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GM AMMETTE: “ABBIAMO USATO CADAVERI NEI CRASH TEST”

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Ricordate lo scandalo dei cadaveri usati nelle prove di crash? Alla fine solo le piccole aziende che producevano i manichini ammisero di usare corpi in questo tipo di test. Tutte le case automobilistiche negarono, in massa, di aver usato esseri umani. Ora, però, c’è una novità: la General Motors parla ufficialmente di aver avuto in passato “un progetto pilota per usare cadaveri per misurare le forze d’impatto”.

Non solo. La GM ammette anche di aver usato cavie umane. Più avanti, infatti, nello stesso documento, si legge che i cadaveri venivano usati “in test che avrebbero provocato lesioni troppo pericolose sui volontari”. Esisteva quindi un gruppo di “volontari”. Persone che si sottoponevano a crash test per migliorare la sicurezza delle vetture. Un fatto sempre negato da tutte le case automobilistiche e ora confermato.

Ma da dove arriva questo documento? Incredibile ma vero: direttamente dal sito ufficiale gm.com, dove, nell’ambito del lungo ricordo in ricordo di Harold Mertz, scienziato che ha perfezionato i manichini usati nei crash test, affermano apertamente quanto appena riportato.

Insomma, non si sono ancora placate le accuse all’Università di Graz, rea di aver utilizzato cadaveri umani in esperimenti diretti a migliorare la sicurezza automobilistica, che la tragica telenovela si arricchisce di una nuova puntata. Si è saputo infatti solo da poco che dalla metà degli anni novanta scienziati dell'”Istituto per la sicurezza dei veicoli” dell’università tecnica di Graz, in collaborazione con il locale l’istituto di medicina legale, avrebbero utilizzato circa 20 cadaveri per effettuare studi sul movimento di testa e collo nei crash-test.

Per il resto ormai è cosa nota che i morti, nel linguaggio scientifico definiti Pmhs (Post Mortem Human Objects), venivano messi sulle macchine per gli esperimenti e mandati a sbattere contro un ostacolo fisso ad una velocità di 10-15 chilometri all’ora. In questo modo – hanno spiegato più volte i ricercatori – studiando il comportamento dei cadaveri è possibile perfezionare i “dummies”, rendendo sempre più sofisticati i manichini snodati a grandezza naturale e muniti di sensori elettronici, usati in tutto il mondo per migliorare la sicurezza del traffico.

Il punto è un altro. E’ giusto scandalizzarsi quando c’è di mezzo la ricerca scientifica? Non entriamo nel merito, ma secondo un’indagine del Los Angeles Times, l’università locale può disporre di qualcosa come 175 cadaveri l’anno per la ricerca. E questo fin dagli anni cinquanta (tanto per capirci attualmente 11 mila persone hanno dato il consenso all’università per disporre del loro corpo dopo la morte). Cadaveri che vengono usati per molti scopi, e non solo nei laboratori di anatomia per addestrare i medici. Secondo l’inchiesta del Los Angeles Times, ci sarebbe un vero e proprio mercato di corpi. E non si tratta di illazioni visto che attualmente l’Ucla si è vista arrestare uno dei suoi dipendenti (Henry Reid, un imbalsamatore che era stato assunto nel 1997), per aver venduto in California alcuni defunti.

Solo una cosa è certa: i tanto decantati “Oscar” o “Dummies”, i manichini usati nei crash test, per quanto ormai costino oltre 100 mila dollari l’uno, sono ancora molto lontani dalla perfezione. Soprattutto per quanto riguarda gli arti. Così braccia e gambe vengono ancora prelevati da cadaveri (previo permesso dai parenti dei defunti) per mandare avanti la ricerca. La posizione degli scienziati che lavorano in questo settore è la solita: “Questi test sono fondamentali per rendere più sicure le auto”. Vero. Ma le speranze che il traffico di questi organi si razionalizzi, per ora, sono tutte legate al lavoro di Angus Fallace, ortopedico dell’università di Nottingham, che in collaborazione con altri istituti Usa sta mettendo a punto un piede artificiale identico a quello vero, da usare nei crash test.

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