Società

‘HO SPIEGATO LA RETE DEI DS, MA NON VEDO
RISVOLTI PENALI’

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(WSI) – I colloqui con molti esponenti del contropatto di Bnl, il ruolo di Giovanni Consorte, i vertici della Quercia, la ragnatela tessuta dagli uomini vicini al Botteghino. La testimonianza resa da Silvio Berlusconi ai magistrati di Roma si è dipanata lungo queste direttrici. Poco più di mezz´ora per raccontare la sua versione dei fatti sulla scalata alla Bnl. Una manciata di minuti per offrire la sua lettura dei fatti sotto inchiesta: sulla base dei contatti avuti con gli imprenditori coinvolti in maniera attiva o passiva nel tentativo di Unipol di arrivare al controllo della banca romana.

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Un «contributo testimoniale» che però lo stesso presidente del consiglio, una volta tornato a Via del Plebiscito, ha sminuito sintetizzato con queste parole: «Credo di non aver detto nulla di penalmente rilevante». Eppure ai pm di Roma il Cavaliere ha consegnato una memoria scritta e quindi ha fornito verbalmente al procuratore Ferrara un breve resoconto verbale. Un racconto in cui Berlusconi ha cercato soprattutto di mantenere la linea seguita negli ultimi giorni.

Gli «elementi ulteriori» di cui ha parlato a “Porta a Porta”, allora, riguardavano soprattutto i colloqui che in questi mesi, e anche nell´ultima settimana, ha avuto con quasi tutti i soci della Banca nazionale del lavoro. In particolare con quelli che hanno rinunciato alle loro azioni. Davanti ai magistrati, insomma, il premier alcuni nomi l´ha fatti. Non lo smentisce la procura e non lo nega nemmeno il suo avvocato, Nicolò Ghedini, che lo ha accompagnato fin dentro i locali di Piazza Adriana pur senza prendere parte alla testimonianza.

Ha citato i cosiddetti immobiliaristi, Giuseppe Statuto o Danilo Coppola, e anche un altro importante esponente del contropatto come Francesco Gaetano Caltagirone. Spiegando di aver avuto occasione di discutere con loro incidentalmente e indirettamente di quel che stava accadendo nell´assetto societario dell´Istituto di Via Veneto. Confronti dai quali aveva ricevuto la netta sensazione che i «vertici Ds» avessero esercitato tutta la loro pressione affinchè i pacchetti azionari venissero ceduti a Consorte, in quel momento ancora numero uno di Unipol. Secondo il premier, il Botteghino è riuscito a costruire una rete di protezione intorno a Consorte che passava attraverso una sorta di moral suasion nei confronti dei contropattisti.

Con i magistrati, però, il premier ha fatto di tutto affinchè il suo contributo non desse il via ad un altro filone di indagine. E soprattutto ha evitato che il suo coinvolgimento rimanesse limitato a questa testimonianza. Non a caso è stato proprio l´inquilino di Palazzo Chigi ad accelerare i tempi dell´appuntamento con Ferrara. In un primo momento la riunione era stata fissata per questa mattina ma il Cavaliere ha voluto stringere i tempi per non creare un´altra giornata d´attesa. Non voleva attribuire troppa enfasi alle sue «rivelazioni». Non a caso è ricorso ad un escamotage da vero trasformista per tenere lontani stampa e televisioni: anziché raggiungere Piazza Adriana con la sua macchina, si è infilato nel Van della scorta con i vetri oscurati.

Sta di fatto che da giorni Berlusconi e il suo legale-deputato Ghedini stavano mettendo a punto la strategia per tenere alta la tensione sul caso Unipol-Quercia. «Il presidente Berlusconi – ha poi chiarito proprio l´avvocato – è venuto a conoscenza di questi elementi negli ultimi giorni. Ed è stata una mia iniziativa quella di consigliargli di riferirli all´autorità giudiziaria. Abbiamo ritenuto opportuno che lo facesse dal punto di vista tecnico-giuridico e non politico». Ma evidentemente il “gioco” gli è scivolato dalle mani. Per dirla tutta, Ghedini arriva addirittura ad ammettere che «dal punto di vista politico sarebbe stato meglio non andare in procura. Ma da avvocato ho ritenuto che ci dovesse andare». In effetti il capo del governo nella giornata di ieri non ha nascosto ai suoi di essersi fatto «scappare la frizione» con Bertinotti. Voleva sì accendere i riflettori sul coinvolgimento del Botteghino nell´assalto alla Bnl, ma senza farsi tirare personalmente dentro l´inchiesta. «Mi dici che è un errore? – ha risposto ad un alleato – Può darsi. Per ora non credo, ma può darsi».

Dopo il faccia a faccia con il segretario del Prc, però, l´appuntamento con i pm non era più evitabile. Il procuratore Ferrara i suoi tre sostituti hanno ascoltato le parole del Cavaliere con molta prudenza. Hanno rivolto al presidente del consiglio qualche domanda ma non hanno adottato alcuna decisione, e si sono riservati di effettuare degli «approfondimenti». Con i ministri e i collaboratori incontrati in serata, invece, il Cavaliere è stato forse più esplicito che con i magistrati. Ha dato per scontato che «D´Alema e Fassino» fossero intervenuti su alcuni soci della Bnl per invitarli a cedere le loro azioni a Consorte. E ha fatto riferimento al parlamentare diessino Nicola Latorre come ambasciatore della Quercia presso gli imprenditori impegnati nella stessa scalata.
Uno sfogo provocato anche dalle critiche che gli sono piovute addosso dagli alleati. Sia Gianfranco Fini, sia Pier Ferdinando Casini, infatti, non hanno lesinato critiche. Hanno fatto sapere al Cavaliere di non condividere la sua mossa. E all´unisono i due lo hanno avvertito: «Può essere un boomerang e poi così non si regge la campagna elettorale».