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I TASSI USA SALIRANNO AL 5%

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(WSI) – Alan Greenspan entra oggi nella sua ultima settimana da timoniere della Federal Reserve. Martedì prossimo lascerà l’ufficio del presidente a Ben Bernanke, probabilmente non senza un’ultima zampata nel giorno dell’addio: un altro aumento dei tassi, per portare i Fed Funds al 4,50%.

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Nel 2005 il deficit Usa delle partite correnti (la spia principale dei conti verso il resto del mondo) ha toccato la cifra record di 800 miliardi di dollari, ma la crescita è stata doppia a quella di una zona euro sostanzialmente in equilibrio. Intanto il dollaro, anziché cadere, nel 2005 si è rafforzato sul mercato dei cambi grazie anche ai continui acquisti di Treasurys (i Bot americani) da parte della Cina e dei Paesi dell’Opec. Di qui la questione così aliena ai piccoli Machiavelli d’Europa: «L’impressione è che la centralità del dollaro faccia sì che il costo dell’irresponsabilità per l’America sia più piccolo. Ma è giusto? – di chiede Harris – Questo elemento morale invade la discussione».

La risposta dei due analisti di Lehman, a scanso di equivoci, è «sì». Llewellyn va vicino a sostenere che l’America è andata in profondo rosso per salvare il mondo: «Con la più grande espansione di bilancio del dopoguerra e la più grande espansione monetaria da 25 anni, gli Stati Uniti hanno evitato che l’economia globale cadesse in recessione mentre Cina e India si affacciavano sulla scena», dice. «Dopo il crollo delle Borse nel 2000, hanno agito da autorità monetaria e fiscale del pianeta, con una grande spinta alla domanda. Ma l’indebitamento ha riguardato solo l’America».

Giusto o no, l’enorme deficit Usa con l’estero e la minaccia che comporta per la stabilità globale è in cima alla lista dei problemi di Bernanke. E Lehman prevede che lo gestirà con prudenza, ma senza timidezze. In continuità con Greenspan, alzerà i tassi altre due volte nel 2006. Fino al 5%. «Per ora gli interessi sono a un livello neutro – nota Llewellyn – né di stimolo né di freno all’economia: non c’è motivo perché non salgano ancora».

La conseguenza sarà un rallentamento («ma non un crollo») del mercato immobiliare Usa, che ridurrà l’effetto-ricchezza per le famiglie e quindi frenerà anche i consumi. Da un tasso di crescita annua al 4% nel primo trimestre, è la previsione di Lehman, l’economia americana rallenterà al 2,5% nell’ultimo. Ma basterà a ridurre gli squilibri? «Solo se l’Europa riprenderà a crescere», dice Llewellyn. Con il tono di augurarsi una svolta, questa sì, davvero «morale».

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