(Teleborsa) – Radicamento, “società senza impresa” e tax rate. Sono queste le parole chiave che tracciano il confine tra applicazione e disapplicazione della normativa antielusiva sulle controllate estere (CFC). La circolare 51/E, diffusa oggi dall’Agenzia delle Entrate, fa luce sulla disciplina delle CFC e si sofferma, inoltre, sulla disciplina degli utili “provenienti” da Paesi a fiscalità privilegiata e sulle regole che si applicano ai costi da “black list”. Per escludere l’artificiosità della controllata estera il radicamento diventa un elemento essenziale. La struttura organizzativa, infatti, è una condizione necessaria ma non sufficiente per provare che la controllata svolge nel territorio a fiscalità privilegiata un’effettiva attività industriale o commerciale. Per radicamento, chiarisce la circolare, si intende un collegamento economico e sociale con il mercato dello Stato o territorio di insediamento. Per esempio, una percentuale di acquisti o di vendite sul mercato locale superiore al 50% costituisce elemento per la disapplicazione del regime Cfc. Per le “società senza impresa” la prova raddoppia. Infatti, il radicamento non basta a vincere la presunzione del Fisco se i proventi della controllata provengono per più del 50% da attività finanziarie come, per esempio, titoli, partecipazioni, crediti o diritti immateriali. Per contrastare le pratiche elusive di delocalizzazione dei passive income, infatti, vengono tassati in Italia i redditi prodotti da “società senza impresa” – solo formalmente autonome – che operano in territori a fiscalità privilegiata e svolgono attività di sfruttamento passivo di asset in grado di produrre reddito. Sede all’estero va bene se la tassazione non cambia. In alternativa al principio del radicamento, ai fini della disapplicazione della disciplina Cfc, la circolare illustra il principio del tax rate, ossia della congruità del carico fiscale che grava sul gruppo societario in relazione ai redditi prodotti da una Cfc appartenente al gruppo. Se, infatti, l’imposizione complessiva sui redditi prodotti dalla Cfc è almeno pari all’aliquota nominale applicata in Italia, 27,5%, è implicitamente dimostrato che la localizzazione all’estero non ha finalità elusive. L’istanza per la disapplicazione della Cfc rule va inoltrata all’Agenzia delle Entrate preventivamente, cioè in tempo utile per ottenere la risposta prima della scadenza del termine ordinario di presentazione della dichiarazione dei redditi. Pertanto, se un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare intende chiedere la disapplicazione della Cfc rule, con riferimento a una controllata estera per il periodo d’imposta 2010, la relativa istanza dovrà essere presentata entro il 1° giugno 2011, considerato che il termine ordinario per l’invio della relativa dichiarazione dei redditi scade il 30 settembre 2011. La disciplina degli utili “provenienti” da società o enti localizzati in Paesi o territori aventi regime fiscale privilegiato prevede una deroga al regime di tassazione ordinario degli utili da partecipazione. Infatti, a prescindere dalla natura della partecipazione detenuta (qualificata o meno), sono assoggettati a imposizione integrale anziché parziale gli utili di provenienza “black list”.