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(WSI) –
«Non sono certo ottimista sul mercato azionario. Anzi sono convinto del prossimo ribasso dei principali indici». A pronunciare queste parole non è un semplice broker o analista, ma Tom DeMark, uno dei massimi guru dell’analisi tecnica, anche se lui ama definirsi un market timer, uno che sa leggere i tempi dei mercati, più che un analista.
Borsa & Finanza lo ha incontrato in occasione di un seminario organizzato a Milano da Intesatrade e dalla piattaforma finanziaria Bloomberg, e ha approfittato della ghiotta occasione per rivolgere all’autore di una serie di numerosi e noti indicatori e oscillatori qualche domanda sulle prospettive dei mercati.
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Mister DeMark, come mai questa visione negativa sull’azionario?
Le Borse stanno salendo ormai da quattro anni, e credo proprio che siano quasi arrivate al capolinea. Nel corso delle prossime settimane assisteremo a nuovi massimi degli indici azionari, sia negli Stati Uniti sia in Europa, ma al contempo sono in formazione, sia sui grafici settimanali sia su quelli mensili, una serie di «13» (il numero che identifica in alcuni indicatori di Tom DeMark, per esempio Sequential e Combo, la possibile fine di un movimento, ndr). Siamo cioè sempre più vicini all’esaurimento del trend crescente.
Meglio quindi cominciare ad alleggerire le posizioni sull’equity?
Direi proprio di sì, a mio parere non vi è più appeal in questa asset class. E nemmeno in termini di comparti vedo occasioni particolari. Le utility appaiono le uniche in grado di reggere il calo, ma si tratta solo di un battaglia di retroguardia. Perché rischiare quindi?
Neanche la statistica del ciclo presidenziale, secondo cui il secondo biennio del mandato presidenziale Usa è generalmente positivo, riuscirà a ribaltare la situazione?
Non credo proprio. Penso infatti che la vittoria dei democratici al Congresso sia stato un brutto segnale dal punto di vista dei mercati azionari, che sconteremo a partire dai prossimi mesi.
È così brutta quindi la situazione? Possibile che non vi sia nulla di positivo in giro per il mondo?
In realtà vi sono due investimenti che mi sento di proporre, e che a parer mio avranno risultati molto buoni. Ma è evidente che il rischio è elevato.
Quali sono?
Le due commodity più seguite, vale a dire oro e petrolio. Il greggio rimarrà ancora a lungo la materia prima che fa girare l’economia mondiale: ora il mio target sul future è di almeno 85 dollari al barile. Discorso analogo anche per l’oro. Con obiettivo a 1.200 dollari per oncia.
A parte le commodity, quindi, dove è meglio investire?
Obbligazionario di breve, T-bill a tre e sei mesi. Mi pare l’unica attività che possa garantire un buon rendimento con rischi veramente limitati.
E per un investitore europeo?
Anche. Dopo il calo del 2006, vedo molto positivamente il dollaro statunitense. Ecco che quindi per un europeo si profila un doppio guadagno: da una parte sfrutta il differenziale sui tassi, che vede favoriti gli Usa, dall’altra la rivalutazione del dollaro nei confronti dell’euro.
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