Società

I PENTITI DELLA SETTIMANA CORTA

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Lavorare meno, lavorare tutti. La settimana di 35 ore, che il governo socialista francese di Jospin aveva lanciato cinque anni fa era stata propagandata come un grande successo fra i lavoratori. Ciò anche perché, grazie a manipolazioni nei contributi sociali e nei regimi fiscali, si era riusciti a farli passare con paga immutata.

Le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, avevano protestato, ma si era sostenuto che la causa sociale era più importante. Ora però un sondaggio condotto per la rivista Expansion dalla CSA, una delle maggiori organizzazioni demoscopiche francesi, mostra che il 54 per cento dei lavoratori vorrebbe tornare al vecchio orario di 39 ore. La percentuale di quelli che lo vorrebbero vedere seppellito è del 34 per cento. Gli altri chiedono una sospensione temporanea per un periodo di tempo indeterminato.

La ragione per tornare al vecchio regime è che le imprese hanno congelato gli aumenti di retribuzione, per fronteggiare gli oneri derivanti dal minor numero di ore lavorate da ciascun addetto, in quanto i benefici fiscali e contributivi concessi dal governo erano serviti solo per compensare gli inconvenienti organizzativi degli orari ridotti.

Alla settimana cortissima di 35 ore questi lavoratori preferirebbero una settimana più lunga di quattro ore, che potrebbe consentire di loro guadagnare il 12 per cento in più. Jospin e il ministro del Lavoro Martine Aubry avevano sostenuto che, anche a prescindere dalle preferenze dei lavoratori per la settimana di 35 ore, che per altro ora appaiono smentite dai sondaggi, questo provvedimento avrebbe dato luogo a un aumento di occupazione. E quindi, in ogni caso, valeva la pena che il bilancio statale sostenesse oneri per agevolazioni contributive e fiscali.

Ma le imprese intervistate da CSA sostengono che le rigidità nell’utilizzo degli impianti introdotte con la nuova legge, che ha inciso anche sull’ammontare di straordinario massimo consentito, ha indotto molte aziende a spostare all’estero le produzioni. Perciò è mancato l’atteso aumento di occupazione. E il governo si domanda ora se valga la pena mantenere in vita agevolazioni che fanno perdere gettito e scontentano tutti.

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