Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) – Si chiama Livedoor, è il più celebre sito Internet giapponese, probabilmente ha truccato i suoi conti: l´hanno già battezzato la “Enron asiatica”. Per questo scandalo la Borsa di Tokyo, il secondo mercato finanziario del mondo dopo Wall Street, è precipitata nel caos. In due sedute rovinose ha distrutto 400 miliardi di dollari di valore, l´equivalente di tutto il Pil della Svezia. Ieri è dovuto intervenire il premier Junichiro Koizumi con un appello alla calma per tentare di arginare il fuggi fuggi. I risparmiatori giapponesi in preda al panico hanno rovesciato sulla Borsa quattro milioni di ordini di vendite, costringendo le autorità a una misura disperata: hanno chiuso il mercato mezz´ora prima dell´orario legale. Una decisione contestatissima, l´equivalente di una dichiarazione d´impotenza.
Hai mai provato ad abbonarti a INSIDER? Scopri i privilegi delle informazioni riservate, clicca sul
link INSIDER
Insieme con i pesanti dubbi sull´efficienza operativa e normativa della Borsa, il crac getta un´ombra sulla rinascita economica del Giappone trainata da un “nuovo capitalismo” di cui Livedoor era il simbolo più celebre: al punto che il suo fondatore era stato candidato alle elezioni da Koizumi.
Ne ha risentito anche lo yen, che ha avuto un accesso di debolezza non giustificato dalla salute dell´economia reale, visto che il Giappone è in netta ripresa dopo una depressione durata ben 15 anni. Ma la moneta ha subìto di riflesso lo choc della pesante perdita di credibilità della Borsa di Tokyo.
Già nei mesi scorsi il mercato azionario era stato vittima di una catena di incidenti seri.
Un blackout informatico lo aveva paralizzato per un giorno intero il primo novembre 2005. Poi c´era stato il clamoroso errore del trader di una grande banca che nell´eseguire gli ordini dei clienti aveva “sballato” il prezzo di un titolo infliggendo perdite pesanti. Ieri la chiusura anticipata degli scambi – che ha negato a molti risparmiatori il diritto di vendere i propri titoli – è stata un altro colpo micidiale alla sua immagine. Nel paese leader della tecnologia elettronica, il sistema informatico della Borsa si è rivelato obsoleto. Non appena si è avvicinato il limite “fisico” delle transazioni che quel sistema è in grado di gestire – 4,5 milioni al giorno – le autorità hanno capito che il collasso era vicino e hanno chiuso i battenti. Non c´erano margini di recupero, non c´era un sistema di emergenza, non c´era un piano anti-crisi. È apparsa alla luce del sole la fragilità dei programmi di software che gestiscono la seconda Borsa più grande del mondo. Ancora un volta la facciata di modernità ed efficienza del sistema nipponico ha rivelato crepe paurose, che segnalano dei limiti della sua classe dirigente.
La Caporetto di Borsa è solo l´ultima parte del disastro. Lo scandalo che ha fatto da scintilla iniziale è forse più grave perché colpisce il simbolo del rinnovamento del capitalismo giapponese, macchiandolo in modo irrimediabile. Livedoor ha perso il 14,4% prima che il titolo venisse sospeso, a causa di un blitz dei magistrati inquirenti che lunedì hanno perquisito il suo quartier generale di Tokyo. A carico dei vertici dell´azienda gli inquirenti sospettano un falso in bilancio e violazioni del diritto societario che costituiscono altrettanti reati penali.
Livedoor è accusata di aver fornito informazioni errate ai suoi azionisti, presentando un bilancio in utile mentre in realtà avrebbe subìto 8,7 milioni di dollari di perdite. E´ una svolta drammatica per il più celebre portale Internet del paese, fondato nel 1997 da un imprenditore giovane, spregiudicato e controcorrente: Takafumi Horie, oggi 33enne, è l´esatto contrario dello stereotipo del manager giapponese. Va alle conferenze stampa in maglietta anziché in doppiopetto grigio, ha uno stile di vita da teen-ager californiano. E´ insomma l´equivalente dei fondatori di Google e quanto di più lontano si possa immaginare rispetto al grigiore conformista dei businessmen del suo paese.
In pochi anni Takafumi Horie aveva trasformato Livedoor in un colosso online, il più grande portale del paese, con una capitalizzazione di Borsa di 6,3 miliardi di dollari (da lunedì però ne ha persi già 1,8). In più Horie ha profanato un tabù del capitalismo giapponese lanciando delle Opa ostili sulla rete televisiva Fuji e su una squadra di baseball. Un tentativo di crescere con metodi “americani”, sfidando le regole dell´establishment nazionale che invece è noto per i suoi accordi sottobanco, le collusioni oligopolistiche, le solidarietà di gruppo. Ambedue le scalate sono fallite, ma l´audacia di Horie lo ha fatto paragonare ai protagonisti dell´èra Meiji nell´Ottocento, i giovani leader che lanciarono il Giappone verso la sua prima modernizzazione industriale. Le scalate ostili di Livedoor sono state osannate da molti osservatori come un tentativo benefico di scuotere un sistema immobile e sclerotizzato, di introdurre elementi di mercato in un paese ancora dominato da una cultura dirigista e protezionista.
Il “mito” Livedoor ha assunto dall´estate del 2005 anche una dimensione politica. Quando il premier Koizumi ha voluto privatizzare le Poste – che in Giappone sono una sorta di gigantesco Welfare State – 37 membri del suo partito si sono rivoltati e il progetto è stato bocciato. Il premier ha immediatamente sciolto la Camera Bassa e ha lanciato l´offensiva contro i suoi compagni conservatori, convocando le elezioni anticipate l´11 settembre. Per far fuori i 37 ribelli che avevano silurato la riforma postale, Koizumi ha scelto candidati dalla società civile, imprenditori o star mediatiche. Una sterzata verso la politica-spettacolo che era una novità assoluta in Giappone.
Il più interessante fra gli “assassini” – così sono stati soprannominati i neocandidati catapultati nei collegi dei notabili – era proprio Takafumi Horie, sponsorizzato da Koizumi come il simbolo di una nuova generazione di capitalisti molto diversi dalle grandi banche e multinazionali di una volta. Alle elezioni Horie si è ritrovato contro il 68enne Shizuka Kamei, dello stesso partito liberaldemocratico di Koizumi, un tipico esponente di quel cimitero degli elefanti che il Pdl stava diventando prima della terapia d´urto inflitta dal premier. L´11 settembre Koizumi ha stravinto, le elezioni sono state il suo trionfo, sbloccando così il progetto di privatizzazione delle poste. Ma fra i candidati “assassini” proprio Horie non ce l´ha fatta, nel suo collegio è passato invece il notabile. Era quasi un segnale premonitore che la buona stella del fondatore di Livedoor lo stava abbandonando.
Era anche un riassunto delle contraddizioni del Giappone di oggi.
Koizumi per forzare il cambiamento del proprio partito ha dovuto catapultare nell´arena politica dei dilettanti. Votando per il rinnovamento e per le riforme, gli elettori hanno al tempo stesso prolungato l´anomalìa di un sistema politico dove lo stesso partito governa da mezzo secolo. L´americanizzazione portata da Koizumi con la politica-spettacolo non si è tradotta in una compiuta democrazia dell´alternanza. Sono simili le contraddizioni in cui sembra essere caduto rovinosamente Takafumi Horie: “americano” in tutto fuorché nella trasparenza dei bilanci della sua azienda, che non avrebbe passato l´esame della Sarbanes-Oxley, la legge Usa contro il falso in bilancio. Insieme con Livedoor, sono caduti in Borsa altri titoli tecnologici come Yahoo-Japan e Softbank: ora c´è chi teme che il “nuovo capitalismo” del Sol Levante fosse un caso di bolla speculativa.
Copyright © La Repubblica per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved