L’euro arranca, l’economia dei Quindici, tranne alcune eccezioni, boccheggia e una vera e propria liberalizzazione del mercato stenta ancora a prendere forma.
Ciononostante, le aziende europee sono piu’ vivaci che mai. Progettano business plan aggressivi, investono e si lanciano in takeover, soprattutto oltreoceano, negli Stati Uniti, dove la vastita’ del mercato continua a offrire ottime oppurtunita’.
Un esempio potrebbe essere il recente tentativo di fusione (anche se fallito) tra la francese Alcatel e l’americana Lucent Technologies: e’ un caso emblematico di una realta’ (le mega-merger transatlantiche) che sta prendendo sempre piu’ piede.
Secondo i dati del Dipartimento del commercio americano, nel Duemila le societa’ europee hanno investito negli Stati Uniti circa $250 miliardi.
Il trend, malgrado l’attuale debolezza congiunturale, non sembra rallentare. Anzi.
Come spiega Eric Chaney di Morgan Stanley Dean Witter & Co. tale fenomeno sarebbe dovuto al fatto che “acquistare societa’ statunitensi rappresenta il modo migliore per aumentare la redditivita’, certamente piu’ valido rispetto a dolorose ristrutturazioni interne”.
Ma c’e’ anche l’altra faccia della medaglia. Questa tendenza generale – “l’innamoramento di una strategia”, come la definisce Stefano Falconi direttore finanziario del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Cambridge – puo’ anche giocare brutti scherzi.
E’ il caso sia della fusione Alcatel-Lucent sia dell’infelice merger tra colossi dell’auto, la tedesca Daimler e l’americana Chrysler.
“La strategia sui cui si fondava la merger – spiega Falconi – era molto buona, in quanto incentrata sulla volonta’ della Daimler di allargare a basso costo la propria gamma dei prodotti senza allo stesso tempo inquinare il brand tradizionale della Mercedes. Quello che non ha funzionato e’ stato non rendersi conto che il successo dei prodotti Chrysler, ossia minivan e jeep, non poteva durare all’infinito”.
Il risultato e’ sotto gli occhi di tutti: la DaimlerChrysler nel primo trimestre del 2001 ha riportato una perdita di 373 milioni di euro contro l’utile di 1,7 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente.
I primi a essere penalizzati per la crisi post-fusione sono ovviamente gli azionisti: rispetto allo scorso anno il titolo del colosso auto tedesco-americano ha perso il 15%.
L’insuccesso iniziale della fusione e’ per i manager della casa automobilistica una sfida formidabile, anche perche’ secondo gli analisti gli effetti della razionalizzazione del processo produttivo si vedranno non prima di 18 mesi. Tuttavia la merger ha avuto il “merito” di sfatare il mito che il termine fusione vada associato automaticamente a profitti piu’ alti e costi ridotti.
“Da quel giorno qualsiasi azienda intenda dar vita a una merger transatlantica non puo’ non avere a mente che un obiettivo: evitare di fare il bis con un’altra DaimlerChrysler”.
La citazione e’ di Henry Schacht, numero uno di Lucent Technologies. Proprio lui, protagonista con Serge Tchuruk, presidente della francese Alcatel, del piu’ clamoroso e inaspettato dietrofront societario degli ultimi tempi, che ha scosso l’intero settore high tech mondiale.
“Abbiamo abbandonato il tavolo della trattativa quando abbiamo capito che non si sarebbe trattato di una fusione tra eguali”, si e’ giustificato Schacht.
“Non siamo affamati di acquisizioni”, gli ha risposto prontamente Tchuruk, quasi a ricordare che tra le due aziende, e’ Lucent quella che presenta le piu’ grandi difficolta’ di mercato e rischi (i titoli obbligazionari di Lucent sono stati declassati da Standard & Poor’s a livello di junk bonds, cioe’ ”spazzatura”).
Che la situazione finanziaria di Lucent sia grave lo testimoniano i numeri.
Nei primi tre mesi dell’anno l’azienda ha registrato una perdita di $3,69 miliardi a fronte di un utile di $509 l’anno precedente.
Su Lucent pesa anche l’aumento di capitale richiesto dalla banche per completare lo spin off della sussidiaria Agere Systems.
Ad aggravare la situazione di Henry Schacht sono giunti anche i “no grazie” della Pirelli di Marco Tronchetti Provera e della Flextronics International all’acquisto rispettivamente della divisione fibre ottiche e di due stabilimenti di produzione.
Ma anche per Alcatel lo scenario e’ poco idilliaco. Dopo aver riportato nel primo trimestre dell’anno un utile netto di 210 miloni di euro, la societa’ guidata da Tchuruk ha lanciato un ”allarme utili” per la trimestrale successiva anticipando una perdita di 3 miliardi di euro contro l’utile di 344 milioni nello stesso periodo dell’anno scorso.
“Se Alcatel si fosse fusa con Lucent, avrebbe avuto pesanti problemi di integrazione e risultati negativi sul fatturato”, ha commentato Pier Lindberg, un analista di Dresner Klienwort Wasserstein.
Sembra pensarla allo stesso modo anche Eric Burkel, di Global Equites. Nonostante la maggiore solidita’ finanziaria di Alcatel rispetto a Lucent, l’aver annunciato il ‘profit warning’ pochi giorni dopo la notizia della fallita merger – dice Burkel – testimonia chiaramente che “la compagnia francese intendeva sfruttare la fusione per nascondere in realta’ le falle del bilancio, dovute al rallentamento congiunturale”.
Paradossalmente Lucent ha invece ribadito le proprie previsioni relative al secondo trimestre dell’anno, il suo terzo fiscale, per il quale ha dichiarato di attendersi un fatturato in modesta crescita rispetto ai primi tre mesi del 2001, quando le vendite si erano attestate a $5,9 miliardi.
Insomma, accantonate le ostentazioni di sicurezza di Tchuruk, risulta evidente che la mancata fusione non e’ stata positiva per Alcatel. Qualora Lucent riuscisse a escogitare un sistema per uscire dalla crisi attuale, l’azienda francese avrebbe enormi difficolta’ per penetrare sul ricco mercato statunitense.
Tra gli investitori e gli analisti resta pero’ un dubbio: cosa sarebbe nato dalla fusione di questi due colossi? Un leader mondiale nelle infrastrutture per le telecomunicazioni, o un gigante dai piedi di argilla?
Il mercato, il suo verdetto l’ha gia’ espresso. Da quando e’ iniziata a circolare la voce della mega-merger transatlantica, ora che le trattative sono fallite, il titolo Lucent ha reagito con un calo del 21%, mentre le azioni Alcatel scese del 13%.