce anche il bel blog IlCignoNero e che ringraziamo. Carmela Vitanza e’ Professore Ordinario di Analisi Matematica, Dipartimento di Matematica, Università di Messina. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero degli autori e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Nella teoria dei giochi è di esemplare importanza il dilemma del prigioniero elaborato inizialmente da Albert Tucker negli anni 50. Tale problema evidenzia l’importanza del processo di cooperazione onde ottenere una utilità totale maggiore. In altre parole la collaborazione consente di sostituire una configurazione Pareto-efficiente (ove si considerano le utilità individuali che nessuno è disposto a sacrificare) con una forma di equilibrio cooperativo (ove un contendente sacrifica una parte della propria utilità potenziale allorché in corrispondenza si registri un incremento dell’utilità dell’altro contendente superiore in valore assoluto).

Una delle principali conseguenze della politica della FED è stata quella di accoppiare il sistema finanziario con quello valutario. La necessità di permettere (se non addirittura di favorire) il carry-trade sulla valuta regina, ossia il Dollaro, onde tenere artificiosamente in alto i mercati finanziari ha determinato la creazione di una evidente debolezza per gli USA: in sostanza essi devono tener conto delle istanze di chi è in possesso dei propri Titoli di Stato.

I grandi creditori degli USA, in base alle dichiarazioni ufficiali (fonte Visual Economics) sono nell’ordine Cina (800 Miliardi di Dollari), Giappone (750 Miliardi) ed UK (231 Miliardi). In particolare il Giappone ha un debito pubblico fuori controllo e non può permettersi di perdere doppiamente per la svalutazione del Dollaro USA: innanzitutto per la svalutazione dei Titoli di Stato in possesso e poi per il crollo di esportazioni amplificato dal rafforzamento dello Yen (che si era abituato ad essere la valuta favorita dal carry-trade nel decennio precedente).

In seguito alla crisi il sistema finanziario è giunto ad un equilibrio per reciproca convenienza resasi obbligatoria dal precipitare degli eventi.
La configurazione di equilibrio ottenuta è stata la seguente: i paesi creditori continuavano a tenersi i TBills (nel contempo la FED compra direttamente, o indirettamente tramite le banche, la gran parte dei Titoli di nuova emissione), mentre il Dollaro si svalutava rispetto all’Euro per poter pompare i mercati azionari. Ovviamente il trend delle monete (Yuan, Yen e Sterlina) dei grandi paesi creditori doveva seguire il cammino del Dollaro, onde annullare (o comunque ridurre al minimo) la svalutazione relativa.
E’ inutile dire che il contendente che in questa configurazione di equilibrio ha ceduto la maggiore utilità individuale è stato il sistema Euro. La zona Euro, sia per la incapacità di esprimere una unità di intenti che per evidenti errori dei vertici della BCE, ha dovuto passivamente accettare una sopravvalutazione della propria moneta.

L’aver scaricato le tensioni sulla zona Euro non è stato indolore: le sollecitazioni sul sistema hanno reso drammatiche le condizioni dei paesi più deboli. In particolare genera grande allarme la situazione della Grecia che evidenzia un deficit del 12.7% ed una situazione dei conti pubblici fuori controllo. Ed inoltre le prospettive di altri paesi quali Spagna, Irlanda e Portogallo non sono rosee.

I mercati obbligazionari, azionari e valutari stanno danzando con il ritmo della danza di Zorba. Si stanno diffondendo timori, segnali inquietanti sono giunti a tal proposito in occasione del recente incontro a Davos, che la tenuta del sistema Euro è a rischio. Una svalutazione repentina dell’Euro (in queste ultime settimane è evidente un trend di indebolimento) farebbe crollare, come conseguenza del frettoloso processo di ricopertura delle posizioni di carry-trade aperte, il castello di carte trasformando la recente debolezza dei mercati azionari in una valanga. Il governo greco è ben consapevole che un eventuale default avrebbe conseguenze catastrofiche e pertanto dispone di strumenti ricattatori nei confronti della BCE.

Il rischio è che, di fronte ai nuovi eventi, gli attori rompano il patto non scritto (fanno testo in questi ultimi giorni i contrasti tra Cina e Usa) e tornino alla sola ricerca dell’utilità individuale che il dilemma prigioniero insegna essere la soluzione peggiore. L’interesse globale impone che venga messa una pezza per tappare il grosso buco, ma sia comunque chiaro che la stoffa a disposizione sta per terminare.