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(WSI) –
Le Borse mondiali hanno preso sonore scoppole. Ribassi, spesso additati alla spregiudicatezza degli hedge fund che, peraltro, sarebbero essi stessi penalizzati dalla pioggia di vendite. Una situazione che corrisponde alla realtà? Non proprio: nel primo semestre 2007, questi prodotti hanno registrato la migliore performance degli ultimi otto anni. In termini dell’indice Credit Suisse/Tremont (vedi grafico in basso) l’attivo netto è stato dell’8,7 per cento. Un dato che non si vedeva dal 1999. E neppure la crisi dei mutui ipotecari e del credito negli Stati Uniti sembra incidere sul dinamismo degli hedge. Accanto ai guai di Bear Stearns, Braddock Financial (fondo Galena Street) e Ucmh (fondi Horizon) ci sono le fortune di coloro che hanno preso posizioni corte come Paulson Credit Opportunities il quale, a fine giugno, evidenziava un guadagno del 129 per cento.
Ma non è solo questione di modalità d’operazione. Anche il mercato «geografico» fa la differenza. Così, per esempio, in Asia, i prodotti dedicati al Sol Levante vengono soppiantati da quelli che investono in Cina. La più grande casa alternativa del continente resta la nipponica Sparx Asset Management con un attivo totale di 6,65 miliardi di dollari, ma si stanno facendo strada rapidamente anche Value Partners (basato ad Hong Kong) e Arisaig Partners (con sede a Singapore), rispettivamente con 5,77 e 2,1 miliardi di dollari. Le due realtà del Far East hanno scalzato dalle top ten i gruppi di Tokyo Myojo Asset Management e Plaza Asset Management. Al di là di queste nuove classifiche, quali sono gli hedge fund che realmente stanno dando il meglio di sé? E chi, invece, sta pagando pegno?
I PROBLEMI DELL’HIGH YIELD. Tra le principali strategie, solo gli Event Driven dovrebbero segnare il passo in modo sensibile a causa della perdita di valore delle obbligazioni ad alto rendimento (corporate bond e leveraged loans): l’Msci Hedge Invest Index evidenzia un ribasso addirittura del 5,58 per cento. Di più: il rischio che i fondi di private equity non siano in grado di reperire i finanziamenti necessari per finalizzare le acquisizioni annunciate ha messo alle corde i Merger Arbitrage. Anche gli spread su operazioni considerate a prova di bomba, come il Lbo dell’operatore di case da gioco Harrah’s Entertainment (offerta in cash a 90 dollari per azione da parte di Apollo e Texas Pacific), si sono ampliati al di là di ogni logica.
DIETRO AI DATI AGGREGATI. Anche altri fonfondi hanno sofferto, per quanto una nota di metodo sull’analisi degli hedge è necessaria: chi si occupa di prodotti alternativi sa quanto è pericoloso ragionare sui dati aggregati. L’esempio più chiaro è fornito dall’evoluzione a luglio dei Managed Futures, ovverosia dei trader che si muovono esclusivamente sui mercati a termine in base a considerazioni tecniche. Secondo Credit Suisse/Tremont si sarebbe verificato un vero crollo (-5,27% con un calo del 6,76% nell’ultima settimana), ma il Barclay Cta Index segna una variazione negativa di soli 64 punti base. E ci sono hedge, come il tedesco Tomac2, che hanno chiuso con performance a due cifre, portando il bottino da inizio anno al 18,84 per cento.
VENDITORI ALLO SCOPERTO. Ciò detto, tra le poche certezze c’è la vittoria dei venditori allo scoperto che a luglio dovrebbero aver guadagnato in media oltre il 4 per cento. Reynard International ha fatto molto meglio ottenendo il 7,3 per cento. Meno scontata, e quindi più lieta, la notizia del buon andamento degli arbitraggisti sul reddito fisso, avvantaggiati dal fenomeno di flight to quality. Prevedendo correttamente un minore appetito al rischio, Jb Global Rates ha puntato sui Bund realizzando un attivo dell’1,8 per cento.
Spiega il gestore Adrian Owens: «Il nostro trade più profittevole è stata la posizione corta sui tassi canadesi contro i corrispettivi Usa ed euro. L’economia locale tira moltissimo e, in virtù di un beta più basso, tende a sottoperformare nelle fasi rialziste». Il fondo, attivo anche sulle divise emergenti, ora scommette sulla rivalutazione della lira turca sulla corona ceca.
DAGLI EMERGING… Il miglior andamento degli Emerging Markets rispetto ai Long/Short Equity riflette l’outperformance delle Borse esotiche (+5%) nei confronti di Wall Street (-3,1% per l’S&P500). Tiedemann Global Em (+3,04% a luglio), dal canto suo, preferisce giocare in difesa: così si spiega l’attivo da inizio anno del 12,92% rispetto al 21,93% dell’indice Msci di settore. Anche dopo gli ultimi ribassi il gestore Steve Diamond non si fida: «L’esposizione netta di mercato è stata ridotta dal 28,7% al 15,6% nell’ultimo mese».
I principali investimenti si dirigono verso l’Asia, in particolare sulle Borse di Malaysia e Cina. Anche Martin Currie vede di buon occhio il Far East. Il responsabile dell’hedge asiatico Jason McCay non si fa intimorire dalla correzione: «Il riaggiustamento cui stiamo assistendo riguarda soltanto alcuni segmenti del settore finanziario statunitense. Le istituzioni asiatiche, memori della crisi di fine anni Novanta, hanno sempre mantenuto politiche di gestione conservative, quindi non esistono rischi di contagio». A riprova di come la discesa sia guidata solo dalla speculazione internazionale, e non dai fondamentali, ci sono gli acquisti netti effettuati dagli investitori locali.
Martin Currie Asia (+4,73% a luglio, +13,68% da inizio anno), invece, ha approfittato della debolezza per posizionarsi sui finanziari di Taiwan attraverso Ta Chong Bank. Dopo l’ingresso nel capitale da parte di Carlyle il mercato si aspetta un cambiamento nel management o l’arrivo di un altro investitore strategico e l’azione appare a buon prezzo.
… ALL’EUROPA. Lo scrollone del Dax ha messo sotto pressione molti hedge attivi in Europa. Rhine Alpha, ad esempio, è sceso del 5,6% patendo il malessere di alcune piccole capitalizzazioni elvetiche.
Molto solido, invece, il risultato di Aster-X Europe (-0,57%). Il fondo ha approfittato del rimbalzo di Istambul dove Turkiye Garanti Bank e Yapi Kredi hanno guadagnato rispettivamente il 22% e il 15 per cento. Dopo Mosvold Jackup, l’hedge basato in Olanda continua a scommettere sulle aziende che forniscono servizi all’industria petrolifera, questa volta attraverso Ocean Rig: il gruppo norvegese resta la prima posizione in portafoglio con l’8% del nav.
A livello geografico la maggior presenza si riscontra in Grecia, domicilio di cinque delle dieci top holding: Intralot (6,52%), Marfin Popular Bank (5,41%), Marfin Investment Group (5,29%), Alapis Holding (4,27%) e Gek (3,78%). Pollice verso, invece, per l’industria delle costruzioni e dell’immobiliare iberica. In Spagna, il settore del real estate e il suo indotto sono considerati dai gestori in piena bolla speculativa.
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