Società

I MILIARDARI
PIU’ POTENTI

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(WSI) – Tutto iniziò con i soldi che non danno la felicità. Ora, siamo arrivati ai soldi che non danno nemmeno la ricchezza. Per essere miliardari veri – ha stabilito ieri una lunga analisi del Financial Times – non bastano infatti i miliardi: nel mondo complicato di oggi sarebbe banale. Serve la capacità di influenzare il mondo, di cambiare i modi di vivere, di lavorare e di fare cultura dell’umanità. Oltre al denaro, ovviamente.

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Così, nella classifica «rettificata» dei 25 billionaires globali (326 miliardi di dollari di valore combinato) realizzata dal quotidiano finanziario di Londra l’unica ovvietà è il primo posto di Bill Gates, ricco numero uno per cassaforte ma anche per la portata delle sue (e della moglie Melinda) attività filantropiche. La graduatoria dietro l’uomo di Microsoft è invece sconvolta rispetto a quella dei soli patrimoni: segno che la ricchezza percepita, che è poi quella che conta, all’inizio del Ventunesimo Secolo è diversissima da quella contabile e da quella del passato.

I quattro giudici del Financial Times hanno installato al secondo posto Steve Jobs, il cui patrimonio è stimato in «soli» tre miliardi di dollari (quello di Gates arriva a 51) ma sta plasmando una generazione di giovani grazie all’iPod. E la cui grande idea è che la tecnologia non deve necessariamente essere brutta e difficile da usare. Al terzo posto, Pierre Omidyar, dieci miliardi di patrimonio, fondatore di eBay, il sistema di aste on-line che ha cambiato il modo di comprare e vendere. Al quarto, i fondatori di Google Sergey Brin e Larry Page – 11 miliardi ciascuno: inventori del più grande risponditore automatico mai esistito. Ai primi posti, detto diversamente, gli imprenditori della tecnologia informatica: tanto per chiarire chi è che sta cambiando il mondo. Anche dietro i fenomeni dell’hi-tech, però, la classifica sorprende. In quinta, sesta e settima posizione sono tre baroni dei media allo stesso tempo «politici»: Rupert Murdoch, Michael Bloomberg e Silvio Berlusconi.

L’influenza di Murdoch e del suo impero mediatico in quattro continenti è enorme e, nonostante il suo patrimonio (6,7 miliardi) valga meno di quello, per esempio, di Berlusconi, il fatto che i suoi punti di forza siano in Paesi anglosassoni dà un’enorme portata al suo potere. Lo stesso vale per il sindaco di New York Bloomberg (5 miliardi) e per il suo gruppo di informazioni finanziarie. La Big Idea di Berlusconi (12 miliardi), invece, secondo l’Ft è stata: «Combinare media, business e interessi politici può creare un potere enorme».

Nella lista seguono poi ricchi e influenti come il finanziere filantropo George Soros, l’imprenditore messicano Carlos Slim Helu, gli indiani Azim Premji e Lakshmi Mittal, l’investitore Warren Buffett, il primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, l’ex oligarca russo Roman Abramovich, l’inventore del Grande Fratello John de Mol, il fondatore dell’Ikea Ingvar Kamprad, il boss della Samsung Lee Kun-hee e altri. Nessuna donna, segno che forse per il sesso femminile il desiderio di cambiare la vita degli altri non è, o non è ancora, forte come la capacità di accumulare denaro: come premio di consolazione politicamente scorretto l’Ft suggerisce comunque una guida a come accalappiare un miliardario in un’era in cui questi sono per lo più americani, sposati e con due figli.

Che i super-ricchi abbiano sempre avuto una vicinanza con il potere (e viceversa) è cosa nota. Quello che è cambiato negli ultimi anni è non solo la quantità di denaro accumulabile in un singolo individuo ma anche le motivazioni interiori che spingono molti a volere andare oltre. Non si tratta più di «comprare» un politico per avere una licenza: si tratta di salvare dalla fame migliaia di bambini, come nel caso dei filantropi; di influenzare il modo di vivere, come nei casi dell’Internet; di cercare nuove mete di potere, che è il caso dei “politici”. Una volta ricchi a dismisura – si può insomma approssimare – la ricerca della felicità o della soddisfazione deve trovare obiettivi sempre più ambiziosi. Altri tempi quando Ernest Hemingway rispondeva a Scott Fitzgerald che sì, i ricchi sono diversi… perché hanno i soldi.

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