Società

GERONZI
INTERDETTO
E BASITO

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – Ci sono quelli che «non cambia
niente». Due mesi di interdizione da
tutte le sue cariche, come presidente
di Capitalia, vicepresidente di Mediobanca
e consigliere di Rcs-Corriere
della sera, non segneranno il
tramonto di Cesare Geronzi. L’avvocato
Guido Calvi ha impugnato
già la sentenza e giura che la corte
d’appello di Bologna revocherà l’ordinanza
dei giudici di Parma. Il provvedimento
è tardivo e fuor di misura.

Già due volte il sostituto procuratore
Vincenzo Picciotti
aveva tentato la carta, ed
era stato stoppato dall’allora
procuratore capo Vito
Zincani. Uscito di scena
quest’ultimo, il pignolo
magistrato napoletano
c’è riuscito. Ma i fatti sono
antichi, le indagini
vanno avanti da due anni
e non c’è alcun modo perché il presidente
di Capitalia possa nascondere
o inquinare prove, tanto meno
reiterare il reato che si riferisce ai sostegni
dati a Parmatour e all’acquisto
delle acque minerali Ciappazzi,
cedute da Ciarrapico a Tanzi ad un
prezzo eccessivo, su pressione di Geronzi
(questa l’accusa). Ieri il patto
di sindacato e il consiglio di amministrazione
della banca romana hanno
confermato la loro fiducia. Tutte le
deleghe sono in mano all’ad Matteo
Arpe.Alla rappresentanza pensano
i due vicepresidenti, Dolf Collee e
Mario Federici. Intanto la nottata
passa. Se poi il provvedimento verrà
revocato, Geronzi tornerà più grande
e più forte che prìa.

Ci sono, all’opposto, quelli del
«tutto cambia».Tra due mesi ci sarà
un nuovo parlamento e un nuovo
governo.Poco dopo anche un nuovo
presidente della Repubblica.Geronzi
è uomo dalle amicizie ad ampio
spettro, anche politiche. Tuttavia, è
chiaro che il sistema creditizio italiano
non sarà più quello di prima.Non
lo è già più, dopo la vittoria di Abn
Amro e di Bnp. Lo ha
spiegato ieri nella conferenza
stampa Giulio Tremonti
sottolineando che
la priorità adesso è che si
aggreghino le banche italiane.
Perché quelle straniere
non stanno certo a
guardare. Anzi, Francia e
Germania si difendono.

Quindi bisognerà rivedere anche la
legge italiana sulle opa che è la più
liberista. La legge Draghi. E Mario
Draghi, che ne pensa? Lui è d’accordo.
E i ministri presenti al Cicr si sono
stupiti nell’ascoltare proprio dal
nuovo governatore della Banca d’Italia
un’analisi allarmante e allarmata.
Una sorta di chiamata alle armi.
Draghi ha già avvertito i maggiori
banchieri italiani perché si diano
una mossa. Non ha intenzione di
stoppare con provvedimenti amministrativi
altre opa straniere (a differenza
di Antonio Fazio), ma esattamente
come il suo predecessore
pensa che per non essere facile preda,
le banche italiane debbono
rafforzarsi e concentrarsi tra loro.

Dunque, la nuova linea è campioni
nazionali, come il Riformista aveva
anticipato ieri. E su questo,Tremonti
e Draghi sono in sintonia e hanno
l’appoggio di Silvio Berlusconi, come
abbiamo già scritto. Ma quali
possono essere i campioni nazionali?
C’è Generali che va difesa
e consolidata negli assetti proprietari.
Legata al Leone di
Trieste c’è Mediobanca suo
principale azionista, c’è Capitalia
(azionista di Mediobanca)
e c’è Intesa che ha un doppio
intreccio azionario con
Generali. Unicredit è
un campione europeo.
Sanpalo e
Montepaschi restano
fuori, ma
dovranno accasarsi.

L’operazione principe,
tuttavia passa per
la filiera che lega Milano,
Trieste e Roma.
E qui spuntano
quelli che «chi tocca i fili muore».
L’interdizione di Geronzi, e il conseguente
arrocco del patto di Capitalia,
congela tutto.Almeno per il momento.
Il pour parler tra Giovanni
Bazoli, presidente di Intesa e Geronzi
aveva evocato l’ipotesi di un
matrimonio tra i due gruppi. Voci
poi smentite. Se pure fosse vero,
adesso Capitalia non potrebbe fare
più nulla. Né potrebbe fare passi
avanti, per adesso, l’altro progetto
che vede protagonista il Cavaliere e
i suoi alleati. L’ipotesi che circola da
tempo tra gli operatori finanziari e
raccolta dai giornali, è che Berlusconi
si prepari a un rafforzamento in
Capitalia (Fininvest è entrata nel
patto di sindacato) insieme alla
compagnia di assicurazioni
Mediolanum che controlla
insieme a Ennio Doris. Candidandosi
a rilevare il 7,6%
che Abn Amro dovrebbe
vendere entro ottobre.

Mediolanum
è già azionista anche
di Mediobanca. Grazie al
buon rapporto con i soci
francesi che hanno il
10% (garantito da
Tarek ben Ammar)
l’asse Capitalia-Fininvest-
Mediolanum-
Bolloré, potrebbe
ribaltare gli
equilibri in piazzetta
Cuccia. Con una
ricaduta anche su
Generali. Il progetto
andrebbe in porto dopo le elezioni,
quindi quando, probabilmente,
Berlusconi non sarà più presidente
del Consiglio. Ma perché ciò avvenga
bisogna preparare adesso il
terreno. La magistratura di Parma,
invece, approfittando ancora una
volta dell’interregno politico, ha calato
l’asso di picche.

Gongolano, allora, quelli
che «è la fine del mondo».
Del piccolo mondo antico su
cui regnava come patrono il
banchiere di sistema. Di cui
proprio Geronzi è l’ultima incarnazione.
Il banchiere di
sistema è colui il quale
pensa che la banca
non rappresenti
solo lo snodo tra
risparmio e investimento,
«il crocicchio
» come lo
chiamava Raffaele
Mattioli, ma
sia il perno degli
equilibri nel potere
economico,
il salvatore delle
imprese in crisi, il puntello di
fortune in declino. Questo
ruolo di stabilizzatore si
estende anche alla politica.

Non tanto per interesse personale,
ma perché le macerie
non fanno bene a nessuno.
Non è un caso che i primi anni
’90, quelli in cui in Italia
tutto crolla, dalla lira al sistema
dei partiti, sorga Capitalia.
Dalle radici del Banco di
Roma (l’istituto Iri privatizzato)
della Cassa di risparmio
di Roma dello storico Banco
di santo spirito, la banca dei
papi, e sulle ceneri del Banco
di Sicilia. Poteva entrarci anche
il Banco di Napoli, poi finito
al Sanpaolo. Non è entrata
invece la Banca commerciale
italiana.L’opa che la Comit
aveva lanciato nel 1999
sulla Banca di Roma (allora il
logo Capitalia non c’era ancora)
venne respinta da Geronzi,
da Antonio Fazio, da Enrico
Cuccia (con l’appoggio del
governo D’Alema). Il matrimonio
Roma-Milano non s’aveva
da fare per salvare l’autonomia
di Mediobanca (secondo
Cuccia), per salvare la
banca di sistema (secondo il
governatore e il governo).

Oggi le banche, insistono
quelli che «la fine del mondo
», debbono pensare a salvare
se stesse, non il sistema.
Debbono ragionare come
aziende, offrire prodotti prima
ancora che prestiti, fare
utili, altrimenti non sopravvivono.
E, anche se non falliscono,
finiscono ingoiate da un
pesce più grande. Si può cambiare
la legge sulle opa, come
propone Tremonti a mo’ di lascito
al nuovo governo. Non si
possono cambiare le leggi del
mercato globale. Le pillole
avvelenate alla francese, i patti
di sindacato, le azioni di
classe A e classe B come nei
paesi nordici, sono dighe destinate
a crollare se arriva
davvero l’alluvione. Dunque,
la miglior difesa è l’attacco,
cioè crescere, alzare l’asticella,
acquisire un valore di mercato
difficilmente accessibile.
Il capitale si difende aumentandolo.
E così si difendono
gli azionisti e i risparmiatori.

E qui torniamo alla strategia
dei campioni nazionali. Geronzi
è congelato (almeno per
due mesi), ma Capitalia non è
stata messa nel freezer. Lo sa
bene Mario Draghi il quale la
vecchia moral suasion la sta
esercitando in modo nuovo,
per spingere i banchieri non a
chiudersi in trincea, ma a passare
all’offensiva. Se ne hanno
la forza e l’audacia.

Copyright © Il Riformista per Wall Street Italia, Inc. Riproduzione vietata. All rights reserved