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GIUGNO 2005, ALLARME FIAT

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*Paolo Madron e’ il Direttore di Panorama Economy.

(WSI) – D’accordo, a Torino ce la stanno mettendo tutta per cavarsi fuori
dall’emergenza, e dunque dispiace sollevare adesso il problema. Ma visto
che l’ha fatto una delle banche più esposte, Unicredit, allora saltiamo
con meno remore sul carro dei pessimisti.

Uno studio di Ubm, la sua
banca d’affari, uscito in sordina (solo Milano Finanza lo ha segnalato),
lancia allarmanti previsioni sul futuro della Fiat. Traducendo
all’ingrosso, sostiene che l’azienda può far fronte ai debiti in
scadenza fino al giugno del 2005, e dopo avrà bisogno che nelle sue
casse arrivino altri soldi. E molti.

Ma dice anche che gli istituti di
credito difficilmente rimetteranno mano al portafoglio se sul versante
industriale i segnali di recupero non saranno chiari. Infine, ed è la
botta più dura, considera gli obiettivi di bilancio indicati dal
management ambiziosi, che nel paludato linguaggio degli analisti vuol
dire velleitari. Ma non l’aveva già sostenuto Sergio Marchionne che i
target del suo predecessore erano strampalati? Certo. Ma ora Ubm fa
sapere che anche quelli del nuovo amministratore delegato peccano di
eccessivo ottimismo.

Insomma, passata la sbornia mediatica intorno al
matrimonio dell’erede, con tanto di côté simbolico di una dinastia
determinata a tenersi il mestiere che l’ha fatta grande, i problemi sono
quelli di sempre.
Magari bastassero le nozze sull’isola e le felpe di Lapo Elkann per
raddrizzare la barca. Vorremmo sbagliarci, ma abbiamo la sensazione che
dovranno essere altri a farlo.

In primis le banche, che dal settembre
del 2005 diventeranno le padrone del Lingotto. Siccome ci hanno
investito una montagna di denaro, occorre che si facciano carico della
situazione. Lavorando su due fronti: Detroit e Roma.
Sul primo occorre non lasciare che i rapporti con General Motors si
logorino al punto da diventare materia di una lunga e complicata
controversia legale. Fiat ha un put che obbliga gli americani a comprare
tutta l’Auto, e non intende rinunciarvi. Ma Gm non ha alcuna intenzione
di rispondere all’eventuale chiamata. Prima che lo scenario si
incattivisca, sarebbe lodevole che qualcuno tentasse una mediazione.

Lo
faccia Profumo, o Corrado Passera visto che anche Intesa è un grande
creditore. Fiat detiene pur sempre l’8% del mercato europeo, che
pensando ai futuri assetti del settore può essere una quota che decide
la leadership mondiale. Con in più la convenienza di poterla comprare
accollandosi solo i debiti. Siamo sicuri che, messa così la questione,
gli americani sarebbero meno ostici.

Secondo fronte, quello romano. Stavolta il governo possiede numeri e
informazioni che non gli consentono di cascare dal pero. Se così non
fosse, sarebbe bene che qualcuno dei banchieri menzionati lo mettesse
sull’avviso. Che cosa dovrebbe fare l’esecutivo in questi casi? Intanto
ammainare subito la bandiera dell’orgoglio nazionale, senza piangere sul
fatto che guai se l’Italia non avesse una sua industria automobilistica
(si accontenti della Ferrari, e del pensiero che nemmeno Spagna e
Inghilterra ce l’hanno più). Poi chiedere all’amico George W. una moral
suasion su Detroit, dove ai tempi della crisi papà Bush era di casa.
Quindi trattare oneste garanzie sul mantenimento degli impianti e dei
livelli occupazionali.

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