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(WSI) – Nel mattone o sotto. La maggior parte degli italiani, secondo il rapporto Censis su «Italiani tra patrimonio e reddito», presentato ieri, non rischia più i propri soldi. Li risparmia oppure, se può, li investe in immobili o preferisce tenerli in contanti, semmai depositarli senza troppi vincoli né azzardi. C’è poi un piccolo nucleo benestante che spende in seconde case e beni di lusso, ma è un gruppo di privilegiati che di anno in anno diventa più ristretto. Negli ultimi dieci anni il 5% delle famiglie più ricche è passato a detenere dal 27% al 32% del patrimonio. La ricchezza degli italiani ammonta a 7.700 miliardi di euro, un 5% in più rispetto al ’94.
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L’aumento sarebbe riconducibile all’accresciuto valore degli immobili in proprietà, ma anche a una ritrovata propensione al risparmio dopo l’introduzione dell’euro: dall’11,2% del 2000 al 13,6% del 2003. E’ cresciuto anche il livello d’indebitamento, la motivazione è spesso l’acquisto di una casa. C’è però un’ultima fonte di liquidità individuata dal Censis: «i circuiti “sommersi”» o «le forme di evasione fiscale di diverso tipo, la cui entità risulta oggi difficile da valutare».
Finita da un pezzo l’epoca d’oro della Borsa, nel 2004 gli italiani hanno investito 3 mila miliardi in depositi, titoli di Stato, azioni, polizze (nel ’99 erano 2.500). L’anno scorso c’è stata una ripresa dei depositi e dell’acquisto di obbligazioni e titoli pubblici, a fronte di cessioni di strumenti più rischiosi, come azioni e fondi comuni. Ma la sensazione che gli italiani siano rimasti scioccati dai «tango-bond» e dal caso Parmalat sta nel dato secondo cui quasi un terzo del loro portafoglio (28,7%) oggi è liquido: moneta e depositi ammontano a 822 miliardi (20,6% nel ’99).
L’unico investimento che appare sicuro è la casa: nel 2004 ci sono state 870 mila compravendite per un valore di 132 miliardi di euro. A sorpresa si apprende che nei primi cinque mesi dello stesso anno si sono vendute il 36% in più di case-vacanze. Tracciando un bilancio immobiliaristico si può dire che ora l’80% degli italiani è proprietario di una prima casa e il 13% ne ha una seconda. Quest’ultima è molto più diffusa tra i liberi professionisti (25,8%) e i lavoratori autonomi (19%) che tra i dipendenti (12%). Per coronare il sogno delle «quattro pareti» di proprietà si sono indebitati più di 2 milioni di italiani.
Ma c’è anche chi non deve chiedere denaro in prestito, anzi. I pochi privilegiati che si ritrovano un gruzzolo da parte decidono sempre più spesso di acquistare metalli preziosi, valuta pregiata e hedge fund (titoli rischiosi ma molto remunerativi). Lo testimonia il fatto che in dieci anni il mercato dell’arte è aumentato del 75% superando in valore i 500 milioni di euro. Nel 2003 le più famose case d’asta al mondo in Italia hanno venduto il 20% in più rispetto all’anno precedente.
E c’è anche chi può ancora permettersi di vivere di rendita: 950 mila famiglie (5%) campano di attività reali e mobiliari. Va detto che in questa cifra rientrano anche coloro che non hanno alcuna altra entrata che non siano gli assegni di sostentamento. «Ognuno tende alla propria sicurezza personale – commenta il segretario generale Giuseppe De Rita -, alle proprie esigenze di singolo, al massimo a quelle dei figli. Tutto in un’ottica egocentrica».
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