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(WSI) – «Comprate tedesco, vendete italiano», suggerisce la Goldman Sachs. Si parla di titoli di Stato, purtroppo, ed è allarme rosso per la tenuta della nostra finanza pubblica, che difficilmente potrebbe reggere ad un crollo dei prezzi dei buoni del Tesoro, che spingerebbe verso l´alto gli interessi e, dunque, il costo di un debito pubblico già enorme.
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Il rapporto firmato da due analisti della Goldman Sachs, Francesco Garzarelli e Michael Vaknin, è un invito esplicito e molto concreto ai clienti di una delle più grandi banche di investimento al mondo: liquidare il portafoglio di titoli italiani, spostandosi su quelli tedeschi, almeno fino a che la differenza fra i rispettivi tassi d´interesse non rifletterà appieno la differenza di prospettive – e di rischio – delle finanze pubbliche dei due paesi. Per farsi capire ancora meglio, la Goldman Sachs fa seguire un altro suggerimento agli investitori: comprare degli specifici derivati italiani, i “credit default swaps”, la cui funzione è proteggere i detentori di buoni del Tesoro dal rischio che, ad un certo punto, l´Italia possa dichiarare di non poter far più fronte ai suoi debiti.
I segnali di tempesta si stanno già addensando. Dalla scorsa settimana, lo spread fra Bund e Btp, cioè la differenza fra i tassi di interesse sui titoli decennali tedeschi e italiani, si è di colpo allargato. Per collocare i titoli italiani, cioè, non basta più offrire un rendimento superiore di 20 punti base (20 decimi di punto), rispetto ai titoli tedeschi, come nei mesi scorsi. Bisogna offrire un vantaggio di 30 punti base. Dietro questo deterioramento, non c´è solo l´incertezza dei prossimi risultati elettorali. Il rapporto Goldman Sachs riecheggia il timore oggi più diffuso nei mercati, cioè il rischio di un “pareggio” elettorale, che renderebbe il paese e il suo debito pubblico ingovernabili. Ma martella sulle tendenze a più lungo periodo che stanno sotto il progressivo allargamento fra le prospettive della finanza pubblica tedesca e di quella italiana: in buona sostanza, risanamento e ripresa in Germania, aggravamento del deficit e stagnazione economica in Italia.
E´ questa divaricazione il fatto nuovo rispetto agli anni scorsi. L´ingresso nell´euro aveva consentito all´Italia di abbattere drasticamente il differenziale dei tassi fra Bund e Btp, che è arrivato fino ad un minimo di 10 punti, oscillando, per lo più, intorno ai 20, nonostante l´aggravamento del deficit pubblico italiano. Il motivo, tuttavia, nota la Goldman Sachs, era soprattutto nelle cattive condizioni della finanza pubblica tedesca, che mascherava, così, il parallelo aggravamento di quella italiana.
Una situazione che è cominciata a mutare nel 2005. Nell´ultimo anno, infatti, mentre tutti i rendimenti sui titoli salivano, quelli italiani salivano molto più velocemente di quelli tedeschi. Il 2006, da questo punto di vista, si presenta ancora peggio. «La Germania – ha detto Vaknin all´agenzia Bloomberg – sta guidando la ripresa europea e noi ci aspettiamo che il Bund riguadagni il suo differenziale di qualità, mentre l´Italia rimane indietro». L´economia tedesca dovrebbe crescere del 2,1 per cento, il ritmo più veloce degli ultimi sei anni e, per la prima volta dal 2002, il deficit pubblico potrebbe anche rientrare nel 3 per cento, rispetto al Pil, dei parametri di Maastricht.
In Italia, invece, dice la Goldman Sachs, «una combinazione di avanzo primario in rapido declino (e ormai prossimo a zero), minori introiti delle privatizzazioni e una crescita economica persistentemente inferiore al costo dei titoli hanno rovesciato la dinamica favorevole del debito, rendendo imperativi aggiustamenti di bilancio radicali». Senza di essi, continua il rapporto, «il secondo abbassamento del rating internazionale del debito italiano nell´arco di due anni sembra inevitabile». Sarebbe un colpo pesantissimo per un paese che, ogni anno, si trova a dover rinnovare titoli pubblici per oltre 500 miliardi di dollari.
Anche se è la sola a dirlo ad alta voce, la Goldman Sachs non è l´unica a pensare che i titoli italiani – senza un brusco aumento dei tassi di interesse – non siano più convenienti. C´è ancora tempo per rovesciare questo giudizio negativo, dicono gli operatori, ma è pochissimo. Sei mesi, fino all´autunno, quando il nuovo governo varerà la sua prima Finanziaria.
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