New York – Il mondo degli hedge fund perde la scommessa sul comparto delle materie prime. Srando a quanto riporta Bloomberg, nella settimana terminata il 1° maggio, i money manager hanno incrementato le posizioni nette lunghe detenute sui principali 18 futures e opzioni relativi al settore del 6,9%, portando i contratti a quota 895.240. Si è trattato del rialzo delle scommesse più forte dal 28 febbraio, stando a quanto ha reso noto la Commissione sui Trading dei Futures sulle Commodity. Di fatto, il numero dei rialzisti sul rame è salito di ben sette volte.
Questo, prima di assistere al crollo dell’indice di riferimento Standard & Poor’s GSI Spot Index, che rappresenta la performance di 24 commodity che, nelle tre sedute terminate lo scorso 4 maggio, è scivolato del 4,9%, riportando la perdita maggiore dal 4 ottobre del 2011.
Complessivamente, complice la comunicazione di dati che hanno confermato come l’economia globale debba far fronte ancora a molte sfide, l’indice ha concluso la scorsa settimana con una flessione del 4,5%, al ritmo maggiore dal 16 dicembre scorso. Sotto i riflettori soprattutto il tonfo registrato dai prezzi del petrolio, che è sceso venerdì scorso sotto la soglia psicologica dei $100 al barile per la prima volta da febbraio. Eppure gli speculatori avevano nei giorni precedenti aumentato le scommesse su prezzi del petrolio più elevati del 12% a 219.817 contratti, al ritmo più forte dallo scorso 14 febbraio. Nulla da fare: la scorsa settimana le quotazioni del greggio sono scese del 6,1% sul New York Mercantile Exchange.
“I prezzi dei prodotti agricoli e le commodities legate all’energia molto probabilmente saranno trascinate al ribasso a causa delle preoccupazioni legate al tasso di crescita più debole negli Stati Uniti e per le notizie negative in arrivo dall’Europa – ha detto, intervistato da Bloomberg, Stephen Hammers, responsabile degli investimenti presso i fondi di Compass EMP, con sede nel Tennessee – Le stime sono per notizie che non saranno così confortanti come nel quarto trimestre.
Il futuro dell’indice S&P GSCI è cresciuto più dell’80% dal dicembre 2008 fino al giugno del 2011, sulla scia anche delle misure di quantitative easing promosse dalla Fed, che ha acquistato titoli di debito per un valore di $2,3 trilioni in due round diversi, mantenendo il costo del denaro a livelli record. Ma questa volta la comunità degli hedge fund ha sbagliato, non considerando i rischi provenienti dai fondamentali dell’economia.