(9Colonne) – Roma, 19 lug – Gli avvocati italiani sono nella maggioranza dei casi (52,1%) favorevoli a forme di pubblicità delle loro specializzazioni e dei servizi offerti; più di un terzo (39,5%) dispone di uno studio ben organizzato, anche in forme associate di studio professionale con articolazioni complesse idonee alla competizione sui mercati terziari delle professioni e delle imprese; la qualità professionale la misurano sulla base della fidelizzazione dei clienti (63,6%) e della formazione continua (76,1%) ; il 42% dichiara che nel proprio lavoro l’intreccio fra competenze professionali e attività imprenditoriali è già molto evidente. In sostanza, per gli avvocati vale l’equivalenza “più mercato, più successo”, nella consapevolezza di essere in grado di fronteggiare le sfide che le logiche di un confronto competitivo professionale aperto impongono. E’ quanto emerge dal Rapporto Censis sull’avvocatura presentato oggi a Roma. Il Censis ritiene tuttavia che tali punti di forza non escludono altrettante criticità per il futuro sviluppo della professione. La prima riguarda la maturazione dell’autonomia professionale, sia facendo riferimento al segmento professionale più debole, ovvero quello dei praticanti, sia in relazione alla possibilità di creare uno studio nuovo rispetto a quello in cui si comincia a lavorare, operazione “molto difficile” per il 73% degli intervistati sotto i 45 anni, e per l’83% è altrettanto difficile la possibilità di farsi un proprio nome. Il secondo problema, invece, ha a che fare con il dualismo territoriale, per cui i professionisti meridionali e segnatamente i giovani avvocati del Sud sono i soggetti che soffrono delle criticità più forti sul piano dello sviluppo.
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