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Flop vertice PdL/Lega: illusioni del premier, dura realta’ dell’Euro (con Tremonti cane da guardia)

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È durato molto più del previsto e, alla fine, il vertice di Arcore, dopo un confronto fuori dai denti tra Berlusconi e Tremonti, sulla riforma del fisco ha prodotto soltanto l’ennesimo rinvio. Non è andata in porto l’operazione “rilancio”.

Un’operazione immaginata da Silvio Berlusconi per uscire dall’angolo e liberarsi dall’ipoteca della sconfitta elettorale. Il Cavaliere avrebbe voluto sentire dal ministro dell’Economia una sola frase: “Si può fare”. Ma si è dovuto accontentare di un generico “vedremo a settembre”.

Il faccia a faccia tra il premier e Tremonti, che ha preceduto la riunione allargata ad altre dieci persone (“troppe – osserva uno dei presenti – perché si decidesse davvero qualcosa”), è stato per Berlusconi una vera doccia fredda. “Giulio, mi rendo conto dei tuoi vincoli, ma dobbiamo fare qualcosa, dare un segnale subito agli elettori”. “Mi dispiace, non ci possiamo permettere ora un taglio delle aliquote, non ci sono margini”, gli ha spiegato il ministro dell’Economia senza alzare la voce. “E poi i vincoli non li ho stabiliti io, è tua la firma sul piano nazionale di riforme che abbiamo portato a Bruxelles”. Continuando poi a smontare mattone dopo mattone il castello di illusioni del Cavaliere, convinto di poter “trattare” con l’Unione europea un piano di rientro meno drastico grazie alla solidità patrimoniale delle famiglie italiane: “I mercati – ha replicato il ministro – non ci perdonerebbero alcun passo falso. Il giudizio sui nostri conti non lo dà Bruxelles, lo danno tutti i giorni le agenzie di rating. Che leggono i giornali molto attentamente”.

Insomma, quello di Tremonti è un no su tutta linea. Tant’è che sia i “bossiani” che i “berlusconiani” accusano il ministro di essere l’unico “vincitore” del summit.

La novità politica, semmai, è che stavolta, quando il vertice si allarga anche ad Alfano e ai leghisti, Umberto Bossi si sposta sulle posizioni del Cavaliere. Isolando di fatto il ministro dell’Economia, rimasto l’unica sentinella del rigore. Anche la Lega è infatti sotto shock per lo “sberlone” ricevuto nelle urne, il tradizionale asse con Tremonti sta scricchiolando sotto il peso delle esigenze elettorali. Il Carroccio ha capito che il federalismo non paga, servono misure concrete a favore dei piccoli imprenditori, degli artigiani, delle partite Iva. Insomma, la riunione di Arcore si trasforma in una sorta di processo a Tremonti, ma senza arrivare a una sentenza. Berlusconi chiede che venga presentata già a fine giugno, insieme alla manovra di correzione dei conti, la legge delega sulla riforma fiscale. Due operazioni che andranno approvate contestualmente: “Sono mesi che si riuniscono questi tavoli di studio al tuo ministero, ora ci serve un taglio delle tasse, non l’ennesimo libro bianco”. Il ministro dell’Economia gli spiega che a giugno è troppo presto.

L’intenzione sarebbe quella di presentare la riforma del fisco a settembre, insieme alla legge di stabilità. Berlusconi spera di renderla poi esecutiva nel 2012 e quindi “tangibile” nelle dichiarazioni dei redditi che verranno presentate nella primavera del 2013. Guarda caso alla vigilia del voto. Nel frattempo chiede almeno “la fine delle vessazioni fiscali”, un freno ad Equitalia, alle ganasce fiscali, al sequestro dell’automobile, ai blitz dei finanzieri “che si presentano in divisa e ad armi spianate nei capannoni, come se fossimo in uno stato di polizia”. E su questo, solo su questo, trova udienza nel ministro. Tanto che gli alleggerimenti fiscali e le semplificazioni potrebbero effettivamente trovare posto nella manovra di correzione di giugno. La carota insieme al bastone. Altra piccola concessione, più simbolica che reale, è l’apertura di due uffici di rappresentanza al Nord per i ministeri di Bossi e Calderoli. Uffici “altamente operativi”, ma non i ministeri veri e propri. Si discute anche del trasferimento, da Roma a Milano, della sede principale della Consob. Briciole.

“È andato tutto bene – ha confidato il premier al suo arrivo ieri sera piazza di Siena – tranne che per Tremonti”. In effetti qualche motivo di consolazione il Cavaliere l’ha avuto. Il rapporto con Bossi non cede, almeno per ora: “Silvio, finché te la senti noi siamo con te”. I due leader, entrambi indeboliti dalla sconfitta elettorale, hanno deciso di sostenersi insieme. Bossi ha provato a sondare il terreno su un’anticipazione al 2012 delle politiche, trovando tuttavia Berlusconi determinato ad “andare avanti fino alla fine della legislatura”. Ma i leghisti hanno chiesto al premier un “cambio di passo”, perché “non si può proseguire così altri due anni dando l’impressione di non fare niente. Allora sarebbe meglio giocare d’anticipo”.

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MILANO – Operatività politica anche al Nord. È quello che la Lega aveva chiesto alla vigilia dei ballottaggi al Pdl. Il premier aveva chiesto tempo, rimandando ogni decisione a dopo il voto. E ieri al vertice di Arcore Bossi sarebbe stato accontentato. Secondo fonti parlamentari di maggioranza infatti l’orientamento emerso nel corso del vertice a Arcore è quello di creare uffici di rappresentanza «altamente operativi» di alcuni ministeri. Scelta che troverebbe l’assenso del sindaco di Roma Alemanno che da Washington ha commentato: «Non sarebbe nemmeno una straordinaria novità, l’importante è che sede e titolarità dei ministeri restino a Roma».

LE TASSE – Tagli alle tasse? «La riforma fiscale è programmata», dice Silvio Berlusconi mentre si appresta ad andare al Carosello dei carabinieri, e risponde a chi gli chiede se riforma fiscale e riduzione della pressione tributaria sono state al centro del vertice tra Lega e Pdl. «Poi vedremo cosa si potrà fare», chiude il Cavaliere. Con la Lega non si è parlato del candidato del 2013, dice Berlusconi ma sul resto bocca cucita. Il presidente del Consiglio si limita a dire: «Ha già detto tutto Alfano». E a sentire Angelino Alfano, già investito del ruolo di segretario del Pdl, «si è ulteriormente rafforzata la volontà di arrivare a fine legislatura».

PROVE TECNICHE DI STRATEGIE – Nel pomeriggio i big del partito di Silvio Berlusconi e quelli del Carroccio di Umberto Bossi si sono incontrati ad Arcore. Il vertice a Villa San Martino doveva servire per fare il punto sull’asse Pdl-Lega e sul modo per rinsaldarlo, ma anche sulle politiche economiche dell’esecutivo e sulle mosse da attuare in vista della verifica parlamentare in programma a fine mese. Primo incontro, per dirla alla Roberto Maroni, dopo la «sberla» delle amministrative, il centrodestra ha fatto le prove tecniche di strategia per il rilancio dell’azione di governo, con, tra i presenti Tremonti, Maroni, Calderoli, Giorgetti, Reguzzoni, Ghedini e Brancher. Al termine dell’incontro Alfano ostentava ottimismo: «Il rapporto fra la Lega e Pdl, tra Berlusconi e Bossi è solido». E di conseguenza «la maggioranza è in grado di dare stabilità e, a differenza della sinistra, di portare aventi le riforme». Il segretario conferma che non si è parlato di vicepremier nè di altre nomine. Neppure della sua sostituzione nell’esecutivo, visto che l’impegno nel partito è stato considerato non sovrapponibile a quello di ministro della Giustizia: «Se ne parlerà nelle prossime giornate o nelle prossime settimane, quando sarà definita la mia nuova funzione attraverso la modifica dello statuto del Pdl».

«PAREGGIO DI BILANCIO» – Quanto all’economia, nel summit – riferisce sempre Alfano – è stato «confermato l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2014 e il fatto che tutto questo dovrà avvenire secondo i tempi previsti e secondo i vincoli che l’Unione Europea ci assegna». Alfano non entra nello specifico dei provvedimenti: «Abbiamo avuto un discorso di ordine generale e non era questa la sede in cui parlare in dettaglio ma ciò che importa politicamente è che si è ulteriormente rafforzata la volontà di andare avanti e concludere questa legislatura».

«SUBITO IL CN DEL PDL» – Intanto da Roma il persidente dei senatori pidiellini, Maurizio Gasparri, spiega che «il Pdl deve fissare al più presto il suo consiglio nazionale e già in quella occasione avviare un percorso per costruire un tessuto comune per l’area di centrodestra». «Il tema riguarda i cattolici ma anche quanti hanno condiviso riforme liberali – aggiunge -. Si può sollecitare una discussione nel centrodestra. Non però favorire una sinistra che già oggi, mentre festeggia successi, già passa agli insulti tra Vendola e Bersani. Urso e Ronchi contribuiscono a un confronto positivo su contenuti che devo unire una ampia area di centro destra».

Enrico Letta: «Il Governo lasci»I DUE LETTA – «La giornata si preannuncia piuttosto calda, non solo dal punto di vista metereologico» ha detto prima del vertice Gianni Letta, rompendo il suo tradizionale riserbo con una battuta che lasciava trasparire la grande attenzione per il confronto politico in corso. E dall’altro Letta, il nipote Enrico, vicesegretario del Ps, ha chiosato a distanza che «le riforme utili per il Paese le faremo noi, il Governo è fuori tempo massimo. Ad Arcore il tempo è scaduto». E aggiunge il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: «Prima delle elezioni amministrative circolava l’idea che se perdeva il Pdl guadagnava la Lega. Pertanto si ipotizzava che ci sarebbe stato un ribilanciamento interno alla maggioranza, con qualche aggiustamento: un vicepremier alla Lega, un ministro in più… Ma le cose non sono andate così e la maggioranza perde sia dal lato della Lega che da quello del Pdl».

LA BATTUTA DEL «FUTURISTA» – Sull’incontro non è mancata l’ironia del Futurista, il quotidiano online diretto da Filippo Rossi e vicino alle posizioni di Gianfranco Fini: «Lontani i tempi dell’ormai famoso patto della crostata: oggi nella residenza di Arcore, più che un patto stretto con una crostata, vista la consistenza e l’età dei partecipanti, si potrebbe parlare di un patto della prostata».

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