Società

Fuga dall’Italia: dieci paesi dove vale la pena emigrare

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MILANO (WSI) – Da anni ormai in Italia si parla della perdita di capitale umano. In inglese si chiama “brain drain”, da noi “fuga dei cervelli”, e nel nostro paese è un fenomeno di entità significativa. Il dibattito pubblico sul tema è centrato sulle conseguenze per il “sistema Italia”: per lo più, la fuga dei cervelli è vista come un fenomeno negativo, anche se alcuni sostengono che ciò non è necessariamente ovvio, giacché molti dei cervelli in fuga finiscono per rientrare portando con sé un patrimonio di esperienza acquisita all’estero.

Il dibattito, seppur interessante, ha limitate conseguenze pratiche per i protagonisti dell’esodo – cioè i ragazzi. Se la Costa Concordia sta affondando, ai passeggeri poco importa di sapere se la nave potrà essere recuperata, quello che bisogna sapere è dove sono localizzate le scialuppe. Fuori di metafora, i ragazzi (almeno alcuni) necessitano di una scheda di istruzioni di emergenza per l’evacuazione. In questo spirito, il nostro articolo non si rivolge alla politica né alle università, ma ai giovani (e anche ai meno giovani) che stanno considerando la possibilità di partire.

QUATTRO PARAMETRI DA CONSIDERARE

Partire sì – ma per dove? A chi si è fatto, magari a tempo perso, questa domanda, vogliamo qui offrire una possibile risposta in una forma provocatoria, ma speriamo divertente. Proponiamo una classifica delle destinazioni per l’emigrante, da noi elaborata.

La nostra classifica tiene conto di quattro parametri. Il primo è il Pil pro capite del paese di destinazione. Questo ci sembra pacifico: nessuno vuole emigrare in un paese povero. Il secondo parametro è il rapporto debito/Pil. Secondo noi è un parametro importante perché predice se il paese continuerà a essere ricco nel medio periodo. Paesi con alto debito pubblico saranno costretti – a meno di improbabili scatti di crescita – a tassare molto e quindi la crescita ne soffrirà (vedi, appunto, l’Italia negli ultimi vent’anni). Non sono quindi destinazioni desiderabili per un italiano.

Il terzo criterio considerato nella nostra classifica è un indice di “efficienza” del sistema economico, cioè quanto è facile “fare business” in quel paese. L’indice è il cosiddetto “business freedom index” compilato dalla Heritage Foundation e tiene conto della facilità di aprire e chiudere un’attività e quella di ottenere una licenza. Per chi emigra, infatti, le barriere all’entrata nel paese di destinazione sono deleterie, e quindi sono più desiderabili quelli con barriere più basse.

Il quarto criterio concerne i valori dei cittadini del paese di destinazione, con riferimento alla loro l’apertura all’immigrazione. A questo scopo utilizziamo la World Value Survey, una indagine campionaria di carattere sociologico. Abbiamo calcolato la percentuale di individui che, in risposta alla domanda “non mi piacerebbe avere un vicino di casa che sia …”, non ha risposto “lavoratore immigrato”. Una alta percentuale di intervistati in un dato paese che non menziona gli immigrati è considerata indice di accettazione dell’immigrazione in quel paese.

I DIECI PAESI DOVE EMIGRARE

Sulla base di questi quattro indicatori, calcoliamo l’indice di desiderabilità semplicemente sommando tutti gli indicatori (il rapporto debito/Pil entra con segno negativo.) I primi dieci paesi di questa speciale classifica sono riportati qui sotto.

In classifica spicca la presenza di due paesi arabi (Qatar e Kuwait) nei primi quattro posti. Il risultato, forse inatteso, è dovuto al basso debito pubblico e al fatto che il loro Pil pro capite è tra i più alti al mondo grazie al petrolio. Tuttavia, l’indice di accettazione degli immigrati in Qatar (0,54) è uno dei più bassi del nostro campione, mentre il valore per il Kuwait è 0,63, comunque inferiore alla media (0,754).

L’Australia risulta una destinazione molto appetibile rispetto a tutti i parametri considerati, con alta accettazione degli immigrati (0,89), alta libertà economica e basso debito pubblico. La Nuova Zelanda ha indicatori sovrapponibili all’Australia, a parte il Pil pro capite (40.842 dollari contro 67.468).
Il modello scandinavo ottiene a sua volta un ottimo piazzamento con la Svezia, caratterizzata da elevato Pil pro capite, altissima accettazione degli immigrati (0,96) e buona libertà economica.

Per quanto riguarda l’Asia, Singapore primeggia per Pil e, soprattutto, libertà economica (l’indice è 89,4, il più alto del nostro campione). Tuttavia, l’indice di accettazione è solo di 0,64 e preoccupa il rapporto debito/Pil al 105 per cento. Taiwan è forse una destinazione più sicura nel lungo periodo; garantisce infatti alta accettazione (0,8) e un debito pari al 38,9 per cento del Pil.

Gli Stati Uniti si confermano una delle migliori destinazioni; è interessante notare che il loro indice di libertà economica (75,5) non è molto lontano da quello svedese (73,1).
Olanda e Germania, infine, si segnalano come le migliori destinazioni in Europa centrale grazie a un buon punteggio in tutti i parametri considerati (senza contare che sono paesi con un ricco patrimonio calcistico).

In conclusione – e più seriamente: è chiaro che la decisione di dove emigrare è molto personale, e dipende in gran parte dalle opportunità disponibili per il singolo individuo. Però, pensiamo che sia interessante sapere quali paesi, in linea generale, sono più “attraenti”; specialmente perché alcuni di quelli in testa alla nostra “classifica provocatoria” sono forse inaspettati, e anche perché sette su dieci non sono europei. Come diceva un comico d’altri tempi: meditate gente, meditate!

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da La Voce info – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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