Società

IL CASO SCI FARA’
DA PESCE-PILOTA?

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* Fabrizio Tedeschi e´ editorialista di Panorama Economy. Consulente di grandi banche e gruppi finanziari, per otto anni e´ stato responsabile della Divisione Intermediari della Consob a Milano.

La recente sentenza del tribunale civile di Milano a favore di 14
risparmiatori che investirono nella Sci, Società genovese di
costruzioni, è assolutamente innovativa. Perché per la prima volta un
tribunale condanna sette istituti di credito (Credito italiano, Cariplo,
Sanpaolo Imi, Banca di Roma, Crt, Carige e Centrobanca) a risarcire gli
investitori per un «danno diretto». La somma è irrisoria, 100 mila euro,
ma è il precedente che conta.

La vicenda risale al 1997, quando le
banche costituirono un consorzio per il salvataggio della Sci, guidata
da Emanuele Romanengo. Quando si rendono conto, o decidono, che il
salvataggio è impossibile, provvedono a dismettere le loro
partecipazioni, addirittura l’una all’insaputa e a danno dell’altra. E
nello stesso momento gli investitori acquistavano titoli che «per
effetto del comportamento delle banche, hanno pagato di più di ciò che
valevano e sono stati esposti a margini di rischio di cui non erano
consapevoli» sentenzia il tribunale.

Gli insegnamenti che si possono trarre da questa vicenda sono tanti. Il
fronte delle banche non è mai compatto in questo caso. Qualche banca ha
venduto prima e all’insaputa di altre e alcune addirittura non hanno
neppure venduto e sono rimaste col cerino in mano. In questo frangente
la solidarietà di casta ha mostrato crepe vistose. L’azione civile si è
rivelata molto più incisiva di quella penale sia a livello economico sia
a livello di immagine.

Infatti, il giudice penale aveva archiviato la
causa, ma quello civile ha potuto proseguire fino ad arrivare a una
sentenza di primo grado e di sicuro il processo non finirà prescritto.
Anche questo insegnamento può essere ben utilizzato nelle presenti
vicende.
Adesso si tratta di estendere l’applicazione dei principi indicati nella
sentenza e si può parlare di risarcimenti più ampi, che non siano il
semplice danno economico subito dagli investitori. In particolare Borsa
italiana e Consob o addirittura le associazioni dei consumatori
dovrebbero seriamente pensare a chiedere il risarcimento dei danni che
tutte le attività contra legem, quali l’insider trading, arrecano
all’immagine del mercato e alla fiducia che gli investitori vi
ripongono. E allora i danni sarebbero veramente grandi da quantificare e
potrebbero costituire un importante e serio deterrente per condotte
illecite.

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