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(WSI) – Secondo la Banca centrale europea, l’eurozona sta crescendo in maniera graduale, ma durevole. Il basso livello di fiducia dei consumatori e il rincaro del petrolio comportano un rischio per la crescita, ma non c’è un problema d’inflazione. Secondo la Bce, l’alto costo del greggio (ieri ha toccato i 67 dollari) non genera inflazione ma preoccupa. Perché, trasferendosi in un elevato prezzo dei prodotti petroliferi, riduce la domanda per gli altri beni, frenando lo stimolo alla crescita. Però, dato che il livello generale dei prezzi non desta timori, la Bce non aumenterà il tasso oltre il 2 per cento. Del resto la bilancia dei pagamenti dell’eurozona è attiva nonostante il caro-barile.
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A queste considerazioni si sommano quelle di Greenspan. La crescita negli Usa rimane robusta, con bassi pericoli di inflazione, nonostante il caro-petrolio, dato l’aumento della produttività. Potranno esservi altri aumenti del tasso della Fed dall’attuale 3,5 per evitare il surriscaldamento dell’economia. E ciò aiuterà l’afflusso di capitali, compensando il deficit commerciale. Insomma, l’impennata del greggio non sembra incidere molto sulle prospettive economiche dell’Europa e degli Usa. Dalla Cina vengono analoghi segnali. La crescita del pil non è minacciata dal caro petrolio: la bilancia commerciale, nei primi sette mesi, ha un surplus di 50 miliardi di dollari, dato dall’aumento del 28 per cento dell’export contro il 13 dell’import. Tenendo conto che il Giappone non è più in recessione, è facile ipotizzare che l’economia mondiale continuerà a crescere nonostante il barile oltre 60 dollari. Nell’economia dell’ottocento, quando il prezzo del grano rincarava per effetto di cattivi raccolti, vi erano grandi contraccolpi e recessioni.
Nel Novecento, con la modifica del prodotto nazionale, il ruolo primario del grano fu via via rimpiazzato dal petrolio. Così negli anni Settanta, quando l’Opec portò il barile all’equivalente di 80 dollari attuali, generò la crisi. Ma la composizione del pil è di nuovo mutata e il petrolio non è più il “grano dell’economia”. Il barile potrà salire oltre i 65 dollari senza suscitare crisi mondiali. Il suo prezzo sarà calmierato solo da nuove offerte energetiche.
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