(9Colonne) – Berlino, 25 lug – La Germania potrebbe eliminare parzialmente le barriere che limitano l’accesso dei lavoratori dai paesi dell’est Europa entrati di recente nella UE. Lo annuncia il portavoce governativo Ulrich Wilhelm. Al centro della possibile decisione, la penuria di manodopera accentuatasi negli ultimi tempi, per effetto della forte crescita economica accompagnata però dal progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa. Al momento dell’allargamento del 2004, i quindici paesi UE si erano avvalsi del regime transitorio sull’accesso dei lavoratori previsto dagli accordi di adesione degli otto Paesi appena entrati nell’Unione (Cipro e Malta sono escluse). Gli unici a non chiudere le frontiere furono Gran Bretagna, Irlanda e Svezia. Nel 2006, alla scadenza del primo periodo di restrizioni, si sono aggiunti Spagna, Portogallo, Finlandia, Grecia e, successivamente, l’Italia. L’Olanda ha tolto le restrizioni il 1 maggio 2007, diventando il nono dei quindici della “Vecchia Europa” ad aprire le proprie frontiere. Mantengono ancora le restrizioni, oltre alla Germania, Belgio, Francia, Austria, Danimarca e Lussemburgo. Entro il 2011, in ogni caso, le barriere alla mobilità dei lavoratori dai Paesi dovranno essere rimosse. La Germania aveva imposto una restrizione fino al 2009 temendo il rischio di “dumping salariale”, con la facoltà di prolungare di ulteriori due anni tale limite restrittivo a partire dal 2009, nel caso dovesse provare che una apertura del suo mercato del lavoro potrebbe rivelarsi molto problematico. I timori maggiori sono quelli di una autentica invasione di lavoratori polacchi, già presenti a decine di migliaia di in Germania.
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