In un periodo in cui la volatilita’ ha fatto la parte del leone sui mercati finanziari, gli investitori cercano nuove opportunita’ che offrano rendimenti allettanti e che siano meno soggette ai forti sbalzi presenti sul mercato azionario.
Il settore dei corporate high-yield bond rappresenta una valida alternativa alla classica diversificazione del portafoglio in titoli di Stato e azioni. Negli ultimi due anni, infatti, l’HY ha dato risultati migliori dell’azionario.
RENDIMENTI PER SETTORE | ||||
2 ANNI | 2001 | 2002 YTD | ||
ML HY MASTER | -3,4% | 6,2% | -8,1% | |
SALOMON HY | -3,7% | 6,9% | -8,6% | |
S&P500 | -34,0% | -13,9% | -18,7% | |
DOW JONES | -23,0% | -7,0% | -16,2% | |
NASDAQ COMP. | -60,0% | -21,0% | -31,0% | |
Fonte dati: ML, Salomon, S&P, Dow Jones, Nasdaq |
Il vantaggio di questa ‘asset class’ sta nel fatto che storicamente ha fornito risultati simili al mercato azionario (intorno al 10-11% annuo), ma con un livello di volatilità che e’ la metà di quello dell’equity (8-9% contro 16-18%). Secondo gli esperti, l’high-yield e’, insieme agli emerging market (che però sono molto più volatili), il settore più promettente. È per questo che, in prospettiva, il mercato HY costituisce un’alternativa molto attraente. Oltretutto, siamo in un momento in cui i rendimenti e lo ‘spread’ (cioe’ la differenza fra il rendimento medio dell’indice e il rendimento medio del titolo di Stato benchmark senza rischio credito) sono ai massimi storici: il che indica che il mercato puo’ essere considerato “conveniente”.
Ma andiamo per gradi…
Innanzitutto, che cosa si intende per ‘high-yield market’? Spesso il termine ‘high-yield’ e’ usato impropriamente per indicare obbligazioni emesse da Stati di Paesi emergenti. L’espressione HY si riferisce esclusivamente ai corporate bond (cioe’ obbligazioni emesse da società) con rating al di sotto di ‘Baa3’ presso Moody’s e di ‘BBB-’ presso Standard & Poor’s.
Gli high-yield bond scontano inoltre la definizione peggiorativa di “junk bond” (letteralmente obbligazioni spazzatura) utilizzata dai media. La stampa italiana lo ha spesso definito un mercato di società decotte. Anche questa espressione non e’ del tutto corretta. Non c’e’ dubbio che nel mercato HY vi siano società di questo tipo: generalmente, però, ci si riferisce a emittenti del genere con il termine ‘distressed’, una categoria a parte per la quale esistono hedge fund e gestori specializzati. Essa comprende i titoli con rating ‘CCC’ in giù e quelli che si quotano a spread di oltre 1000 b.p. rispetto al benchmark, indipendentemente dal rating (il mercato le percepisce come ‘distressed’ indipendentememente dal giudizio delle agenzie).
Il basso rating degli high-yield bond implica un alto rischio di default e un alto rapporto fra indebitamento e capitale di rischio, ma cio’ non indica necessariamente l’esistenza di una crisi finanziaria. Normalmente si tratta di società che decidono per motivi strategici di avere una struttura del capitale con una leva molto elevata (cioe’ un alto livello di debito rispetto al capitale apportato dai soci). Per l’azionista che crede nella crescita della propria azienda è un modo per finanziarla senza diluire la propria proprietà.
All’interno del mercato HY c’è la sottocategoria dei cosiddetti ‘fallen angel‘ (angeli caduti), che negli ultimi due anni sono aumentati vertiginosamente, fino a rappresentare quasi il 30% del totale. Si tratta di titoli che avevano un rating di ‘investment grade’, ma che in seguito a una fase di crisi hanno subito uno o più downgrade fino ad arrivare allo status di high-yield. Tra i ‘fallen angel’ troviamo nomi altisonanti: Xerox, Lucent, Nortel, Tyco, American Airlines, e societa’ in amministrazione
controllata come Worldcom per citarne alcune. E la nostra Fiat e’ a un solo grado di distanza.
Un altro mito da sfatare è il fatto che l’high-yield sia un mercato ristretto, fatto di piccole emissioni e poco liquido. E’ invece un mercato di circa $700 miliardi e quasi 3.000 emittenti, che rappresenta il 20-25% di tutto il comparto dei corporate bond negli USA. Le emissioni sono in media di $250 milioni, e vanno da $50 milioni a oltre $10 miliardi. Molte delle società emittenti, inoltre, sono market leader nel proprio settore, con fatturati di decine di miliardi di dollari.
L’high-yield è meno liquido dell’azionario e dei corporate investment grade, uno dei motivi per cui offre rendimenti superiori alla media del mercato. In ogni caso, a parte alcune emissioni particolarmente notevoli, si tratta di un settore più adatto a investitori istituzionali. Esiste una quotazione ufficiale al FIPS (Fixed Income Pricing Service) della borsa di New York, ma l’HY resta un mercato OTC (over the counter), con scambi dal milione di dollari in su, effettuati direttamente con i dealer (le investment bank o i broker specializzati).
È possibile scambiare tagli piccoli, a partire da $5.000-$10.000, in quanto alcuni broker offrono il servizio al retail, ma in questo caso i ‘bid-ask spread’ (differenza tra la quotazione in acquisto e in vendita) sono veramente onerosi. Considerato poi il rischio di credito elevato di ciascuna emittente, è sconsigliabile investire in singoli titoli, ed è invece fondamentale diversificare. In Italia, alcune banche commerciali acquistano singoli titoli HY per poi rivenderli alla clientela in tagli piccoli, come e’ avvenuto con tanti titoli argentini e di altri Paesi emergenti. Ma attenzione a questo genere di acquisti: come già detto, non solo il rischio di credito è elevato, ma la liquidità per un piccolo investitore può essere molto penalizzante.
Il modo migliore, per investire in HY è attraverso un fondo specializzato in grado di offrire una buona diversificazione per settori ed emittenti e di analizzare il rischio di credito con l’analisi fondamentale (esattamente come si fa per lo ‘stock picking’).
Pur trattandosi di obbligazioni, la sensibilità ai movimenti dei tassi è molto ridotta, e lo è tanto più quanto più basso è il rating, motivo per cui per la quotazione del bond contano più i risultati societari che i movimenti dei tassi. Pur essendo bond con scadenza generalmente a 10 anni (lo spread si misura sui Treasury a 10 anni), la ‘duration modificata’ (che indica la sensibilità del prezzo dell’obbligazione ai tassi) è in media abbastanza corta (intorno al 4-4,5%). La correlazione con i tassi è infatti molto bassa, mentre è ben più alta, ma non eccessiva, quella con l’azionario.
Date queste correlazioni, l’high-yield si trova in una fascia intermedia fra il mercato azionario e quello dei titoli di Stato legato al ciclo dei tassi, e consente di migliorare la diversificazione dei propri investimenti (è preferibile avere ‘asset class’ che non si muovono tutte insieme in positivo o in negativo). Poiche’ generalmente questi due mercati si muovono in direzione opposta, l’HY riesce spesso a beneficiare di due forze contrastanti: se l’equity scende, l’impatto su questi bond è negativo, ma allo stesso tempo anche i tassi scendono e tendono a dare sostegno alle obbligazioni e alle imprese che devono finanziarsi (il costo del finanziamento tende a scendere).
L’aspetto veramente interessante del mercato high-yield è l’elevato flusso cedolare che remunera l’investitore. In pratica si riceve un elevato reddito semestrale (cosa che con le azioni non accade) che fa da cuscinetto rispetto ai movimenti dei prezzi. Le cedole medie di questi bond sono approssimativamente del 9-10%, e cio’ consente una certa stabilità di rendimenti. Idealmente, per un portafoglio diversificato il gestore farebbe dei grandi risultati se riuscisse a mantenere piatti i prezzi e incassasse semplicemente le cedole. Il 90% della performance del comparto HY viene proprio dal flusso cedolare.
Ma quali sono i fattori che influenzano il mercato high-yield? Innanzitutto l’andamento dell’economia. Se i profitti crescono, aumenta il cash flow delle aziende e la capacità degli emittenti di pagare interessi e capitale. Gli upgrade e i downgrade delle società di rating fanno la loro parte, anche se molto spesso il mercato anticipa le agenzie. Le condizioni di liquidità e di credito disponibile per le imprese sono un altro elemento fondamentale. Per esempio, in questo momento prevale un atteggiamento negativo da parte degli investitori, che fa sí che i rendimenti (e gli spread rispetto ai titoli di Stato) siano molto elevati. Ma in questo modo aumenta anche il ritorno per il rischio assunto.
Il rapporto rendimento/rischio del settore HY è elevato e, a paragone, più attraente di altri mercati. Un’altra variabile da tenere presente è il tasso di default, che oggi e’ a livelli storicamente molto elevati. Siamo intorno al 10%, in leggera flessione rispetto al picco di qualche mese fa dell’11%, che non si registrava dal 1990. Il tasso di default non è pero’ un buon indicatore del futuro andamento del mercato. È accaduto spesso che in anni con alti tassi di default si siano avute grandissime performance. Generalmente gli spread danno un’indicazione del tasso di default futuro, come anche il rapporto fra upgrade e downgrade, o meglio il fatto che il trend acceleri o deceleri.
Il gestore deve impegnarsi a evitare i default nel proprio portafoglio e a vendere un bond il cui rischio di credito sia aumentato e che non sia pagato adeguatamente. È anche per questo che una gestione attiva da parte di un piccolo risparmiatore è abbastanza difficile.
Le prospettive del mercato, in un’ottica comparata rispetto ad altri tipi di asset, sono abbastanza favorevoli. Yield e spread sono a livelli record, il che indica che il mercato può essere in ipervenduto, oppure sottovalutato. Il tasso di default sembra diminuire e i bilanci di molte emittenti sono più “sani” dopo la crisi post-bolla. La qualità dei bond emessi negli ultimi due anni è mediamente aumentata, anche a causa di una maggiore severità degli investitori. E cio’ implica una minore probabilità di default futuro.
Nei prossimi 3-5 anni, in uno scenario prudente non è improbabile ottenere dei rendimenti del 7-9% l’anno (in uno scenario ottimista i rendimenti potrebbero essere anche a due cifre). Ci sono gestori che anche in anni drammatici (come il 2002), perdono solo l’1-2%, e che non hanno mai chiuso un anno in negativo, motivo per cui offrono una buona protezione del capitale. Il 2002 è stato un anno di record negativi a partire dagli shock di giugno. Lo scandalo Worldcom ha fatto registrare la perdita mensile più ingente mai portata a casa dal mercato: -7,1%. Worldcom ha un po’ falsato il mercato, in quanto si trattava di un investment grade bond passato rapidamente alla bancarotta, ma che si è fermato per qualche mese nella zona HY. In seguito ha fatto la sua parte l’ondata di scandali e notizie sconfortanti, che ha reso il market sentiment molto negativo verso tutto ciò che non è esente da rischi.
Il comparto high-yield soffre molto, come il mercato azionario, nei momenti di forte crisi di fiducia e di “flight to quality”: si vendono HY bond e si comprano titoli di Stato. Ma spesso è in questi momenti che si presentano grandi opportunità. Per l’equity nessuno si aspetta piu’ i rendimenti degli anni Novanta, e si pensa a un fenomeno di ritorno alle medie storiche (8-9%), se e quando il bear market sarà finito. Se invece valutiamo il mercato dei titoli di Stato con duration non corte, in questo momento potrebbe essere pericoloso (in un’ottica non di breve periodo). I tassi sono veramente bassi e potrebbero essere vicini al fondo. Anche l’investment grade offre prospettive discrete, ma è molto più esposto al ciclo dei tassi.
Valutando l’effetto di un ritorno verso le medie storiche, il fatto che l’high-yield abbia avuto negli ultimi quattro anni rendimenti inferiori alla media storica potrebbe rafforzare l’ipotesi di una buona opportunità d’investimento, soprattutto in un’ottica di medio-lungo periodo. Il basso rating degli HY bond, pur implicando un rischio piu’ elevato, lascia prevedere uno spettro piu’ ampio di possibilita’ di miglioramento rispetto a quelle di peggioramento.
*Gianluca Galletto e’ gestore di Muzinich & Co.