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(WSI) – «Gli italiani sono usciti in massa dai fondi.
Ma in compenso hanno iniziato da tempo
a comprare prodotti speculativi. Meglio
vadano al casinò. Almeno lì, puntando sul
rosso o sul nero, c’è una possibilità di vincere
al 50 per cento. Con i nuovi prodotti,
come index o strutturati, il rischio di perdita
si avvicina invece al 95 per cento».
Cesare Armellini è il guru della consulenza
finanziaria indipendente italiana.
Presiede il network Consultique e la Nafop
(National association fee-only planner)
e assieme ad altre sigle sta partecipando
al futuro Albo dei consulenti finanziari
che vedrà la luce tra un paio di mesi.
Gennaio 2008: i fondi italiani bruciano
quasi altri 20 miliardi di raccolta dopo
i 53 già persi nel 2007. Cosa sta succedendo?
Succede che la domandadi risparmio subisce
passivamente l’offerta. E l’offerta è
fatta ormai quasi esclusivamente di grandi
conglomerati finanziari, bancario-assicurativi.
Sono loro che determinano, con i
grandi investimenti pubblicitari e di
marketing, le scelte del consumatore-investitore.
Diciamolo chiaramente: i denari
usciti dai fondi comuni non sono tornati
nelle tasche dei risparmiatori.
E dove sono finiti?
In altri prodotti, molto più remunerativi
per chi li vende: in primo luogo polizze index
linked e strutturati. Le commissioni
di collocamento di questi prodotti vanno
subito a bilancio alla voce utili e sono di
gran lunga superiori rispetto a quelle che
si ottengono vendendo un classico fondo.
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Ma la fuga dei fondi non dipende anche da
una crescente disaffezione del risparmiatore?
Certamente sì. Il punto è che mediamente
il risparmiatore non ha le conoscenze
specifiche per scegliere prodotti efficienti
rispetto a quelli inefficienti. Solo con l’aiuto
di un vero consulente indipendente, libero
dai conflitti d’interesse, il risparmiatore
è tutelato perché l’offerta gli viene resa
trasparente. In Italia questa figura di
advisor indipendente sta cominciando solo
adesso a spuntare.
Il governatore di Bankitalia Mario
Draghi ha sollecitato le sgr a diventare
indipendenti, sciogliendo l’intreccio tra
asset management e banca e/o assicurazione:
questo risolverà la crisi-fondi?
La direzione indicata è buona, ma non
basta. La ricetta Draghi risolve solo una
parte del problema. Ci vorrà molto tempo
perché l’offerta di risparmio gestito italiano
sia davvero indipendente. Diciamo
chiaramente che le grandi fabbriche di
prodotti finanziari e assicurativi non sono
controllate dagli azionisti, ma dai consigli
d’amministrazione che inseguono logiche
di breve legate alle stock option. Ciò che
conta nel processo d’investimento, invece,
è la pianificazione del patrimonio.
Sempre Draghi ha più volte sollevato il
tema di un’equiparazione del trattamento
fiscale tra fondi di diritto italiano e fondi
di diritto estero. La diversa aliquota è
a suo avviso causa di questo tracollo del
gestito made in Italy?
L’aspetto fiscale è certamente importante
e non va sottovalutato. Ma da qui a pensare
che per qualche punto di tassa in più
gli italiani abbiano deciso di uscire in massa
dai fondi per comprare prodotti più rischiosi
ce ne passa.
Quali sono i prodotti efficienti?
Penso inprimo luogo agli etf, che sono
strumenti decisamente trasparenti sotto i
profilo commissionale. Ma poi ho in mente
anche le vere gestioni «attive» che non
offrono al risparmiatore un portafoglio costruito
solo replicando un indice di riferimento.
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