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(WSI) –
Gennaio fotografa senza possibilità di appello la fuga in corso già da diverso tempo dai fondi d’investimento. A quanto pare, con il nuovo anno sono molti i risparmiatori usciti dall’industria del risparmio gestito. Molto probabilmente, gli italiani sono stati dirottati verso prodotti strutturati o altri tipi di obbligazioni. Prodotti, si fa osservare, a volte meno trasparenti e meno liquidi (i fondi hanno una quotazione giornaliera e possono essere venduti in ogni momento) e anche più costosi dei fondi, ma da cui forse le banche possono trarre maggiori commissioni.
Questa la lettura che alcuni esperti danno dell’inatteso tracollo dell’industria dei fondi visto a gennaio. Una lettura che punta il dito sulle stesse banche quali responsabili dirette dell’uscita degli italiani dai fondi. La sfavorevole tassazione sui fondi italiani spiega infatti solo in parte la disaffezione dei risparmiatori, visto che sono stati colpiti dai riscatti anche i fondi cosiddetti roundtrip, ossia “esterovestiti” per ragioni fiscali.
Inoltre appare riduttivo anche la fuoriuscita dagli obbligazionari con il ribasso dei prezzi, dal momento che i riscatti hanno interessato anche i fondi azionari, che in questo momento stanno ritoccando i nuovi massimi.
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In dettaglo, le cifre indicano una tendenza che inizia a diventare preoccupante. I dati definitvi di gennaio diffusi da Assogestioni mettono in evidenza una raccolta negativa per circa 5,88 miliardi di euro. Si tratta del secondo peggior risultato di sempre. Solo nel settembre 2001, dopo l’attacco alle torri gemelle, i deflussi dai fondi erano stati più robusti, con un rosso record per quasi 9 miliardi. In un mese, in pratica, il deflusso è stato pari a un terzo di quello visto complessivamente nell’intero 2006. E nonostante l’andamento positivo dei mercati, il deflusso è stato così’ violento da impattare sul patrimonio investito, sceso a 606,9 miliardi, contro i 609,2 miliardi di euro di fine 2006.
Gli unici che se la sono cavata sono i fondi Flessibili. Dopo aver chiuso l’anno con una raccolta positiva, i fondi di Liquidità sono tornati in territorio negativo accusando deflussi per oltre 2,4 miliardi. Sono stati i fondi Obbligazionari a accusare le perdite più consistenti, che in gennaio hanno superato i 3,7 miliardi di euro. E’ rimasto stabile e in territorio negativo l’andamento della categoria dei Fondi Bilanciati, che hanno perso 384 milioni di euro. In lieve frenata l’uscita dai Fondi Azionari per i quali i disinvestimenti a fine mese sono stati pari a 464 milioni (a dicembre erano superiori a 1 miliardo).
Inoltre, ancora una volta i deflussi hanno investito in primo luogo i fondi di diritto italiano, che chiudono gennaio con deflussi netti per 6,3 miliardi. Appena sopra la parità (per 276,6 milioni) i fondi roundtrip (di diritto estero, ma istituiti da intermediari italiani) e modesto attivo per i fondi esteri (più 141 milioni).
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Fondi, la mappa di chi ha perso di più
In gennaio Pioneer ha subito riscatti pari ad un sesto del rosso complessivo del sistema. Tra le grandi, Bpu ancora a tutto gas. Foà (Anima sgr): “La colpa è delle banche, che vendono altri prodotti”.
di VITTORIA PULEDDA
MILANO – Le società di gestione dei fondi comuni perdono a rotta di collo; le grandi come le piccole, le indipendenti come quelle legate ai gruppi. E, cosa altrettanto importante, perdono le sgr italiane ma anche molte di quelle estero-vestite: anzi, il peggior risultato di gran lunga è stato quello di Pioneer, che ha prodotti di diritto italiano, ma soprattutto estero-vestiti (i roundtrip). La sgr, che fa capo a Unicredit, in gennaio ha subito un deflusso netto pari ad un sesto di tutto il rosso del settore: oltre un miliardo di saldo negativo.
Colpa, spiega una nota della società, «di consistenti uscite dai fondi monetari, sui quali a dicembre viene generalmente parcheggiata la liquidità, e dagli obbligazionari, a causa del maggior rendimento di strumenti a breve termine, a seguito dei recenti rialzi dei tassi». Una spiegazione comprensibile: le ultime aste dei Bot sono andate a ruba e i rendimenti sono risultati sicuramente più appetibili rispetto al passato; ma nell´immaginario collettivo i fondi comuni dovrebbero rendere qualcosa di più dei Buoni del Tesoro, specie in periodi come questi, in cui i mercati finanziari vanno molto bene.
Ma anche i diretti concorrenti di Pioneer se la passano male: se si uniscono i risultati di Eurizon (Sanpaolo) e Caam-Nextra, come sarà da qui a pochissimo (anche se non proprio tutto questo secondo perimetro confluirà in Intesa-Sanpaolo) si ha un saldo negativo pari a 1.264 milioni di euro; tra le grandi non si salva nessuno, a parte la mirabolante performance di Bpu, che da un paio di anni incassa solo risultati positivi (quasi 300 milioni in gennaio, 1.440 milioni in tutto il 2006). «La nostra ricetta è molto pragmatica – spiega Marco Carreri, amministratore delegato della sgr – abbiamo accorciato la catena che lega il produttore al cliente finale, il quale viene costantemente guidato verso scelte consapevoli.
Ma certo, ragionando in termini di sistema, occorre eliminare le asimmetrie fiscali, che penalizzano i prodotti italiani, ma non credo che alla fine quello sia il punto risolutivo».
Sul nodo della fiscalità, che avvantaggia i prodotti esteri (e quelli roundtrip) è intervenuto ieri anche il vice ministro dell´Economia, Vincenzo Visco, che ha auspicato una rapida riforma della tassazione dei redditi da capitale (ora in discussione in Parlamento) per equiparare i fondi italiani con quelli stranieri: «Con la legge delega potremo garantire condizioni fiscali alla pari con gli strumenti esteri, in modo da evitare almeno questo fattore sfavorevole». Tuttavia non è detto che la misura sia sufficiente.
«L´asimmetria fiscale esiste, ma il problema è che qui il confronto non è tra prodotti italiani e prodotti esteri, ma la contrapposizione è tra fondi comuni e unit linked, obbligazioni strutturate e prodotti assicurativi di vario tipo – sbotta Alberto Foà, amministratore delegato e fondatore di Anima sgr -. La diagnosi è semplice: il sistema distributivo, e in primo luogo le banche, si sono rivolte verso prodotti meno trasparenti ma più redditizi per chi li colloca». Di conseguenza, il sistema fondi patisce.
Ormai in modo preoccupante: da un anno all´altro, moltissime sgr hanno visto dimagrire il proprio portafoglio, perché il miglioramento dei mercati finanziari non è stato in grado di bilanciare il flusso dei riscatti. E, finora, a parte qualche piccolo scossone sul fronte del reddito fisso, non si sono visti momenti di difficoltà sul versante dei mercati borsistici, quando tradizionalmente i sottoscrittori di fondi corrono a riscattare le quote: se la tendenza ad uscire verrà confermata negli eventuali momenti di difficoltà, per l´industria del risparmio gestito potrebbero prepararsi momenti davvero difficili.
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