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FOCUS
SUL MERCATO AMERICANO

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* Norisk è una società indipendente di analisi e ricerche finanziarie. Questa analisi e molte altre sono disponibili sul sito www.norisk.it

La scorsa settimana non è stata positiva per gli investitori. Il mercato azionario ha continuato a calare, w l’effetto è stato amplificato dal forte calo del dollaro -1.65% s/s.
Il dato sugli acquisti netti di strumenti finanziari da parte degli investitori esteri, è risultato in forte calo ed inferiore alle attese, causando le vendite copiose sulla valuta e, in minor misura, sull’azionario.

La diffusione delle trimestrali ha probabilmente limitato i danni. I profitti sono cresciuti nel terzo trimestre leggermente meglio di quanto stimato e qualche player ha migliorato l’outlook per i prossimi mesi (es. Microsoft).
I dati sull’economia USA hanno inquadrato una situazione ancora positiva: il comparto edilizio immobiliare ha visto scendere i nuovi cantieri residenziali, ma aumentare i permessi per costruire che costituiscono il “termometro” per l’evoluzione futura.

Il pericolo inflazionistico a settembre è rimasto attuale ma non così preoccupante se rapportato al forte rialzo dei costi di produzione delle imprese, causato dal petrolio e dalle materie prime.
Le vendite al dettaglio ad ottobre sembrano “soft” ma i reports Redbook e ICSC-UBS ultimamente hanno manifestato dei seri limiti come indicatori anticipatori.

La ricerca svolta dalla FED di Philadelphia ha mostrato che il settore manifatturiero rimane vivace, ma i partecipanti all’inchiesta rimangono pusillanimi per quanto concerne il futuro.
Questa settimana verranno diffusi i dati sui nuovi ordini di beni durevoli e sul PIL del terzo trimestre che potrebbero far rialzare il morale agli investitori.
La valutazione dell’indice S&P500 è da ritenere interessante se l’espansione economica nel 2005 rimarrà su valori vivaci, prossimi al 3%. Il prezzo del petrolio può rallentare la crescita ma difficilmente può spingere gli USA in recessione, come ha sostenuto Greenspan.

Il rischio petrolifero per gli States è ormai associato al rischio dollaro: l’aumento del prezzo del greggio sta portando il deficit commerciale su livelli non sostenibili, spingendo gli operatori a vendere dollari.
L’instabilità da biglietto verde è persino più rischiosa del rischio petrolifero.
La situazione tecnica è da ritenersi negativa suggerendo un’esposizione minima, soprattutto in virtù della situazione del tasso di cambio euro/dollaro.

IL PUNTO FONDAMENTALE
La scorsa settimana è continuata la diffusione delle trimestrali e ormai circa il 60% della capitalizzazione dello S&P500 ha rilasciato i dati relativi al terzo trimestre.
Il quadro risulta abbastanza positivo e il livello dei profitti appare più elevato dello stime dell’ 1.5%. I settori più brillanti sono stati quelli Risorse di base (+125% a/a), Energy (+40.9% a/a) e quello tecnologico (+24.2% a/a). I peggiori sono stati quelli finanziari (-0.2% a/a) e utilities (-0.2% a/a). Occorre precisare che gran parte dei titoli energetici renderanno noti i risultati questa settimana.

Microsoft ha registrato un aumento del fatturato del 12% a/a e degli utili del 6.9% a/a. Inoltre la società ha innalzato gli obiettivi gestionali per l’esercizio in corso (si chiuderà nel giugno 2005).
Molto bene anche per IBM, Google e Symantec. Altrettanto validi i risultati di Texas Instruments.
Gran parte delle imprese hanno superato le stime del mercato, seppur modestamente.
I risultati più deludenti sono stati quelli di Altria, Colgate-Palmolive e AT&T.
Amazon non ha rispettato le elevate aspettative sul titolo nonostante abbia registrato utili in aumento del 55% a/a.
La crescita annua degli utili è stata finora pari al 10% circa, ribadendo la stima della settimana precedente.

La settimana corrente saranno diffusi i dati trimestrali sui giganti della old-economy, soprattutto i titoli petroliferi. Quindi American Express, Boeing, Chevron-Texaco, Comcast, Conoco, Dow Chemicals, Dupont, Exxon, Gillette, Lockeed Martin, Procter & Gamble, Verizon, Viacom.
I tassi di interesse hanno ripreso a scendere in seguito ai timori relativi al possibile rallentamento dell’economia USA nel 2005: il tasso swap a 10 anni (dollari) è arrivato a 4.39%, in discesa dal 4.47% della settimana precedente.

Questa tendenza insieme alla diffusione delle trimestrali hanno portato il tasso di crescita degli utili implicito nei prezzi delle azioni a +0.99%, (scorso periodo 1.25%), da confrontare con una crescita effettiva registrata negli ultimi 5 anni pari al 6.2% annuo.
Ricordiamo che una riduzione di questo indicatore, a parità di condizioni, rende l’investimento nel mercato azionario più appetibile e viceversa.
Anche gli indicatori di breve termine sono scesi:
– il rapporto prezzo/utili è di 20.8 (21.1 il precedente)
– Il P/E atteso per quest’anno è del 17.7 (elaborazione Norisk su dati Thomson Financial/IBES).
Gli stessi indicatori per il Nasdaq 100 sono rimasti abbastanza stabili:
· tasso di crescita implicito negli utili: 9.25% (9.25% la scorsa settimana) e una crescita effettiva registrata negli ultimi 5 anni pari al 7.6% annuo.
· Prezzo/utili corrente 35.8
· Prezzo/utili atteso per quest’anno 27.8

IL PUNTO TECNICO
Lo S&P500 (–1.1% s/s) subisce la terza settimana consecutiva di cali, violando il primo supporto posto a 1100, ma resistendo a quota 1094.
L’indice scende stabilmente al di sotto della media mobile a 200 giorni e anche questo indicatore è in calo da qualche seduta.
Il macd, il direzionale e il parabolic sar sono ribassisti e in ulteriore peggioramento, mentre l’iperreattivo oscillatore stocastico è diventato rialzista.
Il calo in atto non sembra essere esaurito, sebbene sia possibile qualche seduta di rialzo oppure di consolidamento. Tenendo conto della situazione l’esposizione appropriata appare 25% .

IL PUNTO DI “SENTIMENT”: VIX-PUT/CALL RATIO
La volatilità implicita dello S&P100 continua la tendenza al rialzo in linea con il calo del mercato azionario. Il livello attuale è posto a 16.09% (la media mobile a 10 giorni è 15.6%) e dovrebbe puntare verso il massimo di periodo a quota 17.8%.
L’indicatore è coerente con la continuazione del trend ribassista, seppur con una dinamica più contenuta.
Il put/call ratio, nonostante il calo del mercato azionario, ha iniziato a scendere evidenziando un calo degli operatori ribassisti.
L’indicatore rimane ancora al di sopra del valore medio, ma ancora lontano dalla zona estrema che indica un eccesso di pessimismo (ovvero segnale di acquisto).
Da qualche tempo l’indicatore appare poco utile dal punto di vista operativo.