Quando manca un’ora e mezzo all’avvio delle contrattazioni a Wall Street, i derivati sui principali indici di borsa americani (vedi quotazioni a fondo pagina) viaggiano sotto la parita’ preannunciando una partenza in lieve calo. Ultimamente pero’ la situazione e’ andata migliorando.
A dare uno scossone ai mercati e’ arrivata la trimestrale di JP Morgan ed e’ stata uno scossa positivo: il gruppo finanziario ha chiuso l’ultimo trimestre dell’anno con utili in crescita del 47% a $4,8 miliardi, piu’ alti del previsto, accompagnati da un aumento del fatturato dell’11%. L’AD Jamie Dimon ha citato il miglioramento della congiuntura creditizia, sottolineando che si sono visti “buoni risultati” in tutti i business in cui la banca e’ attiva
Ieri, dopo la chiusura di Wall Street, ha diffuso i risultati il colosso dei chip Intel, che ha reso noto di riportato i migliori utili della sua storia, relativi al quarto trimestre.
In calendario negli Usa l’indice dei prezzi al consumo, importante termometro per l’inflazione, relativo al mese di dicembre. Attesa anche per le vendite al dettaglio e per la produzione industriale, sempre di dicembre, e infine per l’indice della fiducia dei consumatori stilata dall’Università Michigan, che si riferisce agli inizi di gennaio, e per le scorte aziendali di novembre.
Intanto da segnalare, oltre all’Europa, anche in Asia e nel Pacifico c’è stata una brusca battuta d’arresto per le principali Borse che, per questioni di fuso orario, hanno scontato il dato sull’occupazione negli Usa diffuso ieri. I listini hanno cosi’ eroso rialzi accumulati nelle ultime 2 sedute, a causa soprattutto delle perdite registrate dai grandi esportatori e dal comparto delle materie prime.
Tornando al Vecchio Continente, dove Piazza Affari si distingue come una delle borse meno negative (-0,2%), l’attenzione si è spostata oggi dal problema dei Piigs a quello dell’inflazione, un tema di cui ha parlato già ieri Trichet, nella conferenza stampa successiva alla decisione sui tassi di interesse, rimasti invariati. Un timore, quello del rialzo delle spinte inflazionistiche, che è stato confermato di nuovo in mattinata.
Nel mese di dicembre, ha riportato infatti Eurostat, l’inflazione si è attestata al 2,2% annuo dall’1,9% del mese di novembre, ovvero al top dall’ottobre 2008 (3,2%). Di fatto, il valore è superiore al del limite che la Bce considera coerente con la stabilita’ a medio termine dei prezzi.
Un’altra preoccupazione è stata per le novità che arrivano dalla Cina. La banca centrale cinese ha varato infatti una nuova stretta sulla liquidita’ delle banche commerciali. A decorrere dal prossimo 20 gennaio, il coefficiente di riserva obbligatoria sale di 50 punti base al 19% della raccolta. Si tratta del settimo aumento consecutivo a partire dal 2010.
Sugli altri mercati i futures sul petrolio con consegna febbraio del petrolio scivolano dell’1,14% a $90,36. Il derivato con scadenza febbraio dell’oro perde $19,6 (-1,41%) a $1.367,40. Sul fronte valutario, l’euro sale a $1,3338 (-0,2%). Quanto ai Treasury, calano i prezzi dei titoli a dieci anni, i quali mostrano un rendimento al 3,32% in progresso di 2,2 punti base.
Alle 14:00 (le 8:00 ora di New York) il contratto future sull’indice S&P500 scende di 4,3 punti (-0,34%) a quota 1.277.
Il contratto sull’indice Nasdaq 100 segna -1,75 punti (-0,08%) in area 2.301.
Il contratto sull’indice Dow Jones arretra di 40 punti a quota 11.643 (-0,34%).