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I Btp, Intesa SanPaolo e il prossimo attacco dei mercati all’Italia

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LETTERA DI BAZOLI AL CORRIERE: RINNOVI DEI VERTICI SENZA INTERFERENZE POLITICHE

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera- che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

Caro Direttore,
vorrei riferirmi alle considerazioni espresse da Salvatore Bragantini nell’articolo «Nelle nomine del consiglio di gestione Banca Intesa eviti logiche politiche».

Il richiamo di Bragantini e il suo monito a evitare che la politica intervenga, in qualsiasi forma, nel rinnovo degli organi di un’impresa quotata e operante sui mercati internazionali è totalmente da condividere, ma su questo punto lo posso tranquillizzare appieno, perché Intesa Sanpaolo, come ho più volte avuto occasione di affermare, è una grande banca non soggetta ad alcuna influenza o interferenza del potere politico.

Nelle dichiarazioni a cui Bragantini fa riferimento io ho sostenuto che potrebbe essere opportuno convocare un’apposita assemblea per il rinnovo degli organi sociali in anticipo rispetto a quella di bilancio, normalmente prevista a fine aprile. Ciò al fine – dicevo – di evitare che il rinnovo degli organi venga a coincidere con la delicata congiuntura politica che l’Italia attraverserà nella prossima primavera per le scadenze elettorali.

Ma – questo è il significato univoco delle mie dichiarazioni – non per il timore che le nomine seguano logiche politiche, bensì per una diversa e chiara ragione: ossia affinché le incertezze del quadro istituzionale italiano, a cui osservatori e analisti associano il possibile rischio di una nuova ondata speculativa contro l’Italia e il suo debito sovrano, siano affrontate dalla nostra banca con gli organi rinnovati e nella pienezza dei loro poteri.

A chi abbia vissuto, in diretta e dall’interno di una grande istituzione finanziaria, momenti come quelli che si sono svolti tra l’agosto del 2011 e il primo semestre di quest’anno, non può sfuggire la cruciale importanza di avere organi di governo insediati e idonei a controllare ogni leva gestionale.

Voglio ripetere a Bragantini che la sua preoccupazione sarebbe fondata e condivisibile se la decisione del rinnovo anticipato fosse suggerita da un collegamento tra scelte elettorali e nomine degli organi. Non è proprio questo il caso. L’ipotesi considerata (che, peraltro è solo un’ipotesi) scaturisce dalla preoccupazione degli azionisti di tutelare al meglio il proprio investimento di fronte ai rischi di una possibile fase critica dei mercati, ma anche dal senso di responsabilità nei confronti dei mercati stessi e di tutti gli stakeholder.

Chiarito ogni possibile dubbio sul significato delle mie dichiarazioni, voglio concludere con l’augurio che il nostro Paese sappia smentire tutte le previsioni più pessimistiche e contrastare le malevoli aspettative della speculazione
Giovanni Bazoli
Presidente del Consiglio di Sorveglianza
di Intesa Sanpaolo

BRAGANTINI AL CORRIERE: NELLE NOMINE DEL CONSIGLIO DI GESTIONE BANCA INTESA EVITI LOGICHE POLITICHE

Il governo societario delle grandi imprese è tema chiave per l’Italia, il cui sviluppo è frenato dalla loro scarsezza. Quanto sta accadendo in Banca Intesa San Paolo – nata dalla fusione della banca milanese e di quella torinese – è pertanto da sottolineare, nelle luci e nelle ombre.

Per facilitare la fusione, nel 2006 la banca si dette un governo duale, con due consigli, di sorveglianza e di gestione. Le alchimie localistiche portarono però a un consiglio di gestione ove il solo gestore era il consigliere delegato, affiancato da professionisti esterni.

Si perdeva così la ragione stessa dell’organo: il beneficio di decisioni di gestione prese non nella messa cantata dei consigli di amministrazione tradizionali, ma nella dialettica, anche vivace, fra chi alla gestione partecipa. Ora pare che nell’organo di gestione entrerà una maggioranza di alti dirigenti; la critica suddetta verrebbe così a cadere.

Auguriamoci che si tratti davvero dei massimi dirigenti «di linea» della banca, non di consulenti interni allo staff del consigliere delegato. Altrimenti la dialettica peggiorerebbe invece di migliorare. Intesa ama presentarsi come «banca di sistema», definizione che le ha attirato l’accusa di volersi dare finalità sociopolitiche, estranee alle imprese quotate.

Ora l’imminente rinnovo dei vertici della banca, originariamente previsto per il prossimo aprile, minaccia di rinfocolare tali critiche. Il rinnovo sta creando infatti un clima che ricorda più le dinamiche politiche e le stagioni delle «nomine» che quelle di una grande impresa. Il presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, ha detto che probabilmente l’assemblea per il rinnovo dei vertici sarà anticipata, essendo meglio «evitare la sovrapposizione con l’assemblea di bilancio che si tiene a fine aprile e le scadenze politiche».

«Pensate cosa significa fine aprile in Italia dal punto di vista politico. Se ci fosse un intasamento di queste date non sarebbe la cosa migliore». Bazoli è persona seria e stimabile, ma è difficile immaginare dichiarazioni simili in qualsiasi grande impresa in una democrazia liberale. Altra cosa sono i grandi kombinat in Cina o in Russia. In una vignetta di Altan, «Antò, u piccirullu tiene fame» dice la moglie al marito muratore, che risponde «Aspettiamo il congresso della Dc».

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Ed ecco un commento alla lettera di Giovanni Bazoli, tratto da Dagospia:

Tanto per rendere ulteriormente difficile la vita al suo direttore, Flebuccio de Bortoli, l’altro giorno sul “Corriere della Sera”, smessi i panni del banchiere d’investimento (presidente Pro Mac spa), il professor Salvatore Bragantini ha indossato quelli del catone (da guardia) per fare le bucce al Santo Protettore del quotidiano di via Solferino, Abramo Bazoli.

Tra un’occhiata ai “derivati” e l’altro al mercato obbligazionario, al Bragantini strabico non era sfuggita una frase di Bazoli con cui spiegava che, con ogni probabilità, Banca Intesa avrebbe anticipato il rinnovo dei suoi vertici prima della scadenza elettorale di aprile.

Per Bragantini – che a suo tempo fu nominato alla Consob forse solo per volontà della Madonna addolorata e non dal governo! (come fa notare Dagospia) -, c’era il rischio che si tornasse a quelle “dinamiche politiche” e alle stagioni aborrite (quando riguardano gli altri tecnici) delle nomine partitocratiche (vedi articolo). La replica di Nanni Bazoli è arrivata puntuale domenica nelle pagine economiche del Corrierone.

Giusto, osservava il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo, il richiamo di Bragantini affinché la politica non intervenga “in qualsiasi forma” nel rinnovo dei vertici di una banca. Quanto al suo riferimento alle elezioni politiche della primavera 2013, egli intendeva alludere non a possibili interferenze politiche, ma al “rischio di una nuova ondata speculativa contro l’Italia e il suo debito sovrano” al momento, in buona sostanza, del trapasso da un governo tecnico (Monti) a uno presumibilmente politico.

Bazoli, in linea con il Napo-Colle, replicando a Bragantini in buona sostanza fa “politica”, pur ribadendo di voler combattere le “interferenze politiche” (altrui).Vecchia storia si dirà. La “politica” è “buona” se ti promuove (nomina) e “cattiva” se vuole metterci il becco. Nella diatriba Bazoli-Bragantini, ovviamente Flebuccio de Bortoli e il “Corriere della Sera” si sono limitati a fare da notai.

Eppure al presidente di Sorveglianza di Banca Intesa e ai lettori del quotidiano di via Solferino andrebbe ricordato che nel lontano 1982 Abramo Bazoli fu chiamato a salvare il Banco Ambrosiano dal crack Calvi e il “Corriere della Sera” – finito nelle mani delle P2 -, dal suo amico di “corrente” Dc (la sinistra di Base), Beniamino Andreatta.

E che per imporre quella scelta (nomina bancaria dell’avvocato Bazoli), Andreatta, Giovanni Marcora e la segreteria Dc, guidata allora da Ciriaco De Mita, dovettero affrontare la durissima ostilità del Vaticano (che voleva insabbiare lo scandalo Ior), del Psi di Bettino Craxi e di buona parte della diccì schierata con Giulio Andreotti.

Un braccio di ferro che solo Beniamino Andreatta scontò pesantemente con l’esclusione da incarichi ministeriali per oltre tre lustri per un veto vendicativo del Vaticano. Ma, forse, in queste lunga stagione degli inganni e delle mezze ammissioni, affermare la verità resta, secondo il pensiero di George Orwell, ancora un “atto rivoluzionario”.

Ma una domanda sorge spontanea: perché Abramo Bazoli, nume tutelare di se stesso, sente il bisogno in pochi giorni di scrivere due volte ai giornali, qualche giorno fa al Fatto e poi al Corriere, firmandosi come un bancario qualunque in cerca di visibilità e non invece facendo trapelare le sue illuminate volontà a mezzo di “retroscena”, analisi molto ispirate o semplici veline del suo ufficio stampa, come ha sempre fatto sinora?

Gli uscieri di banca intesa si sono interrogati per l’intero weekend e hanno messo insieme i seguenti pezzi:

1- Abramo, che pure e’ stato il grande ispiratore dell’Ulivo prodiano seguendo la linea di Andreatta e dunque il riferimento bancario assoluto della sinistra cattolica (tanto assoluto e nobile da lasciare liberi gli alleati ex Pci a dilettarsi con il Monte dei Paschi sino a rischiare di distruggerlo), sente che le sabbie mobili avanzano anche nel caso sia l’allegra brigata di Pd e soci a vincere le elezioni e mette le mani avanti conoscendo i suoi polli.

2- Non sia mai poi che qualche esponente del governo tecnico, tipo Passera, ex Ad di Banca Intesa, voglia immischiarsi, anche se ripete di non essere un politico ma smania molto per diventarlo?

3- E tutto questo poi per sostituire o confermare il professorino Beltratti? La guerra nucleare preventiva solo per questo non e’ credibile, avvisano gli uscieri più navigati.

4- Nel mezzo al Prof Abramo scappa una notizia, o quantomeno una profezia: c’e una “possibile fase critica” dei mercati in arrivo. Allora, meglio chiudere i giochi prima.

5- E se invece il Prof, che di suo e’ il contrario della eterea icona mediatica che gli e’ stata costruita intorno, si e’ semplicemente stancato di stare dietro le quinte e reclama, all’alba dei suoi ruggenti Ottanta, la sua brava “visibilità”? In tal caso, la controprova e’ semplice: se entro qualche settimana lo vedremo con un’intervista sulle pagine del ‘’Financial Times”, come l’ex gemello Cesare Geronzi, allora sapremo per certo che il motivo vero delle sue lettere ai giornali e’ solo quest’ultimo. E, come gia’ avvenuto al gemello romano, la frittata sarà definitivamente fatta: sopra il cielo dei bancari non ci sara’ più nessuno.