Società

Governo: sparatoria all’ OK Corral tra Berlusconi e Tremonti

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

I sogni per Berlusconi tremontano all’alba. Perché lunedì sera, dopo il vertice di Arcore, il premier si era presentato raggiante alla festa dell’Arma. «Finalmente l’abbiamo stretto», aveva sussurrato ad alcuni ministri incrociati a piazza di Siena: «Vedrete che stavolta riusciremo a farla». Il Cavaliere non aveva avuto bisogno di specificare a chi si riferisse e a che cosa: era chiara l’allusione a Tremonti e alla riforma del Fisco.

Il fatto che Bossi si fosse inserito nell’alterco tra lui e il titolare dell’Economia, senza però prenderne le difese, aveva rincuorato Berlusconi. «Giulio, qui nessuno vuole rompere. Però fatti venire un’idea». Ma già martedì mattina per il premier le cose si erano nuovamente complicate. Sul tavolo Tremonti, dopo aver battuto i pugni, aveva sbattuto anche una pila di carte alta così, per far capire che è «impensabile» intervenire sul fronte delle tasse. Un concetto che in nottata — all’incontro da Berlusconi con Bossi e Calderoli — aveva ribadito, dando origine all’ennesima rissa verbale con il Cavaliere.

E pensare che l’appuntamento a tarda ora era stato preso per placare l’ira del Senatùr, almeno così aveva anticipato il ministro della Semplificazione al capo del governo: «Silvio, guarda che sulla storia del trasferimento dei ministeri al Nord, Umberto si è arrabbiato. Si sente preso in giro da te». Poco importa se davvero a Bossi interessasse la questione. Una volta appianata, Berlusconi e Tremonti hanno ripreso a litigare sulla revisione del sistema tributario. E non è finita lì. Il terzo atto è andato in scena ieri mattina, quando il ministro dell’Economia ha chiamato al telefono il premier, e gli ha parlato con toni (quasi) ultimativi: «Non devi più parlare di riforma fiscale, così si creano aspettative. Poi le aspettative vengono deluse e si perde consenso. In questa situazione, meglio sarebbe andare alle elezioni».

«In questa situazione, se andiamo alle elezioni le perdiamo», ha urlato Berlusconi in viva voce: «Bisogna prima intervenire sulle tasse». Raccontano di aver visto il Cavaliere digrignare i denti, mentre dall’altro capo si sentiva ripetere da Tremonti che un minor gettito sul fronte delle entrate, «perché di questo si tratterebbe», manderebbe il Paese gambe all’aria sui mercati: «Bisogna tagliare, invece. Per esempio, l’Ice…».

Il premier per un attimo ha pensato all’Ici. «No, no, l’Ice, i fondi per l’Istituto del commercio estero. Sono un sacco di soldi». «E le province allora? E tutti i finanziamenti inutili?». Un prolungato dialogo tra sordi, concluso da un commento del Cavaliere che il ministro dell’Economia non ha sentito: «Non so come faccio ancora a sopportarlo». In realtà i due non fanno ormai più nulla per celare il grande freddo, alimentato da battute del titolare di via XX settembre (non si sa quanto veritiere) riferite a Berlusconi, che a sua volta provvede a divulgarle. L’ultima risale alla scorsa settimana e narra di un colloquio tra Tremonti e «un comune amico», così l’ha definito il Cavaliere. «Giulio, ma davvero sei caduto in disgrazia con Silvio?». E «Giulio», di rimando: «Veramente è Silvio che è caduto in disgrazia presso di me».

Quanto ancora possa durare questo rapporto non si sa, come non si sa quanto possa reggere ancora il governo in queste condizioni. Perché Berlusconi è consapevole del logoramento, preoccupato per le crepe nella maggioranza, timoroso persino dei numeri alla Camera per la fiducia. E osserva guardingo le mosse di Tremonti, che ieri è stato ricevuto da Napolitano, a cui ha illustrato le linee guida della manovra triennale, così da mettere al riparo i conti pubblici e al tempo stesso cercar riparo sotto l’ala protettiva del Colle.

Il capo dello Stato formalmente resta un passo indietro, ma segue le vicissitudini della maggioranza e ne è informato. Doveva sapere qualcosa del vertice di Arcore, e dello scontro che c’era stato, se la sera stessa — incontrando Maroni alla festa dei Carabinieri — si è rivolto al ministro dell’Interno con una battuta: «Non vedo ferite…». Maroni però è convinto che l’opinione pubblica possa nel prossimo futuro «ferire» politicamente la maggioranza, più di quanto non abbia già fatto alle Amministrative: «Se andiamo dietro la linea di Tremonti — ha sussurrato a un collega di governo — andremo presto tutti quanti a fondo. E nel Paese ci prenderanno a calci nel sedere».

Anche Bossi se n’è convinto, anche lui — al pari del Cavaliere — crede che l’emorragia di consensi sia avvenuta soprattutto a causa della linea di politica economica. Ed è vero che il Senatùr intende tenere saldo il legame con il super-ministro, era sincero quando gliel’ha detto mentre era in corso la zuffa con Berlusconi: «Giulio, qui nessuno vuole rompere. Però fatti venire un’idea». «L’idea» dovrà arrivare immancabilmente prima dell’appuntamento di Pontida, è questa la dead-line imposta dal capo del Carroccio, che vuole (anzi deve) dare risposte al «popolo padano», per invertire la linea di tendenza del partito.

In questo confida Berlusconi, certo terrorizzato per quanto potrebbe accadere sulla spianata sacra alla Lega, ma al contempo fiducioso che la pressione dell’alleato possa aiutarlo nell’assedio a Tremonti e fare infine breccia. Bisogna trovare al più presto «l’idea», e per quanto possa apparire paradossale ora è il Cavaliere a dire che «la politica degli annunci non basta più per rilanciare il governo. Servono misure che incidano». Altrimenti, sa che il suo destino — già compromesso — potrebbe essere segnato: «A forza di risanare solo i conti, facciamo la cura dimagrante al Paese e anche ai nostri voti».

Berlusconi contro Tremonti, il sogno contro la realtà, la riforma del fisco per il rilancio dell’economia contro la manovra europea per il risanamento del bilancio dello Stato: dove possa trovarsi un punto di compromesso non si sa, e non è detto che si trovi. Per ora è muro contro muro, e il Cavaliere spera di abbattere quello del suo superministro: «Bisogna lavorare per piegare le sue resistenze. Mi sono rotto le scatole. Fuori i secondi. Anche Gianni Letta è stato visto scendere precipitosamente dal ring.

Copyright © Corriere della Sera. All rights reserved

Leggere anche:

Governo, va due volte ko al Senato

Governo: nella notte riunione di emergenza sull’economia

Fisco: domande su riforma? Tremonti, non ci provate neanche

Flop vertice PdL/Lega: illusioni del premier, dura realta’ dell’Euro (con Tremonti cane da guardia)

Il premier mette all’angolo Tremonti. Ma gioca col fuoco. Con i mercati

Tasse, fisco, Iva, Irpef: il piano segreto di Tremonti