Il ritorno in borsa di General Motors (o Government Motors, come i piu’ smaliziati l’hanno ribattezzata dopo il salvataggio pubblico) e’ iniziato con un bel rialzo, del +3.61% a $34.19, comunque meno del +9% visto nella prima parte della seduta newyorchese. Bene. Tutti felici, inclusi gli investitori americani a cui – stando al direttore finanziario del gruppo, Chris Liddell – e’ andato il 90% dei titoli offerti con l’Ipo, la piu’ grande della storia Usa ($20.1 miliardi).
A parte che bisogna vedere quanto durera’ questo entusiasmo, visto che – come spiegato da uno studio del Journal of Business & Economics Research sul tema – l’80% dei guadagni legati a un’Ipo si verifica nel primo giorno di contrattazioni e un altro 20% nei tre successivi. Tradotto: gli “investitori piu’ disinformati” – avvertono gli autori della ricerca Michael Adams, Barry Thorton e Russ Baker della Jacksonville University – potrebbero doversi leccare le ferite per scoprire, in futuro, di avere strapagato un titolo (Saras a Piazza Affari vi ricorda niente?).
I BONDHOLDER
Il punto cruciale, passato un po’ in sordina, e’ che ci sono altri investitori che ancora devono prendersi cura delle ferite lasciate dalla GM pre-salvataggio. Si tratta degli obbligazionisti del gruppo che hanno in mano titoli per $27 miliardi di dollari emessi dalla “vecchia GM”.
Si tratta di persone di Detroit e dintorni (ma ci sono anche molti investitori italiani), che hanno scelto anni fa di sostenere il gruppo automobilistico riempiendo il proprio portafoglio di bond. A questi si aggiungono gruppi di investimento e fondi pensione che rappresentano non solo i piccoli investitori (gente comune tanto cara all’amministrazione Obama) ma che hanno comunque preteso il diritto di farsi valere. “Questa e’ l’America, dopo tutto, e qui vale ancora la forza della legge”, avevano lamentato in molti nel braccio di ferro messo in atto per stabilire i vari passaggi dalla sgangerata alla nuova GM.
In base ai termini della bancarotta, agli obbligazionisti e’ stata data una quota del 10% della nuova GM. Ma per loro non e’ ancora arrivato il momento di possedere i nuovi titoli. Ci vorranno – sembra – dai tre ai sei mesi, stando a un insider di una banca che figura tra i principali detentori di bond GM. Considerando tutto, inclusi i warrant che potranno esercitare, il mercato stima un valore di bond di 37 centesimi.
Peccato che, nel frattempo, le obbligazioni continuino a essere scambiate a un terzo del loro valore originale. “I bondholder devono aspettare affinche’ i piani della bancarotta vengano definitivamente portati a termine”, ha dichiarato a Bloomberg David Whiston di Morningstar, convinto che ci siano modi migliori delle obbligazioni per trarre vantaggi dalla rinascita di GM.
Se questa tipologia di investitori avra’ pazienza, i bond GM potrebbero essere un buon investimento, secondo quanto sostenuto invece da Kirk Ludtke, senior vice presidente di CRT Capital Group, tanto da avere un giudizio Buy sui bond e target price per le azioni a $45 ($33 il prezzo dell’Ipo).
L’unico vero elemento che mette a rischio coloro che hanno debito Gm in portafoglio e’ un default del gruppo, osserva un analista italiano. Prospettiva che pero’ dovrebbe essere archiviata, ma il condizionale e’ sempre d’obbligo. Cosa fare per chi si ritrova in mano questi pezzi di carta? Dipende, come sempre, dal prezzo di carico. Se troppo alto conviene tenerli pur sapendo che un recupero potrebbe essere soltanto un miraggio.
FIDARSI DI GM?
Chi va con i piedi di piombo non manca. Michelle Krebs, senior analyst di Edmunds.com, ha dichiarato a Reuters che “c’e’ molta esuberanza e ci aspettiamo molta volatilita’”, riferendosi in quest’ultima parte della frase al debutto in borsa.
Per Jim Heitman, money manager con sede a Los Angeles, e’ ancora troppo presto per dare fiducia alla societa’ di Detroit. “Potrebbero ancora una volta trovarsi a dover fare un ricorso umiliante a Washington”, ha mormorato.
L’ottimista di turno sembra essere Ludtke, secondo cui “le obbligazioni potrebbero essere una scommessa migliore delle azioni. Pensiamo abbiano potenzialita’ per un rialzo del 30%”.
Vedremo. Certo e’ che GM di strada deve ancora farne. Passi avanti, per carita’, sono stati fatti. Nel terzo trimestre gli utili hanno raggiunto i $2 miliardi, portanto a $4.2 miliardi quelli per fine anno. Nella presentazione dei conti agli analisti, i vertici di GM avevano spiegato di avere ridotto debito e costo del lavoro tanto da essere pronti a sfruttare la ripresa del mercato delle quattro ruote, puntando a generare $19 miliardi pre-tasse all’anno.
“La societa’ ha avuto quattro amministratori delegati in meno di due anni. Ci sono nuovi manager ma si tratta in gran parte delle stesse persone che gia’ facevano parte dell’ambiente. Questo elemento andrebbe messo insieme ai rischi” che pendono sul gruppo, ha spiegato Krebs. Coincidenza vuole che proprio nel giorno del ritorno in borsa Steven Rattner, tra i principali consiglieri dell’amministrazione Obama sull’auto, ha accettato di pagare una sanzione da $6.2 milioni con tanto di interdizione per 2 anni da ogni attivita’ con broker o dealer. L’accusa: aver pagato tangenti nel 2005 e nel 2006 e aver ottenuto $150 milioni di dollari in investimenti da
un fondo pensione. Cosa che al procuratore di New York Andrew Cuomo proprio non e’ andata giu’ e ne chiede l’interdizione a vita.
CONTRIBUENTI USA
Si torna a parlare anche dei contribuenti americani, che anche con i loro quattrini hanno contribuito a salvare dal tracollo il gruppo di Detroit che l’1 giugno 2009 faceva ufficialmente ricorso al Chapter 11 – la fase di amministrazione controllata – dopo aver registrato dal 2004 perdite per $88 miliardi.
Mentre tutti comprano azioni, il Tesoro Usa, principale azionista dopo il salvataggio con il 61% (ora scesa al 37% per effetto dell’Ipo), continua a ribadire l’intenzione di ridurre la propria partecipazione nel capitale della societa’, magari anche in perdita. Il segretario Timothy Geithner ha bisogno che i titoli arrivino a $50.90 ciascuno per garantirsi un break even sull’iniezione da $50 miliardi fatta nel gruppo ($9.5 miliardi – ricorda CNBC – sono stati ripagati e $11.8 miliardi sono stati raccolti dall’Ipo). Insomma, serve un apprezzamento del 50% rispetto alla chiusura odierna.
I multipli di GM sono visti ad appena 7.8 volte le stime sugli utili di quest’anno, meno del rapporto P/E pari a 8.2 di Ford. Questo significa che i titoli hanno ancora spazio per crescere nei mesi a venire. La questione, appunto, e’ se lo Zio Sam debba stare alla finestra e vedere che succede o intascare il denaro che puo’ dandosela a gambe levate.
“Se il Tesoro puo’ vendere, che lo faccia. Il prezzo e’ molto meno importante dell’uscita stessa del governo (dal capitale del gruppo, ndr). Il grande valore per i contribuenti e’ l’abbandono della quota” in mano all’amminitrazione Usa, ha commentato Chris Whalen di Institutional Risk Analytics.
“Quello che e’ giusto per General Motors lo e’ anche per il paese” era diventato il motto, rivisitato, che traeva spunto dalla dichiarazione di uno degli storici Ceo del gruppo, Charles Wilson detto “Engine Charlie”, chiamato nel 1953 a rispondere su un eventuale conflitto di interessi tra vecchio e nuovo incarico, quello di segretario alla difesa sotto la presidenza di Eisenhower.
Sembra che anche l’amministrazione Obama abbia adottato questa filosofia. Lo ha ribadito lo stesso presidente che nel giorno del ritorno in borsa ha rivendicato il successo del salvataggio: “i contribuenti Usa sono nella posizione di recuperare piu’ di quanto la mia amministrazione abbia investito in GM”. Ma – si chiedono i piu’ arrabbiati – cosa c’e’ da celebrare in una societa’ che ha ricevuto un salvagente da decine di miliardi di dollari e potra’ sfruttare, tra le altre cose, esenzione alle tasse per anni?
Lo dice anche James Pethokoukis, esperto di economia e politica su Washington, nel suo blog: “come con il TARP (salvagente da $700 miliardi lanciato in soccorso alle banche), tutto ha a che fare con costi, opportunita’ e conseguenze indesiderate. Cosa poteva essere fatto con quei soldi? Quanto hanno incentivato le societa’ ad affrontare rischi? Quali e quante incertezze crea nel settore e tra gli obbligazionisti? La risposta: molte, sconsiderate e senza fine”.