Per le Pmi che intendono sbarcare sul mercato della Cina continentale per vendere, comprare o produrre, non esiste luogo migliore di Hong Kong per fissare la propria base. Lo afferma Fred Lam, direttore esecutivo dell’Hktdc-Hong Kong Trade Development Council, durante un incontro con la stampa internazionale organizzato nel centro esposizioni dell’ex colonia britannica. Un messaggio rivolto, in particolare, alle Pmi italiane. “Se le Coca Cola o la Ibm – premette Parker Robinson, addetto corporate communications dello stesso ente – vogliono aprire una filiale in Cina, probabilemente non passano da noi”, ma le imprese di dimensioni più piccole sì”. Una valutazione utile anche alla luce dell’obiettivo, confermato tre settimane fa dal ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, e dal collega cinese, Li Zhaoxing, di “raddoppiare nei prossimi cinque anni il valore dell’interscambio commerciale Roma-Pechino. Il vantaggio principale di Hong Kong, spiega il direttore dell’ente fondato 40 anni fa per promuovere il commercio estero, consiste nella presenza di un sistema giuridico autonomo da quello di Pechino”. La Regione ad amministrazione speciale di Hong Kong controlla infatti autonomamente tutti gli aspetti del proprio Governo, salvo la politica estera e la difesa. Un fatto che, unito alla presenza di una valuta ancorata al dollaro, del centro logistico più attivo del mondo e del terzo mercato borsistico dell’Asia, permette alle società dell’isola, siano esse fondate con capitale straniero o meno, di rappresentare oggi il 45 per cento degli investimenti “esteri” nelle principali città della Cina continentale. Nella regione meridionale cinese del delta del Fiume delle Perle, quella dallo sviluppo più impetuoso e di giocattoli, le aziende di Hong Kong, oltre 60mila con 10 milioni di dipendenti, sono da quasi 25 anni i principali motori della crescita. Un risultato ottenuto anche grazie a un accordo di libero scambio, il Cepa, che toglie le tariffe d’ingresso. “Fino a 10 anni fa le aziende estere si rivolgevano a noi – aggiunge Lam – solo per le produzioni a basso costo, ma questa epoca è finita. Oggi ci proponiamo come marketplace per il design e l’innovazione e il mercato della Cina continentale, con già 150 milioni di persone dal reddito di almeno 20mila dollari Usa all’anno, è in continua espansione”. A differenza delle Regioni italiane che, con le proprie iniziative all’estero, sono talvolta accusate di pestarsi i piedi a vicenda vanificando gli sforzi del sistema Paese, l’ente per il commercio estero di Hong Kong, finanziato per la maggior parte dal Governo locale, non teme la concorrenza della Cina continentale. Con il Ccpit-China Council for the Promotion of International Trade, spiegano, c’è piena collaborazione, facilitata dal fatto che sembra esserci spazio per tutti. “Un tempo – conclude Lam – ci chiedevano se avessimo paura di Singapore. Oggi ce lo chiedono a proposito di Shanghai o di Pechino, ma il punto di riferimento rimaniamo sempre noi”.
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