
ROMA – Marcia indietro del governo sui tagli ai costi della politica e alle province. Queste ultime non scompariranno prima di marzo 2013. Il calendario e’ estremamente serrato per quanto riguarda i tempi di approvazione.
Un emendamento appena depositato nelle commissioni Finanze e Bilancio della Camera riscrive l’articolo 23 della manovra dando più tempo per adeguare alla media europea gli stipendi dei parlamentari italiani e per riassegnare a comuni e regioni le funzioni oggi esercitate dalle province.
La manovra affida a un decreto d’urgenza del governo il compito di ridurre gli stipendi dei parlamentari, qualora entro dicembre 2011 la commissione insediata presso l’Istat con il compito di fissare il livello adeguato di retribuzione non abbia concluso i suoi lavori.
L’emendamento riscrive il testo stabilendo semplicemente che “il Parlamento e il governo, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni, assumono immediate iniziative idonee a conseguire” l’adeguamento alla media europea degli stipendi riconosciuti ai parlamentari, senza fissare una scadenza.
Cambia anche la parte dell’articolo 23 che limita alle funzioni di indirizzo e di coordinamento l’attività delle province.
La manovra cancella le giunte e limita gli organi provinciali al presidente e a un consiglio di non più di 10 membri. Il testo uscito da Palazzo Chigi prevede inoltre che entro il 30 aprile 2012 debbano entrare in vigore le leggi regionali e statali che hanno il compito di trasferire a comuni e regioni buona parte delle funzioni oggi svolte dalle province.
L’emendamento fa ora slittare il termine al 31 dicembre 2012.
Gli attuali organi provinciali decadranno “in ogni caso” alla data del 31 marzo 2013, aggiunge l’emendamento al comma 20. Una modifica che, secondo il governo, si è resa necessaria per consentire a sette province di andare alle elezioni nel 2012, alla scadenza naturale del loro mandato.
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Le modifiche sulla perequazione delle pensioni (salterebbe solo oltre due volte il minimo), l’Imu ‘ammorbidita’ in relazione a redditi e carichi familiari, le Province e forse i tagli ai parlamentari (il termine ultimo per recepire i lavori della Commissione Giannini) arriveranno in mattinata alla Camera.
I relatori nelle Commissioni Bilancio e Finanze e il Governo, dopo una giornata d’attesa, rinfocolata anche dalle dichiarazioni del ministro del Lavoro Elsa Fornero (le novità sulle pensioni “stanno arrivando”) si sono prese una nottata di riflessione e di lavoro per mettere a punto le proposte e depositarle entro le 8,30 alle Commissioni.
Ma intanto un aiuto arriva per le aziende in crisi: via libera ad un emendamento che allunga di 72 mesi la possibilità di pagare le rate a Equitalia.
Il calendario è serrato: esame dei provvedimenti accantonati e dei sub-emendamenti fino alle 14, ora intorno alla quale è atteso in aula il premier, Mario Monti. Poi l’ok arriverebbe per le 16 per consegnare la manovra e le modifiche all’aula di Montecitorio per mercoledì alle 10. Il via libera della Camera arriverebbe così in settimana (con probabile fiducia) per consegnare poi la manovra al Senato da lunedì prossimo per la conversione definitiva a ridosso di Natale.
I sindacati vanno comunque allo sciopero: il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, apprezza le dichiarazioni del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sulle possibili modifiche del blocco delle indicizzazioni delle pensioni oltre due volte il minimo.
“Quando avremo le modifiche, le apprezzeremo. Speriamo siano congrue. Chiediamo però ci sia anche la modifica sull’Ici sulla prima casa”. Il leader della Cgil, Susanna Camusso, torna a puntualizzare che sui pattrimoni non c’é stata certo la stessa attenzione che sule pensioni e l’Ici, e il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, sottolinea più genericamente: “oltre all’Italia bisogna salvare gli italiani”.
Mentre Emma Marcegaglia non entra nel merito, incita a fare presto, ma sottolinea ai sindacati in sciopero: “bisogna tener conto che qui o ci salviamo tutti o non si salva nessuno”. Sulle pensioni, al di là delle diverse ipotesi circolate, non è ancora noto quale è l’orientamento del Governo: si parla di un intervento di perequazione dell’assegno al 70% per le pensioni tra 1.200 e 1.400 euro e lo stop alla rivalutazione per quello oltre i 1.400.
Ma l’intervento sarebbe oneroso e sarebbe assai complicato coprire la novità con un ‘raddoppio’ dell’una tantum dell’1,5% sui capitali scudati. Né si ricorrerebbe alle aste tv. Il governo starebbe così ipotizzando una copertura ‘multipla’ recuperando piccole cifra da diversi interventi.
Anche per questo si starebbero allungando i tempi per la presentazione della misura. Intanto alcune modifiche, molte di natura fiscale, passano il vaglio: un emendamento della Lega porta a 1.000 euro il limite per il pagamento cash della P.a. risolvendo così il problema dei pensionati che viceversa sarebbero stati costretti a dotarsi di carta elettronica. E sempre sui pagamenti un altro emendamento, sempre del Carroccio, porta ad un massimo dell’1,5% la commissione che le banche possono chiedere ai commercianti in caso di pagamento elettronico.
Si modifica la norma sul massimo scoperto e si affida direttamente al proprietario (e non ad Equitalia) la vendita degli immobili su cui grava un’ipoteca. L’incasso va ad Equitalia che storna la parte maggiore rispetto al debito allo stesso proprietario.
Aiuti arrivano anche per le aziende in ‘crisi’ di liquidità che potranno contare su un’ulteriore proroga di 72 mesi per i pagamenti a Equitalia. Infine non passa la dicitura “quoziente familiare” nella definizione della nuova Isee previsto nella manovra, ma l’indicatore terrà comunque conto dei figli, specie dal terzo in poi e delle persone disabili presenti in famiglia.