Società

I MERCATI
BOCCIANO L’ITALIA

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(WSI) – Da qualche giorno sui mercati s´è attivato un segnale che da sempre gli esperti non considerano sinonimo di serenità. E´ accaduto – e sta accadendo- che lo spread tra i titoli italiani e tedeschi, cioè la differenza tra i due tassi, si va ampliando. Questo differenziale, che una volta i governanti spiavano ansiosamente ogni giorno perché percepito come la cartina di tornasole della stabilità finanziaria del paese e dunque come un misuratore tecnico del rischio-Italia, nelle ultime settimane è cresciuto di 10 punti base. Tra l´inizio di marzo e oggi, prendendo come titoli di riferimento il Btp decennale e il Bund tedesco con la stessa scadenza, lo spread è passato da 0,22 a 0,32, il valore più alto dal dicembre 2001.

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Certo, simili livelli non hanno nulla a che vedere con quelli stratosferici dei primi anni Novanta, quando l´Italia era sull´orlo della bancarotta. Allora la differenza era di 600 punti base, se non oltre. Però Carlo Azeglio Ciampi, da ministro dell´Economia nel governo Prodi, fece di tutto per azzerarla, girando per il mondo con un grafico in tasca che ben sintetizzava la curva discendente: la circostanza, si rivelò tra quelle decisive per la partecipazione all´euro nella «serie A», come si diceva all´epoca.

Ma oggi questa curva sta appunto risalendo, pur se protetta proprio dall´ombrello dell´euro e dunque, per forza di cose, con movimenti assai meno vistosi del passato. «Stiamo comunque attenti: come con tutti gli ombrelli non conviene andare in zone dove grandina o potrebbe grandinare», mette in guardia Riccardo Faini, professore di politica economica a Roma. E fornisce anche un calcoletto: «A regime, dieci punti base equivalgono a 1,5 miliardi di spesa in più per gli interessi sul debito pubblico».
Come lui, numerosi analisti continuano a guardare con apprensione a questo valore, che oltretutto lievita in un quadro generale di rialzo dei tassi; spiegano l´attuale «forbice» tra Btp e Bund con motivazioni di tipo economico-politico.

Dicono per esempio che le oscillazioni in atto sono riconducibili al deficit-pil italiano, ben al di sopra del tetto di Maastricht. O anche al debito pubblico, che ha ricominciato a salire dopo un decennio di relativo ridimensionamento. E, non ultimo, all´avanzo primario (al netto degli interessi) che è ormai praticamente scomparso, sebbene Ciampi l´avesse riportato al suo massimo storico, convinto com´era che fosse un «tesoro», da conservare in caso di necessità. Tra i tanti elementi elencati dagli esperti per spiegare la situazione di queste settimane c´è anche l´incertezza elettorale. O meglio, il timore che l´esito del voto non sia risolutivo e chiaro e perciò finisca per portare ad una fase di stallo politico, anziché ad una soluzione.

Agli spread guardano anche le grandi agenzie di rating come Moody´s o Standard&Poor´s, sebbene siano considerati indicatori di mercato e non rientrino nelle valutazioni per assegnare i punteggi di affidabilità dei paesi. Ai fini del rating viene osservata soprattutto la situazione macroecnomica e dunque di nuovo il deficit, il debito e quant´altro, così importanti nel determinare il differenziale italo-tedesco.

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