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I BANCHIERI DI STATO A VOLTE RITORNANO

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La Banca del Mezzogiorno creata dal governo segnerà il ritorno dei banchieri di Stato. Ne sono convinti gli economisti Tito Boeri e Fausto Panunzi, che in un articolo sul sito di approfondimento ‘Lavoce.info’ criticano fortemente il nuovo istituto voluto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. “Il sospetto – scrivono i due economisti – è che la Banca del Mezzogiorno non avrà come bussola nella sua attività la redditività dei suoi impieghi. Ma allora quali saranno i criteri con cui allocherà i fondi? Di solito, in questi casi, prevalgono criteri politici”.

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A quali esigenze, chiedono Boeri e Panunzi, “risponde la Banca del Mezzogiorno? Secondo il ministro ‘in questa banca non si parlerà inglese. La nostra logica, la nostra visione è quella dell’albergo che vuole ampliarsi, del comune che vuole fare un centro congressi, dell’esercente di uno stabilimento balneare che vuole aprire una pizzeria’. Sul fatto che non si parlerà inglese, non abbiamo dubbi, purtroppo. Qualche dubbio in più lo abbiamo sul resto”. Tremonti, infatti, “non tocca il vero punto: perchè oggi le banche non finanziano la pizzeria o l’albergo del Sud? Ci sono due possibilità”.

“La prima – spiegano – è che le nostre banche siano pigre, incapaci o non interessate a valutare il merito di credito delle piccole imprese. Banche che si accontentano di controllare se l’imprenditore ha delle garanzie. Questo è possibile, ma se questo è il problema, allora la risposta è nel cercare di promuovere una maggiore concorrenza nel settore bancario. O si pensa veramente – evidenziano i due economisti – che la nuova banca potrà rappresentare uno stimolo alla concorrenza? Quali saranno le competenze, il capitale umano della nuova Banca del Mezzogiorno, che le consentiranno di essere più efficiente delle banche che oggi operano al Sud?”.

È vero “che oggi il Sud vanta una minore presenza di sportelli bancari che il resto del paese: 35 ogni mille abitanti contro 50.
Ma la presenza fisica e capillare sul territorio non è certo garanzia di maggiore capacità di finanziare progetti meritevoli, sostenendo così lo sviluppo locale”. La Sicilia, infatti, è una Regione molto “banchizzata e irrorata di credito (più che d’acqua) ma non vanta certo condizioni di sviluppo superiori al resto del Mezzogiorno”.

“La seconda possibilità – continuano Boeri e Panunzi – è che le banche raccolgano risparmio al Sud, ma investano principalmente al Nord perchè al Nord ci sono progetti migliori o meno rischiosi. Se veramente la Banca del Mezzogiorno avrà azionisti privati, perchè dovrebbero accettare di fare minori profitti e di prendere più rischi? In cambio di cosa? Il sospetto è che la Banca del Mezzogiorno non avrà come bussola nella sua attività la redditività dei suoi impieghi”.

“Ma allora – chiedono gli economisti – quali saranno i criteri con cui allocherà i fondi? Di solito, in questi casi, prevalgono criteri politici. Basta guadare alla recente storia italiana. Le cosiddette banche di interesse nazionale (Bin) hanno prestato massicciamente a gruppi imprenditoriali vicini a partiti o a uomini politici, realizzando perdite ripianate poi dallo Stato. È ancora viva la memoria delle riunioni sulle nomine bancarie tra esponenti delle forze di governo e Banca d’Italia, una lottizzazione meno simile a un mercato delle vacche. Le notti delle nomine – concludono Boeri e Panunzi – erano una delle poche cose del passato di cui nessuno, a parte il ministro Tremonti, sembrava sentire la mancanza”.

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