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(WSI) –
È atteso per oggi l’approdo al Consiglio dei Ministri della riforma del sistema radiotelevisivo targata Paolo Gentiloni. Una riforma «blanda» sotto molti punti di vista ma che naturalmente non lascia indifferente Mediaset («Certamente non siamo contenti» ha detto ieri il presidente Fedele Confalonieri), soprattutto per via della reintroduzione del tetto pubblicitario tv del 30%, telepromozioni incluse.
Tuttavia sulla bilancia del mercato non sono tanto (o solo) gli aspetti regolamentari a pesare, quanto piuttosto il modello di business dell’azienda che fa capo alla famiglia Berlusconi. Sono di questo parere gli analisti di Hsbc che ieri hanno avviato la copertura del titolo del Biscione con rating underweight e target price a 7,7 euro contro la chiusura di ieri di 8,64 euro. Leggermente migliore la valutazione espressa sulla controllata spagnola Telecinco, cui è stato attribuito un giudizio neutral con prezzo obiettivo a 22,3 euro rispetto a una quotazione che ieri si è attestata a 20,57 euro.
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Come mai? Secondo Hsbc è lo stesso modello di tv commerciale a fare acqua: «La digitalizzazione dell’industria dei media – scrivono gli analisti – sta dando luogo a una serie di cambiamenti che rivoluzioneranno i modelli di business dei player del settore». E Mediaset si trova in una posizione di svantaggio rispetto a competitor quali Sky Italia, Telecom e Fastweb. L’alta definizione, l’interattività, e lo streaming on demand sono la sfida del futuro che satellite e Iptv hanno già colto.
Il successo commerciale delle piattaforme concorrenti – sostengono gli analisti – sta frammentando l’audience incidendo sulla raccolta pubblicitaria che nel 2005 ha costituito il 94% delle entrate italiane di Mediaset. E il posticipo dello switch off dall’analogico al digitale terrestre (inizialmente atteso per la fine del 2006, poi rinviato al 2008 e, infine, al 2012) non gioca certo a favore del gruppo di Cologno.
Tra le opportunità di crescita del gruppo, quindi, Hsbc suggerisce un rafforzamento sul piano della vendita dei contenuti agli operatori di pay-tv. «Il passaggio più ovvio – sottolinea poi lo studio – sarebbe però l’ingresso nella telefonia», anche se le limitazioni legislative in merito non mancano. Situazione più rosea, invece, quella di Telecinco che dovrebbe godere di una minore pressione competitiva e di una maggiore autonomia sul fronte della produzione di programmi.
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