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FUGNOLI: TUTTO OK, SE IL PETROLIO
NON S’ INFIAMMA

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*Ugo Bertone e’ il direttore responsabile di Finanza&Mercati. Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) –

Dollaro ai nuovi minimi sull’euro
(quota 1,37) anche sull’onda
della crisi dei mutui. Wall Street
frena, ma Ben Bernanke sottolinea
che la Fed considera l’inflazione
«core» troppo elevata,
allontanando l’ipotesi di un calo
dei tassi. Sarà un’estate da
brivido? «No, ameno che l’inflazione
non salga sopra i livelli di
guardia. Per ora non è il caso di
allarmarsi. Ma si viaggia sul filo.
Non è un caso che la Iea torni
a parlare di oil crunch, ovvero
della penuria di petrolio entro 5
anni». Così Alessandro Fugnoli,
strategist di Abaxbank, per temperamento
prudente, ma non catastrofista.

Partiamo dal dollaro debole.
Fino a che punto arriverà?

Il dollaro corre su una strada
a senso unico. E dovrà percorrere
ancora un lungo cammino.
Con buona pace di Sarkozy.
Sembra quasi una risposta a
distanza al presidente francese
che invoca sviluppo più che
stabilità. Come l’Italia…
Direi che a Bruxelles sono
molto soddisfatti di aver evitato
una frattura politica con la
Francia. Del resto l’economia
europea non sta soffrendo
l’ascesa del dollaro. Eppure siamo
passati da 0,85 a 1,37.

A questo punto, però, c’è da
preoccuparsi. O no?

Il vero problema è che il dollaro
dovrebbe indebolirsi verso
l’Asia. Per l’Europa, invece, le
cose vanno bene così. Altrimenti,
dovremmo comprare dollari
contro euro. Cosa che l’Europa
non fa.

Intanto esplode la crisi dei
mutui. È sotto controllo?

Direi di sì. Ma non facciamoci
illusioni: quel che deve esplodere,
esploderà. E per qualcuno
saranno dolori. Anche grossi.

La regulation, ancora una volta,
non ha funzionato. Non è
così?

Nonostante la retorica del
mondo politico o degli sforzi delle
banche centrali, a partire dalla
Bce di Jean-Claude Trichet, è
molto difficile evitare che i mercati
finanziari non creino strumenti
nuovi, anche a scapito
della trasparenza. Siamo di
fronte a prodotti
dal pricing complesso
e soggettivo.
I dati rivelati
da Bloomberg si
riferiscono ad una
fetta modesta dei
38 trilions di dollari
che rappresentano
la carta non
equity in circolazione
per il mondo.

Sembra la statistica
del pollo di
Trilussa. Sono cifre enormi…

Vero, si tratta di cifre che potrebbero
creare grossi impicci
se la situazione di mercato fosse
più fragile di quella attuale.
Ma non credo che il mercato
possa precipitare.

Però sembra
che sia più difficile
per i private
raccogliere nuovi
fondi. Non crede
che si possa
spezzare il circuito
virtuoso di
questi anni?

La mia sensazione
è che qualcuno,
vedi Ben Bernanke,
voglia inserire
un granello di
sabbia in un meccanismo
fin troppo oliato. Negli
ultimi tempi si è notevolmente
abbassata la soglia del rischio.
Capita di vedere operatori del
private equity, un tempo assai
attenti al prezzo d’acquisto, farsi
travolgere dall’euforia e dall’ansia
di non farsi sfuggire l’affare.
Anche perché si ha la sensazione
di poter liquidare in dodici
mesi, con profitto, operazioni
che un tempo venivano effettuate
in cinque anni.

Fino a poche settimane fa si
viveva nel migliore dei mondi
possibile: denaro abbondante,
tassi di crescita impetuosi. E
adesso?

I fondamentali dicono ancora
azioni. Ma è meglio rivedere le
posizioni all’insegna della prudenza.
Il calo del dollaro, visto
dall’Europa, obbliga il nostro
Continente a star dietro a
Washington con una politica
espansiva. Ma le
mosse della Bce
sono sempre dietro
di una lunghezza.
Il problema è
l’inflazione.

Cioè?
Cioè l’equilibrio,
pur instabile, è destinato
a funzionare
finché non si verifichi
uno shock
sui prezzi. Per ora
non lo vedo. Ma
siamo sul filo.

Rischio petrolio?
L’arrivo di una terza portaerei
americana sullo scacchiere del
Golfo non è una bella notizia.
Così come non lo sono i tunnel
che gli iraniani continuano a
scavare attorno alle loro centrali.
Forse è solo la
solita schermaglia
diplomatica.
Ma lascia da pensare.
Senza dimenticare
i possibili
uragani.

Sarà un caso,
ma si riparla di
penuria di petrolio.

Sì, si riparla di
oil crunch e si trascura
il fatto che
gli stock delle riserve
sono elevati. Ma così
vanno i mercati: se il dollaro
s’indebolisce quando le cose
vanno bene, si dice che è il momento
giusto. Altrimenti si lancia
l’allarme.
Il bicchiere insomma, può essere
mezzo pieno o mezzo vuoto.
E Fugnoli ha la filosofia e
l’onestà di non spingersi oltre:
le Cassandro sono più chic.
Ma, il più delle volte non ci
prendono.

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