Questo articolo fa parte della serie Grecia fuori dall’euro
Roma – Imperversa il dibattito sulla possibilità che la Grecia esca dall’Eurozona e che abbandoni la moneta unica. Numerosi i calcoli e le stime fatte dagli analisti delle migliori banche e centri studi del mondo, sull’eventualità che tale evento si materializzi e sull’impatto che una simile decisione potrebbe avere sul futuro della Grecia e dei paesi della moneta unica.
La verità è che “nessuno può calcolare quali saranno i costi di un’uscita della Grecia dall’euro” e, come se non bastasse, “nessuno sembra aver voglia di volerlo verificare sulla propria pelle”, sottolinea Thomas Risse, professore di politica internazionale presso la Free University di Berlino.
La cosa più sensata sembra dunque prendere spunti dalla storia, dai casi simili verificatisi negli ultimi anni. Nell’elenco spunta subito il nome dell’Argentina e gli sviluppi seguiti a quel default, di cui molti si ricorderanno ancora. Un periodo di sofferenza e sacrifici nel breve periodo, al quale è seguita una costante e progressiva fase di miglioramento. Caso comunque che Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, definisce “un parallelo imperfetto”, considerando anche il fatto che non vi è stato alcun cambio di moneta in quel caso, ma solo una forte svalutazione.
Più simile al caso Grecia potrebbe essere il caso della separazione in due stati distinti della Cecoslovacchia, quando nel febbraio 1993 la valuta fu divisa in corona ceca e corona slovacca, con cambio 1 a 1. La differenza qui sta nel fatto che la popolazione ha avuto tempo per adattarsi al cambiamento della moneta. Nell’eventualità di un’uscita della Grecia dall’euro questo sarebbe un percorso molto traumatico.
La svalutazione della moneta sembra essere, secondo le opinioni condivisa di economisti ed esperti, proprio il punto di forza sul quale Atene dovrebbe puntare per una ricostruzione post-euro. Un “riallacciamento” ai fondamentali economici del paese e del sistema produttivo locale, che adesso e’ escluso dalla solidita’ dell’euro, valuta che abbraccia un gran numero di stati con basi economiche differenti.
Escludendo l’inevitabile periodo di sofferenza nel breve termine, in un’ottica di medio periodo il paese avrebbe la possibilità di ritrovare la propria strada di crescita, in base alle caratteristiche intrinseche, alla struttura della forza lavoro e delle attività/capacità produttive. Ci sarebbe insomma la possibilità per la Grecia di ritornare a prosperare, grazie al “capitale umano”, che in questo periodo di crisi con la mancanza di opportunità emigra per tentare la fortuna in paesi quali Germania, Usa, Australia e altri.
Il momento di crisi sarebbe insomma la massima opportunità per la Grecia di ripristinare in modo indipendente, guidata dalla mano invisibile dei mercati, la strada verso il ritorno alla competitività, senza linee guida indiscriminate sui programmi di austerità imposti da Brexelles.
Riforme che taglino le inefficienze e la corruzione, che ha portato nei posti di potere persone senza meriti ne’ titoli, attuazione di leggi in linea con la situazione dell’economia e che si adattino in continuazione agli sviluppi che ne seguiranno.
Benefici che alcuni esperti allargano anche ad altri paesi membri dell’Eurozona. La situazione problematica e di estrema incertezza che verrebbe a delinearsi nell’intera eurozona, potrebbe dare alle autorità Ue la spinta di cui avevano bisogno per agire con determinazione. La Banca centrale europea interverrebbe con un vasto programma di QE (Quantitative Easing, cioe’ liquidita’) per salvaguardare la stabilità degli altri paesi membri, mentre i vari leader degli stati membri (Germania in testa) sarebbero forse più inclini a varare modifiche ai trattati a condizioni piu’ oggettive per il bene comune dell’Europa, evitando cosi’ la possibilità di un crack dell’euro per tutti.