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IL BOOMERANG DEL TESORO

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(WSI) – Si deve dare atto al ministro Domenico Siniscalco di aver fatto qualche lodevole sforzo per riportare al centro della politica economica il problema dei problemi: quel debito pubblico che rappresenta il punto più vulnerabile della situazione finanziaria nazionale. Si deve, però, anche soggiungere che il conseguente dibattito attorno alle iniziative da prendere sta assumendo toni velleitari, in qualche caso grotteschi o addirittura lunari.

Innanzi tutto, appare velleitario il programma che lo stesso ministro ha delineato per riprendere il controllo del debito. Allo scopo di riportare quest’ultimo almeno alla parità con il Pil, lo Stato dovrà realizzare – secondo il ministro – cessioni patrimoniali nell’ordine di una ventina di miliardi di qui al prossimo dicembre e poi di altri 25 miliardi l’anno per tutto il quadriennio 2005-2008.

Poniamo pure che si tratti di stime ben calcolate, ma un conto è dire che cosa occorre fare e tutt’altro mettere in pratica un piano tanto gigantesco di vendite pubbliche. Cosicché, al momento, l’impressione è che il ministro dell’Economia abbia descritto il problema senza indicarne e forse neppure conoscere la soluzione.

Al fine di rendere meno allarmante la denuncia sullo stato del debito, il Tesoro ha fatto circolare in questi giorni anche le sue stime sulla consistenza del patrimonio pubblico. Stando alle cifre fornite, la somma dei beni pubblici toccherebbe i 1.770 miliardi: una ricchezza pari al 136 per cento del Pil, dunque con un rassicurante margine del 30 per cento rispetto al 106 del rapporto tra debito e Pil.

Peccato che, scendendo nei dettagli, si fanno singolari scoperte: per esempio, che circa 145 di quei 1.770 miliardi vengono dalla contabilizzazione con criteri privatistici di risorse naturali quali fiumi, laghi, ghiacciai, ovvero che perfino all’aria e all’atmosfera è stato attribuito un valore di mercato di oltre cinque miliardi. E qui siamo davvero alla parte grottesca della vicenda, perché l’idea che il nostro debito pubblico sia garantito dall’acqua e dall’aria sembra, purtroppo, una fedele metafora della realtà.

Dove, infine, il dibattito sul debito sta raggiungendo punte lunari è sul nodo delle cessioni immobiliari. Finora i proventi di queste ultime sono stati computati a riduzione del deficit, con un palese strappo a quella sana regola di gestione che prescrive di usare le vendite di patrimonio solo per compensare i debiti.

Adesso, si fa sapere che il nuovo ministro dell’Economia, per quanto lo riguarda, avrebbe pure intenzione di voltare pagina e di tornare sulla retta via, ma la cosa non è semplice perché sarebbe necessaria una legge apposita. Ho qualche dubbio sul fondamento di questi scrupoli formali ma, anche se fossero validi, dove sta la complicazione? Che cosa ci vuole a presentare questa benedetta legge e a farla approvare in fretta dal Parlamento?

Il ministro Siniscalco deve stare più attento all’effetto ‘boomerang’: perché, se le cifre sulle prospettive del debito confermano che la situazione è molto grave, le troppe chiacchiere a vuoto possono solo servire a dimostrare che essa è soprattutto poco seria.
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