di Alberto Savarese
Una operazione di scissione parziale è da ritenersi elusiva se preordinata alla successiva rivendita delle quote societarie da parte dei soci persone fisiche al fine di realizzare un indebito risparmio d’imposta usufruendo della più vantaggiosa tassazione prevista per i capital gain.
La stessa operazione, pur mancando del requisito della proporzionalità, non è invece elusiva nel momento in cui è finalizzata alla divisione, in regime di neutralità fiscale, del complesso aziendale in distinte aziende che andranno poi effettivamente ad operare .
Questo principio, più volte espresso, è stato ribadito dal Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive nel parere n. 29 deliberato lo scorso 4 ottobre, originato dal quesito di una società il cui oggetto sociale è costituito dalla costruzione, riparazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di imbarcazioni proprie e di terzi e che detiene un capitale sociale ripartito tra quattro soci appartenenti a due nuclei familiari.
Essendo sorti dei dissidi sulle modalità di gestione e sulla politica imprenditoriale, è nata la necessità di procedere a una scissione – parziale e non proporzionale – al fine di garantire a ciascun gruppo la realizzazione delle proprie iniziative in piena autonomia.
Operazione questa che si dovrebbe concretizzare mediante il trasferimento di parte del patrimonio a una società in accomandita semplice di nuova costituzione partecipata interamente dagli attuali soci della parte istante, scissione che, da una parte, non comporterebbe una successiva cessione delle partecipazioni possedute nella società scissa o di quelle ricevute nella società beneficiaria, dall’altra non vedrebbe conguagli in denaro tra i soci, con il trasferimento delle attività dalla società scissa alla beneficiaria effettuato in regime di continuità di valori fiscali senza sottrazione degli stessi al regime di impresa, nell’ottica di un funzionamento e di una continuità aziendale e imprenditoriale.
Nel parere che si sta esaminando il Comitato consultivo non ha riscontrato elementi di elusività.
Decisiva, secondo il Comitato stesso, la garanzia di una continuità nell’attività d’impresa assicurata dal trasferimento dei beni a favore della società di nuova costituzione, il che non comporta una sottrazione degli stessi al regime d’impresa ma costituisce una prova della volontà di realizzare un rilancio della produttività nel rispetto dell’autonomia decisionale dei soci.
Diverso sarebbe il discorso se l’operazione fosse esclusivamente preordinata alla creazione di una o più società destinate a raccogliere il patrimonio scisso nella sola prospettiva, per i soci, di cederne immediatamente dopo la partecipazione. In tal caso , infatti, “…non sarebbe ravvisabile alcuna validità economica, perché l’operazione non sarebbe funzionale a un concreto interesse dei soci ad operare in base al contratto di società, in quanto la scissione non sarebbe diretta alla creazione di un sistema aziendale destinato a sopravvivere se non per il tempo necessario alla successiva vendita delle azioni o quote detenute nelle beneficiarie…”.
Infatti si produrrebbe solo l’effetto di spostare — nel caso in esame – la tassazione dagli immobili alle partecipazioni, generando un risparmio d’imposta, da ritenersi elusivo in quanto realizzato attraverso l’aggiramento delle norme poste dal legislatore in materia di tassazione delle plusvalenze.
Infatti, anziché cedere direttamente gli immobili, facendo emergere una plusvalenza assoggettabile a tassazione con aliquota ordinaria ( infatti la possibilità di separare i patrimoni in regime di neutralità non fa comunque venir meno l’assoggettabilità all’imposta dei relativi plusvalori quantificabili secondo le regole ordinarie al momento della loro cessione o assegnazione ai soci), si porrebbe in essere un’operazione complessa che si sostanzierebbe nella creazione di una società destinata solo ad accogliere beni da far circolare poi sotto forma di partecipazioni, trasformando così le plusvalenze sui beni in plusvalenze su partecipazioni.